Le emozioni, per natura impalpabili, vengono rese concrete, vestendo panni umani capaci di dialogare con la protagonista e con chi legge.
Emerge la conflittualità dell’animo umano, uno scorrere irreprimibile di pensieri attraverso lo specchio di una stanza.
A metà tra la narrazione e la forma epistolare, la lettura viene mediata e i suoi piani sono rivoltati: prima si entra nel pensiero di chi scrive, che accompagna il lettore verso una riflessione introspettiva, solo dopo emerge la storia.
«Chissà se puoi sentirmi, se ti accorgi di quello che fai, delle bellissime conseguenze che porti, del riconoscimento che ti va attribuito.
Niente. Silenzio.
Il mio sguardo torna a vagare, posandosi nuovamente sullo specchio.
È ancora lì, la stanza, non si è mossa… Ma quello?
Una sagoma strana, spaventosa, riflessa sulla lastra incorniciata di oro che non dice bugie.
Il volto della figura mi fissa, come se sapesse già chi sono e mi stesse aspettando da tempo.
Mi giro, volgo gli occhi alla realtà, ma non c’è nessuno… come può essere?
Torno al ritratto della fallace realtà; quella “cosa” è ancora lì, serena, con i suoi lineamenti distesi; in fondo è anche bella, ha uno sguardo lucido, affatto giudicatorio, incuriosito quasi, fisso su di me; ha le rughe sulla bocca e un grande sorriso attonito.
Che ci fa lì, in un angolo buio e remoto della stanza?
Ecco, si avvicina.
“Chi sei?” provo a dirle, ma penso che sia solo il frutto della mia follia che degrada.
“Chi sei?” ripeto, più forte stavolta, e più mi guardo con occhio esterno più credo di essere affogata nelle illusioni di chi ha perso ogni contatto con la realtà.
Per tutta risposta si avvicina e pianta i suoi occhi nei miei.»