Il Duomo di Modena e
l’Abbazia di Nonantola
ci parlano attraverso le loro figure.
Una lingua universale sempre viva
che questi agili volumi
vogliono rendere ancora più chiara
ed attuale per tutti.
Siamo davanti alla facciata del Duomo, al pomeriggio. Guardandola, cominciamo già a conoscere il Duomo; come guardando in faccia una persona, si capisce subito qualcosa di lei. Questa facciata è tutta protesa a comunicare qualcosa ai visitatori e ai passanti, sia con le sue linee architettoniche sia con le raffigurazioni inserite nel rivestimento di pietra con le sue lastre di svariate dimensioni e colori. Parlano le linee orizzontali e verticali, le torrette, il rosone, la galleria, il protiro, i portali, con il loro corredo parlante di decine e decine di immagini, di segni, di iscrizioni.
Le quattro grandi lastre con le storie della Genesi, per dimensioni e contenuto, costituiscono la struttura comunicativa fondamentale della facciata (e, insieme alle porte, dell’intero Duomo). Qualunque fosse la loro collocazione originaria, ora sono qui e qui vanno guardate.
Si tratta di un’opera dell’inizio del XII secolo, ricca di messaggi, che sarà impossibile riuscire a cogliere interamente, a causa dell’enorme distanza che separa la nostra mentalità da quella dei nostri antenati di allora. Tuttavia, tenendo presente che abbiamo in comune con loro l’ininterrotta tradizione della Chiesa e in essa soprattutto la sacra Scrittura, possiamo impegnarci ad osservare queste immagini con attenzione e curiosità, per tentare di cogliere ciò che esse dicono a noi oggi.
La fonte del racconto è nei primi otto capitoli del libro della Genesi. Da quel testo sono stati scelti e interpretati (con interessanti variazioni) alcuni episodi, in maniera molto essenziale e nel contempo ricca di rimandi simbolici, in cui vedremo emergere la sapienza comunicativa di un formidabile teologo della cattedrale, il maestro Aimone, affidata all’arte di uno straordinario scalpellino, il maestro Wiligelmo.