Viaggiare, attraversare confini, ritrovarsi in un Paese sconosciuto da soli con il proprio violino e tanta voglia di libertà: questa è la storia di Julian, nato in Albania ma “rinato” in Italia, dove avrà la possibilità di ricominciare da zero. Una nuova esistenza fatta di rinunce e sacrifici, di porte sbattute in faccia e bocconi amari da digerire. A sostenerlo sempre è il suo amico inseparabile, il suo rifugio e il suo conforto: il violino consegnatogli dal patriarca della famiglia. Alla fine, però, Julian troverà il proprio equilibrio, grazie all’amore della moglie e poi della figlia che lo accompagneranno per tutta la vita, fino a intraprendere il viaggio più bello, questa volta nettamente diverso da quello di andata: il ritorno al suo Paese, alle sue origini, in un’Albania che ormai non fa più paura. Ritorno che è anche, e specialmente, “νóστος”, viaggio dell’anima in cerca di catarsi, di liberazione dagli incubi che hanno continuato a tormentare per anni le sue notti.
Leggere il romanzo Il violino di Julian significa immedesimarsi nella storia di una delle tante persone che ogni giorno – quasi senza accorgercene – incrociamo per strada, in stazione o al supermercato; persone con un vissuto diverso dal nostro, un passato difficile che noi, “nati liberi”, spesso non riusciamo neppure a immaginare e, purtroppo, a comprendere. Persone che, come Julian, cercano con coraggio e tenacia il riscatto sociale che li faccia sentire “uomini”.