La storia vera e inedita, dal retroterra di GD e CM degli anni ‘20 alla conquista dei Motomondiali 1949-’50-’51. Un libro fondamentale per conoscere la storia finora mai raccontata, con importantissimi documenti e fotografie inedite, del marchio motociclistico che per 9 anni dominò la cl. 125 con 5 titoli mondiali marche e 5 conduttori grazie anche a campioni leggendari come Carlo Ubbiali, Tarquinio Provini, Bruno Ruffo, Nello Pagani, Cecil Sandford. Un libro che porta per la prima volta alla ribalta Alfonso Drusiani, che della Mondial fu non solo il progettista (come finora si era creduto) ma anche il primo costruttore.
Primo capitolo1948, DA FAENZA A CREMONA
IL CLAMOROSO ESORDIO CON RECORD MONDIALE
Una pioggia di successi
Quattro record mondiali di pura velocità al primo tentativo e, si può dire, alla prima apparizione pubblica di una motocicletta nuova di zecca. E oltretutto sotto la pioggia, a tratti battente, e con una scarsa visibilità. Tanto che si dovette rinunciare alla ripetizione delle prove che avrebbe certamente permesso di migliorare i record già ottenuti, i quali fecero registrare in un passaggio la velocità massima di 132,938 km/h. Come avrebbe sottolineato la stampa sportiva, costituiva un ulteriore record l’aver ottenuto i record... in quelle condizioni e al primo tentativo, quando né il pilota né la macchina avevano ancora raggiunto la massima pressione!
Il peggiorare del tempo impedì inoltre il cambio dei rapporti nelle prove con partenza da fermo, che avrebbe ancor di più consentito il miglioramento dei risultati già raggiunti con il non ottimale rapporto usato nelle prove con partenza lanciata (nelle prove da fermo è infatti più difficile ottenere i record proprio perché il pilota deve perfezionare il più possibile la successione dei cambi per sfruttare al massimo le possibilità del motore in relazione ai giri di rotazione). Va infine evidenziato che la motocicletta che stava conquistando quei primati era una comune motocicletta da circuito e non da record. Non ce n’erano altre a disposizione, del resto, e non potevano esserci, perché... non c’erano soldi per costruirle o predisporle diversamente.
La macchina conquistò quindi quegli strabilianti record mondiali nelle condizioni in cui la si vede nelle fotografie del tempo: senza la minima carenatura aerodinamica, con telaio normale, con freni normali, con serbatoio grosso, con parafango pesante (c’era solo quello posteriore) e con motore alimentato a benzina a 80 ottani.
Fu così che, il pomeriggio di giovedì 14 ottobre 1948, agli occhi del mondo intero nacque il mito di un marchio destinato a iscrivere il proprio nome nella storia del motociclismo di tutti i tempi.
Gran Premio di Faenza, il giro più veloce di Francesco Lama
La seconda edizione del dopoguerra del Gran Premio delle Nazioni
La motocicletta che il 14 ottobre 1948 correva sotto la pioggia alla conquista dei primati mondiali di velocità aveva esordito un mese prima, il 12 settembre, al Gran Premio delle Nazioni corso sul Circuito di Faenza. Sul serbatoio recava scritto “Mondial”.
Fu un esordio felice e infelice ad un tempo: felice, perché questa fino ad allora per tutti sconosciuta Mondial effettuò, benché soggetta a un guasto meccanico, il giro più veloce; infelice perché, ciononostante e proprio per quel guasto, fu poi costretta al ritiro al ventottesimo giro quando ormai tutti la davano per vincente.
Si trattava della seconda edizione del dopoguerra del Gran Premio delle Nazioni (detto anche “Gran Premio d’Europa”), emigrato nella provincia romagnola dai fasti romani e monzesi dell’anteguerra perché soltanto lì si era riusciti a trovare un ente disposto ad assumersi rischi e oneri dell’organizzazione.
Il coraggioso ente era il Moto Club Faenza, che nell’inverno 1947-’48 aveva collaudato il rinnovato Circuito cittadino. Non circuito misto – come ormai era diventato abituale in Italia negli ultimi anni – ma di velocità pura, dove le motociclette avrebbero finalmente riavuto la possibilità di dimostrare tutta la loro potenza, sia in senso assoluto sia in relazione alla propria cilindrata, grazie ai suoi 5 chilometri di sviluppo comprensivi di un bel rettilineo di circa 2 chilometri e di altri rettifili più brevi raccordati da curve non troppo accentuate. Non il circuito più veloce d’Europa, come forse era nelle intenzioni e nelle speranze di qualcuno degli organizzatori, ma senz’altro il circuito stradale più veloce d’Italia e suscettibile, con un’eventuale modifica alle curve, di ulteriori miglioramenti in senso velocistico. Un circuito degno finalmente di una grande gara di velocità, dopo che le tanto discusse varianti all’Autodromo di Monza avevano compromesso l’efficacia in tal senso di quest’ultimo, che fino a non molti anni prima era stato unanimemente considerato il migliore in assoluto.
Il merito dello sforzo compiuto dalla piccola Faenza andava egualmente riconosciuto alla straripante passione collettiva tutta romagnola per il “motore” (il “mutór”) e all’impegno personale dei membri del Moto Club locale, il cui presidente era niente meno che il concittadino Francesco Lama, il grande pilota motociclistico degli anni Trenta che per le sue doti di ardimento e velocità era noto come “la freccia di Faenza”.