Il saggio è diviso in due parti. La prima descrive i modi attraverso i quali la famiglia, le associazioni, le istitutzioni educano i figli a inserirsi nella propria cultura e religione, utilizzando le categorie di iniziazione (come tirocinio e ingresso ai valori) e di trasmissione (quale apprendimento di conoscenze). La seconda, attraverso il concetto di mentalità, in cui converge ciò che si è sedimentato nei secoli e il quotidiano, permette di cogliere con empatia le peculiarità delle altre culture e religioni.
Gian Leonildo Zani è stato dirigente scolastico e docente a contratto di Educazione comparata e Pedagogia interculturale dell'Università Cattolica con sede in Brescia.
Primo capitolo
E' dapprima necessario un chiarimento che renda pienamente comprensibile il titolo del saggio, il suo contenuto, l’uso di alcuni termini. Esso mette al centro il mondo dell’infanzia senza trascurare il ruolo della famiglia e della società, quindi il confronto fra i modelli tradizionali e i cambiamenti in atto.
L’infanzia – Marcel Gauchet in Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica (2009) sottolinea come la percezione e la realtà delle età della vita siano cambiate rispetto ad un recente passato. Un tempo la fanciullezza comprendeva diverse fasi e giungeva alla soglia dei dodici anni; ad essa seguivano l’adolescenza e la giovinezza. Oggi esiste una relativa unificazione fra infanzia, adolescenza e giovinezza: “l’adolescenza tende a fondersi in una giovinezza essa stessa penetrata dall’infanzia”. L’organizzazione sociale e l’educazione, che si è trasformata in formazione, tendono a non rispettare più i principi della psicologia evolutiva, ma a far emergere molto presto un sé consapevole e all’altezza dei compiti che lo attenderanno. L’infanzia diventa un’età centrale. Non a caso anche la Convenzione sui diritti dell’infanzia dell’89 intende per fanciullo “ogni essere umano avente un’età inferiore ai diciotto anni”.
La prima parte del testo descrive i modi attraverso i quali la famiglia, ma anche le varie istituzioni – in particolare la scuola –, educano i figli ad inserirsi nella società in cui sono nati e per questo utilizza implicitamente i concetti di iniziazione e trasmissione (che sono separati solo a scopo euristico, cioè di ricerca e chiarezza). La seconda parte prende in esame come i singoli individui e le comunità, che in un’epoca di grandi migrazioni si spostano da una parte all’altra, continuano a manifestare i comportamenti che da secoli sono caratteristici della propria cultura e per questo utilizza il concetto di mentalità.
La famiglia e i figli – I concetti di crescita, iniziazione e trasmissione ben delineano il processo di sviluppo naturale della persona; le metafore dell’iniziazione e della trasmissione, riferite ai figli, riguardano sia le relazioni informali che si instaurano nell’interno della famiglia, sia i rapporti che i suoi membri intrattengono con le varie agenzie educative e sociali.
L’iniziazione può essere intesa in vari modi. Nell’accezione più generale quando si dice iniziazione si intende un ingresso, un tirocinio, l’inizio di un’esperienza destinata a lasciare tracce. Essa facilita il passaggio da uno stadio di vita ad uno nuovo più consapevole; tale passaggio induce a comportamenti che rimangono duraturi nella vita dell’individuo. In tal senso l’iniziazione riveste un carattere educativo. La famiglia si fa carico dei figli cui insegna, nei vari stadi della crescita, l’adesione ai valori capaci di portare a un pieno sviluppo umano e spirituale e ad una concezione di vita in grado di condurre una esistenza responsabile. Ogni iniziazione, sia che si riferisca ad un contesto familiare, sociale, culturale (oppure miri a stabilire rapporti con il divino) rappresenta un fattore di coesione e di coerenza sia per gli individui che l’accettano che per le società che la praticano.
