Andrea è uno chef pasticcere che in pochi anni ha raggiunto sia la notorietà in tv come ospite e conduttore di programmi di cucina, sia il successo negli affari. Ora le sue dolci creazioni, come la sua vita, gli sembrano sempre più spesso artificiose, senz’anima, fatte solo per restare in vetta alle classifiche del settore.
Ha una compagna, Alessia, bella, elegante e ben introdotta nella società che conta, ma Andrea avverte che il loro rapporto si sta logorando sempre più.
Un corso da gestire lontano dalla sua città è una buona via di fuga dalla sua stressante ruotine. Laura, una ragazza pasticciona, per nulla motivata ad imparare a fare dolci, cattura la sua attenzione.
Ci saranno sei weekend per conoscersi e, grazie alla schiettezza e semplicità di lei, riscoprire i veri valori della vita.
CAPITOLO 1
Andrea parcheggiò il suo Suv nel cortile antistante il piccolo B&B sulle colline circostanti la piccola cittadina. L’aveva scelto apposta, piccolo e isolato, per essere lontano dalla mondanità e stare in pace almeno nei week-end delle prossime sei settimane. Il proprietario, che lo stava aspettando con una certa ansia, lo vide sbattere la portiera e guardarsi attorno annoiato. Gli andò incontro e, dopo i convenevoli di accoglienza, gli mostrò la stanza chiedendogli poi se gradiva pranzare nel salone al piano terra o nella veranda.
«No» rispose secco Andrea, pentendosi subito per il suo tono scostante.
Cercò di rimediare almeno in parte chiedendo se era possibile avere solo uno spuntino in camera. Poco dopo una ragazzina gli servì un vassoio di salumi e formaggi accompagnati da una serie di salsine dal profumo invitante e una bottiglia di ottimo barbera. Rimandò di pochi minuti il suo pranzo e rimase ancora sulla terrazza, osservando le colline fra le quali quell’anticipo di primavera si era insinuato. L’aria era stranamente dolce per quell’inizio stagione e i primi profumi della campagna in ripresa gli solleticarono le narici riportandogli alla mente lontani ricordi.
Rientrò, fece una doccia, cambiò gli abiti e assaggiò quel cibo che sapeva di casa. Uscì dal B&B e rientrò in quella cittadina del Basso Piemonte. Non poteva fare tardi al suo appuntamento.
Quel pomeriggio era diverso da tutte le altre volte in cui si era messo dietro il bancone con la sua divisa candida e la bandana colorata che gli dava quell’aria sbarazzina dalla quale volutamente lasciava spuntare qualche ricciolo scuro.
Da anni era abituato ad avere intorno i tecnici per la ripresa, l’assistente sempre pronta ad asciugargli una goccia di sudore, il gobbo a ricordargli una battuta e l’esigente regista. Lui era il top chef che appariva come conduttore oppure ospite d’onore, fotografato e intervistato, nei più seguiti programmi di cucina. Aveva raggiunto il suo obiettivo, era un uomo che nel giro di pochi anni ce l’aveva fatta, un uomo di successo, invidiato e emulato da molti. Doveva essere felice e invece... Che gli stava succedendo? Cosa lo aveva spinto a accettare quell’invito a tenere un corso in quella cittadina di provincia, lontano dalle telecamere e anni luce dal suo mondo? La noia? La stanchezza per la continua ricerca di creazioni originali e sempre più sofisticate? Gli passarono per la testa, veloci come un lampo, tutti i compromessi ai quali si era sottoposto per emergere dalla massa. Non aveva avuto scrupoli neppure con le donne della sua vita. Aveva usato anche loro in una sorta di do ut des. Represse un senso di nausea e si guardò intorno. Davanti a lui c’era gente normale: casalinghe, qualche pensionato, un ragazzino desideroso di verificare la sua attitudine per quello che avrebbe potuto essere il suo futuro, un cuoco di qualche ristorantino della zona e un paio di ragazze annoiate. Insomma, il suo pubblico, quelli che di solito erano al di là dello schermo e che lui ormai neppure più immaginava mentre preparava e spiegava le sue creazioni alla troupe solo interessata alla qualità del filmato e allo share.
Ricominciare. Forse quello era il modo giusto per sentirsi meglio. A contatto con la gente, lontano dalla finzione della tv, avrebbe ritrovato il senso della vita e sé stesso. Si lisciò la casacca bianca, salutò quanto più gentilmente gli era possibile e cominciò la lezione.
Tutti i partecipanti si erano già sistemati dietro al tavolone dove presumevano di lavorare. Notò che una delle ragazze, la biondina, si teneva in disparte, poco propensa a prendere posto come tutti gli altri. Le fece un cenno indicandole l’ultima postazione libera al capo del tavolo e lei vi si avvicinò di malavoglia. Andrea chiese loro di presentarsi e grazie alla sua formidabile memoria allenata da anni di studio di ricette e battute, sarebbe riuscito subito a chiamarli per nome. Poi ricapitolò il programma di quel corso di pasticceria di base.
