ATTO PRIMO Scena prima
Tiresia entra in scena, appoggiato a un bastone. Si ferma al centro, si guarda intorno e tossisce. Resta immobile in silenzio. Si guarda intorno e tossisce. Mentre inizia a par-lare, entra il Coro che lentamente gli si dispone attorno.
TIRESIA : In principio era la bufera, e la bufera era marea e il mare era la verità. Nuda roccia la morte, muta la bocca degli dèi. Non c’è destino colpevole sotto il vuoto azzurro del cielo. Probabili le azioni degli uomini, possibili gli urti delle cose. Nessuna profondità tradisce la linea piatta dell’apparenza e non conosce né segni né simboli la verità. Ho sognato il sonnambulo, con la faccia persa nel vuoto, caduto nella fossa, dilaniato dai denti del tempo. E piange per la sua vita persa mentre sprofonda nella fine e si dispera e freme e scalcia e non può nulla. Se ne accorgerà presto il re, gli occhi possono soltanto mentire. Scoprirà l’inganno e sarà troppo tardi.
CORO (ieratico, iniziando a girare attorno a Tiresia fino alla fine della battuta) Non c’è potere senza la colpa, non c’è uomo senza l’amore. Non c’è potere senza la colpa, non c’è uomo senza l’amore. Non c’è potere senza la colpa, non c’è uomo senza l’amore.
TIRESIA Le cose cambiano e sono innocenti, non c’è maturità che non accetti il divenire. Pregano gli dèi e a loro costruiscono altari, sacrificano corpi e sangue incolpevoli. Apollo ha scoccato la freccia e la peste non ha avuto pietà, Obliquo, implacabile, evanescente. Oscena la furia degli uomini, indegna la loro alacre indolenza. Prede predate, cacciatori braccati, scoprono ora la forza violenta che li strappa alla vita. Ma il mondo è più vecchio degli dèi: non possono mutare le cose, solo intorpidire la trasparenza dell’aria, limacciosa pantomima di mimi sdentati.
CORO E tu, Tiresia? Qual è il tuo pensiero, quale la tua verità?
TIRESIA La legge è la terra, non la parola. Le parole sono pietre e sanno lapidare. Niente è giusto nella natura, niente è sbagliato, non c’è morale nelle piante, non c’è tribunale radicato nel suolo. Ricorda di me si racconta che ho visto le serpi intrecciate sotto la roccia del mondo, prima uomo, dopo donna. Sette anni ho saputo l’altra parte del cielo, sette anni il godimento impossibile che vive le cose. E non posso dirlo a parole, non so disegnare un’immagine, solo le tenebre del cieco conoscono la luce. Il corpo è lo spazio più sacro, non il pensiero.