Le operazioni terrestri e aeronavali in Mediterraneo, nel secondo conflitto mondiale, ebbero la durata di quattro anni, dieci mesi, otto giorni: dal 10 giugno 1940 (entrata in guerra dell’Italia) all’8 maggio 1945 (capitolazione della Germania).
Non si riflette, tuttavia, abbastanza che, in questo lasso di tempo, furono combattute tre guerre, separate e distinte.
La “guerra parallela”, che l’Italia intendeva condurre separatamente, senza l’aiuto tedesco, durò dal giugno al dicembre 1940; la guerra dell’Asse, con il concorso germanico sempre più significativo, si concluse l’8 settembre 1943, con l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati; la Wehrmacht, l’insieme delle tre forze armate tedesche, continuò a combattere in terra, mare e aria, fino al giorno della resa (gli ultimi capisaldi tedeschi deposero le armi addirittura l’11 maggio 1945).
Non è possibile, per la completezza della nostra trattazione, fare astrazione dal quadro politico e diplomatico. In particolare, l’atteggiamento dell’Italia tra la firma del Patto d’Acciaio (22 maggio 1939) e la dichiarazione di “non belligeranza” (1° settembre 1939), dopo che Hitler, con l’aggressione alla Polonia, aveva provocato la guerra in Europa, preludio di quella mondiale.
A quale logica rispondeva la linea seguita dal nostro ministro degli Esteri? E, comunque, grave la colpa di Mussolini, in un momento così cruciale, nel non aver esercitato una stretta supervisione sulla politica estera.
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