Dal gruppo si levò un coro di commenti di approvazione. Andrea si guardò intorno soddisfatto della reazione del suo uditorio e prese posizione di fronte al tavolone, come la cattedra di fronte ai banchi in un’aula, e tutti gli aspiranti pasticceri, dopo essersi infilati un grembiule candido, una cuffietta e i guanti usa e getta, si accostarono alle loro postazioni.
«Immagino che il dolce che tutti facciate a casa sia la crostata. Vero, signora Antonietta?» esordì.
«Certo! Quasi tutte le settimane» rispose l’interpellata tutta felice di essere stata nominata da quella celebrità.
Andrea iniziò così a parlare della pasta frolla, della sua storia e delle varianti che nel tempo ne erano state fatte.
«Scommetto che ognuno di voi la prepara in modo diverso. Sentiamo… Sì, lei, Laura. Come prepara la pasta frolla?» rivolgendosi alla biondina.
«Chi, io?» chiese stupidamente lei.
«Sì!» ribadì lo chef, fissandola, impaziente. «Mi pare che sia l’unica con quel nome qui.»
«Ecco … la frolla?!»
Laura non osò ammettere dinanzi a tutti e a quell’uomo in particolare di non aver mai preparato né un biscotto né una crostata in vita sua. Le venne in mente di averne visto le confezioni al supermercato in quelle rare occasioni in cui accompagnava la madre a far la spesa.
«Veramente la compro surgelata» balbettò inventandosi quella bugia.
Appena terminata quella parola capì che la sua risposta non poteva passare come una battutaccia ma che aveva suscitato l’orrore di tutti i presenti. Lo chef infatti la fissò, gli occhi ridotti a due sottili fessure, la mascella contratta.
Nel salone calò un silenzio carico di tensione: tutti si aspettavano una sua reazione che Andrea non riuscì proprio a contenere.
«Congelata?!» urlò infatti. «Perché mai non la impasta con le sue graziose manine?» ironizzò fulminandola con lo sguardo. Mentre la biondina si arrovellava per dargli una risposta alla quale lui non potesse controbattere, l’amica, dall’altro capo del tavolone, le venne in aiuto con la semplice verità.
«La mia amica studia molto, e scrive anche un romanzo. A volte si dimentica persino di mangiare!»
Ora sì che tutti mi hanno notata! sembrò pensare Laura disperata.
«Bene!» tagliò corto. «Stasera imparerete la ricetta originale. Più tardi ognuno di voi preparerà alcuni biscotti e una piccola crostata che potrete portarvi a casa.»
Durante l’ora di attività, Andrea non fu capace di togliere gli occhi dalla biondina che, chissà perché l’aveva indisposto con quella che forse lei considerava una battuta. La osservò impastare i tocchetti di burro con lo zucchero e la farina con gesti esasperanti per la loro lentezza. Pasticciona fu il suo giudizio vedendola poi rompere malamente le uova e lasciarsi sfuggire l’albume sul tavolo anziché nella ciotola.
«Non sa come si separa il rosso dal bianco?» tuonò Andrea materializzatosi alle sue spalle.
Afferrò un uovo e con abile mossa le mostrò quello che avrebbe dovuto fare. Lei dovette sentirsi come Fantozzi nell’ufficio del megadirettore galattico perché si fece piccola piccola accennando un timido sorriso di scuse.
Terminato l’impasto e avvoltolo in un panno per farlo raffreddare quel tanto che bastava nel frigo in fondo al salone, ci fu un momento di pausa durante il quale i partecipanti si scambiarono commenti e impressioni. Andrea non era in vena di chiacchiere ma non poté sottrarsi all’assalto di coloro che, armati del suo ultimo libro, gli chiedevano una dedica. Mentre scarabocchiava qualche frase e la sua firma tutta sottolineata dalla gambetta della a finale, sentì alle sue spalle le due ragazze parlottare a bassa voce. Colse un “Sarà un bell’uomo e un grande chef ma di sicuro a me è antipatico”. Sospiro. “Sarà un lungo pomeriggio”, altro sospiro.
Quando tutti furono tornati alla propria postazione, tirata fuori dallo strofinaccio la pasta, Andrea la fece stendere con il mattarello per farne alcuni semplici biscotti e la famosa crostatina. Lo chef passò da tutti per verificare il lavoro svolto e da Laura non riuscì proprio a trattenere una critica. Se la ragazza si fosse offesa peggio per lei, dopotutto lui in quel momento era il suo insegnante e lei era lì per imparare, che le piacesse o no.