La trasmissione si colloca in un orizzonte diverso rispetto a quello dell’educazione come iniziazione. Essa può essere vista come la socializzazione dei giovani da parte degli adulti perché apprendano le conoscenze del gruppo sociale di appartenenza. E se per “trasmissione di cultura” intendiamo quel processo istituzionalizzato attraverso il quale gli individui fanno propri con organicità e metodo i sistemi di pensiero (le idee, i valori) oltre che le regole e la prassi del gruppo cui appartengono, possiamo convenire che la scuola, anche se ovunque nel mondo non è la sola agenzia istituzionale di trasmissione, si colloca certamente fra le più importanti. Usando una categoria occidentale è possibile parlare di trasmissione con particolare attenzione ai valori laici nel senso di autonomi (e non contrapposti) ai valori di ordine religioso.
Le mentalità – La storia delle mentalità è il campo privilegiato del tempo che appartiene alla lunga durata, concetto caro a Braudel e agli storici delle Annales, quindi il tempo delle civiltà e delle loro manifestazioni, delle religioni con i loro riti, del lento formarsi e dissolversi degli stati e degli imperi. Essa non ha uno statuto scientifico particolare e non sembra svolgere alcuna funzione nelle varie scienze. Si può forse avvicinare alla psicologia sociale; in ogni caso si trasforma con grande lentezza e ciascuno di noi ne è immerso più o meno consapevolmente.
La mentalità è l’aspetto molto concreto di una cultura, come è stata elaborata nei secoli: vi convergono l’individuale e il collettivo, il tempo lungo e il quotidiano, ciò che è intenzionale e ciò che è inconscio. Vi si mescolano gesti, atteggiamenti, immagini, vi rientrano le usanze matrimoniali, alimentari, l’abbigliamento, tutto ciò che è permesso o vietato. Le mentalità diverse obbligano le persone a interessarsi da vicino di fenomeni che sono comuni nella loro vita quotidiana e a interrogarsi sul significato delle tradizioni che hanno ricevuto dagli avi.
La società, i mass media, la famiglia sono i luoghi privilegiati per la conservazione delle mentalità. Si pensi al comportamento dei genitori nella fase edipica dei figli, agli atteggiamenti delle madri nei confronti dei bambini molto piccoli, a ciò che porta con sé un diverso concetto di pudore e di colpa (e di ciò ne parleremo ampiamente).
I lettori – Poste in tal modo le coordinate del discorso, due sono le questioni che si possono trattare allorché ci si rivolge ai lettori: a chi può tornare utile un libro che tratti di culture diverse e mondi lontani; con quali predisposizioni essi devono accostarsi per trarne un qualche profitto.
Il libro si rivolge alle persone di buona volontà che quotidiana-mente vengono a contatto con individui di ogni provenienza e che ormai fanno parte della nostra società ed è quindi ovvio che esse si pongano domande sulla loro identità. Per questo motivo il testo mette a disposizione un certo materiale che offre un punto di partenza e spunti di riflessione. È importante che fra queste persone di buona volontà vi siano i docenti che hanno il dovere di insegnare a tutti indistintamente i fondamenti della nostra civiltà, ma che nello stesso tempo non possono ignorare i principi cui si ispirano gli alunni che vengono da altre culture.
La seconda questione apre spazi diversi: quali sensibilità deve possedere una persona che voglia cogliere le opportunità di un incontro? Credo la capacità di meravigliarsi, di immaginare, di saper gustare la bellezza delle cose. Platone nel Teeteto afferma: “ è proprio del filosofo esser pieno di meraviglia, né altro inizio ha il filosofare che questo”. La meraviglia spinge l’uomo ad approfondire e, ogni volta, a risistemare pensieri. L’immaginazione se sa trasfigurare una realtà in senso positivo ne facilità una visione empatica (empatia: mettersi al posto dell’altro). Infine la bellezza permea di sé le culture quando esse sono capaci di costruire equilibri che rendono desiderabile la vita di tutti coloro che ne fanno parte. Un libro che sappia coinvolgere tali sentimenti può anche suscitare il desiderio di approfondire ciò che si è appena intravisto.