Quali sono gli ingredienti per diventare un grande chef?
Passione, lavoro duro, entusiasmo, curiosità, coraggio, un pizzico di follia.
Ingredienti indispensabili, ma non sufficienti.
E’ necessario amalgamarli nel modo giusto e aggiungere determinazione e cuore a volontà.
Innamorarsi di una città che diventa la tua città, senza dimenticare dove affondano le tue radici con gli occhi aperti sul futuro.
Lo chef Mario Ferrara racconta attraverso ricordi, esperienze, incontri e ricette la sua vita da chef “in viaggio”.
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Mario Ferrara dopo aver consolidato la sua formazione in diverse città del nord e centro Italia, insieme al fratello Enzo, nel 1987, dà vita allo Scaccomatto e porta a Bologna innovazione e gastronomia della sua terra di origine, la Lucania, allora quasi sconosciuta sotto le Due Torri.Continuando a mantenere le sue radici gastronomiche, oggi Ferrara e il suo staff, portano avanti l’idea di una cucina in movimento, sempre aperta alle novità, alle sperimentazioni, che ha i suoi punti di forza nella scelta accurata delle materie prime e nella stagionalità dei prodotti utilizzati.
Un menù dove si possono assaporare i profumi di terra e mare, in abbinamenti sempre nuovi e stimolanti, accompagnato dalla ricerca di metodi di cottura sempre diversi che esaltano i sapori originali. Nel piatti proposti dallo Scaccomatto si percepisce un forte legame con la terra di origine e la continua voglia di sperimentare.
Ferrara è un vero maestro nell’utilizzo delle verdure, presente nella maggioranza dei suoi piatti, siano essi di carne o di pesce.Una continua ricerca della qualità, di nuovi stimoli e incontri per l’estro indiscusso di uno chef in continua evoluzione.
Nel 1961 in Basilicata non c’erano ancora delle vere strade, ma solo delle mulattiere: dei sentieri sterrati e sconnessi tracciati dal passaggio di carovane con bestie da soma. Avete presente un carretto? Quello di legno con le ruote alte in ferro molto pesante? Ecco, immaginatene uno tirato da un cavallo pieno di ortaggi, legumi e grano, che viaggia con sopra un uomo e una donna. L’uomo si chiama Michele e la donna Lucia ed è incinta al nono mese.
Fu lì, su quel carretto, che mia madre ebbe le prime doglie e fece appena in tempo ad arrivare in paese prima di mettermi al mondo. E mi piace immaginare che fu in quel momento, appena vidi la luce, che mi accorsi che il mondo intorno a me era pieno di verdure, di grano, uova fresche, frutta… e probabilmente da subito dovetti udire il rumore del ferretto con cui mia nonna preparava i maccarune.
Negli anni sentii sempre fortemente il calore della famiglia, denso e avvolgente come il profumo del camino sempre acceso che serviva per tutto: per scaldarsi in inverno, per intiepidire l’acqua che occorreva per lavarsi e soprattutto, per cucinare!
Dopo Enzo e Paolo, mia madre si aspettava Caterina, ma nacqui io: Mario dal nome di nonna Maria. I miei fratelli, sono più grandi di me di 5 e 7 anni e quindi hanno sempre fatto “razza a parte” e chissà, probabilmente anche per questo non abbiamo mai litigato.
È lì, nel microcosmo della famiglia che ha avuto origine ciò che siamo oggi.
È lì che inizia quello che chiamiamo cultura.
Che cos’è per me la cultura? La cultura è qualcosa di impalpabile, di lieve ma penetrante, che ti entra in circolo appena nasci e non te ne accorgi. È come un liquido nel quale sei inconsapevolmente immerso e che fa parte di te nel profondo.
È fatta di odori, profumi, puzze.
È fatta di rumori, battiti, sibili.
È fatta di stagioni, sole, pioggia, caldo, freddo, vento.
È fatta di esperienze e di racconti.