Questo volume è uno studio sulla classe nobiliare di Sicilia alla fine del VI secolo e ha come fonte primaria l’epistolario di papa Gregorio Magno, pontefice la cui figura è centrale nella travagliata fase di transizione dall’età tardoantica all’alto medioevo.
Alla luce delle lettere che Gregorio indirizza a numerosi “siciliani” durante il suo pontificato (590-604), si delinea un quadro, in larga misura inedito, del ceto aristocratico siciliano dell’epoca. Emergono in modo netto alcune caratteristiche poco scavate dalla corrente storiografia: prestigio morale e culturale, alto stile di vita e comportamenti sociali da classe dirigente, ruolo politico e spessore economico non indifferenti. Si legge anche un fitto tessuto di relazioni e di stretti legami stabiliti dalla nobiltà siciliana direttamente con il pontefice.
Alla élite della provincia si affianca la nobiltà senatoria di Roma la quale, assediata dalle spade longobarde, fugge dall’Urbe e ripara in Sicilia, dove è ancora possibile coltivare significativi interessi di natura politica, sociale, economica e religiosa.
Se i nobili si rivolgono a papa Gregorio per ottenere protezione, appoggio nelle carriere, donazioni e favori di vario genere, in loro il pontefice cerca un sostegno concreto alla sua azione politica e pastorale, per il cui successo Gregorio considera fondamentale rinsaldare i rapporti fra Roma e la Sicilia. L’appoggio della nobiltà siciliana alla causa ecclesiastica, per molte e valide ragioni, è indispensabile.
Per tutti i suoi nobili interlocutori, Gregorio si pone, quindi, come maestro di vita spirituale: vessillo, insieme, di un’azione caritatevole e religiosa ma anche di una maggiore e più incisiva presenza della nobiltà nella vita pubblica dell’isola ed in quella per così dire “nazionale”. Viene fuori una sintesi felice e feconda dei valori della superstite romanitas e della nuova christianitas: mescola su cui si fonda, nella cultura latino-occidentale, il passaggio dal tardoantico al medioevo.