Viola: un romanzo dedicato alla vita di chi ha deciso di auto-escludersi dal mondo di indifferenza e abusivismo morale che lo circonda. L'avventura sapiente della narrazione aderisce ad una società che soffre il trauma del travestimento, ricollegandosi alle commedie scespiriane, se non quando alla farsa pirandelliana.
Un romanzo musicale, che l'autrice colora ed insapora di metafore e musica.
Sapienti i riferimenti ad opere liriche.
Non mancano tratti stilistici neo-veristi, che ritraggono i chiaroscuri della vita di un senza fissa dimora, che si è ritrovato nella condizione di vivere ai margini della società, pur essendo il protagonista di un'umanità autenticamente genuina e priva di tutti gli orpelli del secolo post-industriale.
Primo capitoloC’è una netta differenza tra l’essere felice e l’essere sereno. Viola era un uomo sereno, un uomo di libertà. Aveva preferito essere quello che alcuni definiscono con cattiveria un “barbone”- in realtà, un artista di strada - piuttosto che cedere al sistema. Secondo lui, la musica doveva essere scevra da politiche, polemiche e manovrine; quando era stato famoso, non aveva mai avuto un buon rapporto neppure con i critici che ci erano sempre andati giù pesante fino alla stoccata finale. Quel giorno in cui steccò l’assolo in teatro, Viola decise di smettere il suo sogno. Gli bastò vedere qualcuno del pubblico sorridere per sentirsi annullato. I suoi colleghi poi non aspettavano altro che metterlo fuori gioco. La sua timidezza era spesso scambiata per alterigia. Non era un uomo che amasse la compagnia e per correre dietro alla sua viola, non aveva mai seriamente pensato di mettere su famiglia. Era un uomo saldo e di poche parole. I suoi sentimenti erano criptati in note che sgorgavano da quel legno, un giorno luccicante e ora, opaco e graffiato. Quando nessuno gli tese una mano per ripartire - nessun amico, nessun collega, nessun conoscente, nessun critico, nessun manager, nessun ex maestro – Viola decise che la sua carriera sarebbe finita ma la sua musica, no! Iniziò a suonare per le strade. Di soldi in passato ne aveva guadagnati e aveva comprato cose semplici. Riacquistò la vecchia casa dove aveva abitato da piccolo, lì dove erano tutti i suoi ricordi infantili: giochi, nascondini, esercizi musicali, solfeggi, cottarelle andate male, sbucciature estive di ginocchia, gatti, ambizioni future e la viola di suo padre, che si dilettava in un’ orchestrina amatoriale di paese. Per grazia di Dio, Viola un tetto lo aveva ma il più delle volte preferiva rimanere per strada, soprattutto in primavera quando cominciava a spargersi nell’aria l’odore dei primi fiori. D’estate, invece, amava il rumore del mare e la spiaggia notturna era la sua dimora preferita. Insomma, Viola non considerava né ciò che aveva, né ciò che non aveva né tantomeno quello che non aveva più. La vita glielo “aveva dato in affitto”- diceva- “e poi, se lo era ripreso con gli interessi a strozzo”. Era stata colpa del suo carattere? Colpa del destino? Colpa di scelte sbagliate? Nessuna colpa. Viola era un uomo libero, sereno ma non felice. Aveva fatto sempre quello che secondo lui sarebbe stato giusto fare, aveva inseguito il suo sogno e il suo cuore. Non doveva ringraziare nessuno e non doveva biasimare nulla. Ciò che era lo aveva voluto lui stesso. Nel bene e nel male, lo aveva scelto. Ma il rumore del silenzio, soprattutto di quello notturno, gli faceva male. Il rumore del silenzio é una cosa che i musicisti e i cantanti in particolare conoscono bene. Lo si ascolta di notte quando non si riesce a dormire e quando si é soli con se stessi. É una sorta di acufene senza inizio e senza fine. Un sibilo di sottofondo come quando la puntina gracchia sul giradischi, ma nessuna mano premurosa la solleva. E allora, chiudi gli occhi e non ascolti nulla: nessuna voce, nessun cane che abbaia in lontananza, nessun rombo di macchina, niente vento o scroscio di pioggia. Solo il rumore del silenzio. E tu lo riconosci perché puoi cantarci su tutti i motivi che vuoi. Quando di notte non dormiva, Viola suonava, si esercitava, preoccupandosi di non dare troppo disturbo e ripeteva quei brani che avrebbe suonato il giorno dopo al suo pubblico, proprio come faceva quando era in carriera. Abitudini e amori che non cessano. Non importa dove, come, per chi o per quante persone ci si esibisca, la musica è catartica: rompe e colma il rumore del silenzio dentro e intorno a noi.