Un romanzo storico, vincitore del Premio Emozioni TraLeRighe 2020, in cui tanti e tali sono i riferimenti a Pietro da Morrone – che diverrà poi il celeberrimo Papa Celestino V -, ai Templari, alla via francigena e alle crociate in Terra Santa che l’opera può a pieno diritto essere inserita nell’abruzzesistica templare.
Capitolo I
La notte giunse rapida e il sonno in maniera altrettanto veloce fece crollare l’uomo dal mantello nero, che aveva trovato con estrema facilità la ‘Locanda del contadino’. Aveva chiesto una stanza e la moglie del proprietario gliela aveva data senza problemi. Non c’era motivo di negare una stanza a un uomo che aveva anticipato la cifra pattuita con ben quattro monete d’argento. Non c’era motivo, inoltre, dati i modi cortesi dello straniero, che rispondeva al nome di Michel de Lannoy.
Alle prime luci dell’alba, l’uomo si destò e, dopo aver recitato qualche preghiera, discese al piano inferiore con la barba ben curata e la camicia di lino. Era un tipo alto, con gli occhi scuri, i capelli tirati indietro e di corporatura media. Si sedette in uno dei tavoli della locanda e aprì un ciondolo che aveva al collo. C’era il minuscolo ritratto di una donna dai capelli biondi: era sua moglie.
L’uomo iniziò a osservare le volte e l’ambiente interno della locanda: c’erano dei tavoli con le sedie, un bancone, delle bottiglie in una parete; un camino sul fondo, sopra il quale troneggiava una testa di cervo. Poi, alcuni ritratti stilizzati alle pareti, che sembravano fatti però da artisti in erba, poiché erano alquanto elementari. A un tratto, la porta della cucina si aprì e comparve il padrone della locanda: «Buongiorno.» disse l’uomo dai capelli corti e radi. «Voi dovete essere messer de Lannoy.»
«Buongiorno. Esattamente.» rispose l’altro.
«Mi auguro che abbiate dormito bene.»
«A meraviglia.»
«Desiderate subito qualcosa per colazione? Abbiamo frutta, latte, pane, miele e anche alcuni formaggi.»
«Qualunque cosa mi portiate andrà benissimo.»
Il padrone della locanda si assentò per qualche secondo e tornò poco dopo con un vassoio pieno di prelibatezze, che Michel ne rimase entusiasta.
«La frutta viene prodotta tutta qui?» chiese.
«Sì, messere.» e gli porse un coltello.
«Grazie. Vorrei chiedervi una informazione, se posso azzardarmi a farlo.»
«Se posso essere utile, perché no? Ditemi.»
«Sono una persona che viaggia molto. Ma in questo caso, ho fatto una breve deviazione per rivedere un amico che tempo fa mi ha scritto. Siamo nati e cresciuti insieme, ma si è trasferito qui diversi anni fa. Lui si chiama François de Saint-Antoine, ma forse qui è noto con un nome più italiano. Frate Francesco, forse.»
«Parlate di un frate con la barba rossa, gli occhi azzurri, statura alta e robusto?»
«Esattamente, proprio lui.»
«Parlate del matto, allora.»
«Il matto?» chiese meravigliato.
«Mi dispiace dirvelo, ma tutti qui lo conoscono come il frate dalla barba rossa, che predica l’inferno.»
Michel rimase stupito da quelle parole e capì alcune
cose che gli erano parse molto strane: aveva intuito che il tono della lettera, con la quale l’amico di infanzia gli aveva scritto e chiesto aiuto, aveva qualcosa che non andava. Aveva scoperto cosa fosse.
«Mi dispiace per voi, messere - proseguì il locandiere -. Non volevo mancare di rispetto… essendo voi amici.»
«Ci mancherebbe. Non lo vedo da anni, sia chiaro. Però… sono sorpreso anche io. Era così pieno di vita…», e scosse la testa.
«Guardate, io l’ho conosciuto tempo fa. Era un frate generoso, sapeva parlare bene… aveva una buona parola per tutti, ha aiutato tante persone bisognose, insegnato a molti bambini a leggere e scrivere. Io stesso gli devo parecchio: mi ha dato una mano a iniziare questa attività.»
«Ditemi… Parla davvero da solo?»
«Io non lo vedo… da almeno sei mesi. Adesso si trova in un piccolo convento, il Convento di Sant’Antonio di Sulmona.»
«Indicatemi dove si trova questo convento.»
«Andando a sud della città, c’è una chiesa prima di arrivare al colle che conduce al Monte Mitra. Quello è il Convento di Sant’Antonio. Troverete lì il vostro amico.»
«Grazie, messere. Andrò subito lì.»
Michel de Lannoy uscì dalla locanda meno di un’ora dopo. La mente però andava a quanto gli aveva riferito il padrone della locanda, riguardo al suo amico di vecchia data: François era diventato matto. Cosa aveva potuto scatenare la follia? E soprattutto, cosa aveva spinto il suo allegro e spiritoso amico, amante del vino e delle donne, a prendere i voti? Da tempo, poi, e senza farne parola al suo migliore amico e parente. Nella missiva che gli aveva scritto, si faceva appena cenno alla condizione di frate. Si fermò lungo la strada e per curiosità decise di rileggere quella lettera...