Decisamente singolare un orsetto che guida i lettori attraverso le meraviglie delle nostre valli canavesane, un volume caratterizzato da numerose curiosità paesaggistiche ed escursionistiche.
Bruna Poggione torna a parlarci della sua grande passione per la montagna e per la natura, la vera protagonista di questa storia che permetterà ai bambini e agli adulti di affrontare un tema delicato, quello della scoperta e della protezione di angoli suggestivi, ma talvolta poco conosciuti, della nostra “casa comune”. Lo fa con la semplicità e la naturalezza di chi ha maturato la propria esperienza in modo diretto, con un linguaggio accessibile e informale in grado di coinvolgere, capire, conoscere e rispettare il territorio in cui viviamo. Primo di altri “appuntamenti”, il libro si propone quale sollecitatore di riflessioni, oltre che come valido strumento ricco di preziose informazioni turistiche.
Primo capitoloMi presento
Ciao a tutti. Sono Nunus un orso bruno nato nel Parco Nazionale d'Abruzzo.
Sono rimasto solo ma grazie alle cure dei guardaparco sono cresciuto vispo e robusto.
Appartengo alla famiglia degli ursidi e possiedo un mantello che può andare dal marrone scuro a quello chiaro, dal bruno rossiccio al rosso fulvo.
Sono un animale piuttosto timido, amo la solitudine ed i grandi boschi silenziosi e tranquilli. Mi definisco un simpatico vagabondo perché mi piace esplorare il territorio.
Pur possedendo la dentatura tipica di un carnivoro, mangio di tutto e sono quindi onnivoro. Mi cibo di formiche, vespe, api, insetti, piccoli mammiferi, carogne di animali selvatici, miele, erbe, noci, nocciole e castagne.
In autunno, quando devo accumulare le riserve di grasso per l'inverno, mangio soprattutto frutta. Quando sopraggiunge il freddo, mi preparo al letargo scegliendo una caverna che riempio di foglie, rametti e muschio per prepararmi un “letto” morbido e caldo dove dormire fino a primavera.
Mamma orsa ci partorisce in inverno, all'interno della tana. Da cuccioli, al momento della nascita, siamo piccolissimi. Mamma orsa ci riscalda con la sua morbida pelliccia, ci allatta e si cura di noi con tanto amore. In primavera usciamo dalla tana. Siamo giocherelloni e molto curiosi, tutto per noi è una scoperta.
Mamma orsa ci insegna cosa mangiare, dove e come trovarlo.
Resteremo in famiglia per circa due anni poi, raggiunta l'autonomia, lasceremo la mamma per avventurarci, da soli, nel mondo.
E ora vi voglio raccontare la mia personale avventura…
Verso la libertà!
Comincio a essere stufo di stare chiuso in questa gabbia, ho poco spazio per muovermi e ogni tanto vi sono sobbalzi. I miei compagni di viaggio sono piuttosto tranquilli, per lo più dormono e non si lamentano. Sono animali a quattro zampe che io non conosco.
Quando ho aperto gli occhi, alla mia nascita, ho sentito degli umani (li avrei conosciuti successivamente) parlare:
“Poverino, è proprio un bell'orsetto ma è rimasto senza mamma!”
Poi mi sono ritrovato in bocca qualcosa di molle da cui, succhiando, usciva un liquido bianco dal sapore gradevole. Ho poi capito che si trattava di latte, utile alla mia sopravvivenza. Da quando ho intuito che più mangiavo più crescevo non ho più mollato il “dispensatore” di cibo.
“Ma quanto mangia!” sentivo ripetere.
Sono cresciuto sempre più robusto, la mia pelliccia era morbida e lucida. In breve sono diventato la mascotte di tutti i bambini: mi prendevano in braccio, mi coccolavano ed io mi sentivo felice ed amato.
Un giorno è arrivato un camion bianco con tante gabbie e io ed altri animali siamo stati rinchiusi al loro interno. Sentii dire:
“Sono destinati ad un parco naturale in Svizzera”
E così siamo partiti ma, dopo qualche ora, ho iniziato ad essere impaziente perché era difficile resistere tra quelle quattro pareti che impedivano il movimento. Ad un tratto una frenata.
“Esci a questo casello, è quello di San Giorgio Canavese, conosco un ottimo ristorante” dice il passeggero che sedeva a fianco dell'autista. La mia gabbia si è rovesciata e dopo breve il mezzo ha arrestato la sua corsa. Ho sentito il conducente e l'altro passeggero scendere, li ho visti aprire lo sportello e controllare il loro carico.
“La gabbia di questo stupido orso si è rovesciata. La tiro su, poi più tardi daremo da mangiare anche a queste bestie”
Il suo tono non era troppo cordiale.
Mi sono sentito tanto triste: perché mi trattavano così? Mi sono accovacciato in un angolo della gabbia ma, allungando le zampe, la porticina della mia gabbia si è inaspettatamente aperta. Mi sono sentito immediatamente più leggero. Sono uscito lentamente ritrovandomi tra le pareti bianche del furgone che costituivano l'ultimo ostacolo alla mia libertà.
Ho toccato lo sportello che si è aperto facilmente, sono sceso e ho visto un parcheggio con altre auto accanto al furgone. Ho guardato al loro interno e quella con due seggiolini mi ha decisamente ispirato. Ho provato ad entrare dalla portiera posteriore che si è aperta facilmente e così sono scivolato all'interno della vettura grigia e da lì nel bagagliaio. La tensione era forte e mi sono appisolato. Mi sono risvegliato in seguito al rumore sordo delle portiere che si chiudevano.
“Forza, ragazzi ancora qualche chilometro e poi potrete abbracciare i nonni”
Una donna, credo la mamma, si rivolgeva così a due bambini.
“Mamma” chiede il più grande “ma i nonni dove abitano?”
“Abitano a Traversella, un piccolo paese della Valchiusella. Da lì i nonni non si sono mai mossi. Il nonno ha lavorato per tanti anni in miniera fino alla sua chiusura poi, con la nonna, si è dedicato all'allevamento di mucche e capre. Vedrete, vi piacerà! Potrete scoprire un mondo meraviglioso in Valchiusella!”
Ora conoscevo quella che sarebbe stata la mia meta.
Avrei presto scoperto perché era stata definito “un mondo meraviglioso”.
Finalmente l'auto si ferma in uno spiazzo davanti ad una casa di pietra e di legno. Nella confusione dei saluti e degli abbracci io ne approfitto per scendere e mi dirigo verso il bosco a nord dell'abitazione. Qui decido di aspettare il buio. Ho fame e tanta paura. Il sole intanto scende dietro le cime e le prime ombre della sera avvolgono il paesaggio. I miei pensieri vengono interrotti dall'abbaiare insistente di un cane che si sta dirigendo verso di me. Il terrore mi prende e comincio a correre. Corro non so dove e non so per quanto, non riesco a vedere dove metto le zampe e degli arbusti spinosi mi graffiano il musetto. Il cuore mi batte forte in petto e intanto continuo a correre…
Mi fermo sfinito e mi lascio cadere sul manto erboso, non sento più il cane. L'istinto mi suggerisce di cercare un posto al riparo e così mi nascondo tra gli alberi: sono stanco e, sfinito, mi addormento.
Mi sveglia la sensazione di qualcosa di umido sul naso. Apro gli occhi e incontro lo sguardo di un animale che non ho mai visto. Mi metto a sedere, raggomitolandomi su me stesso in posizione di difesa. Non so cosa devo temere. L'animale ha un pelo rossiccio, una lunga coda che si chiude con una macchia bianca.
“Ciao” si rivolge a me l'animale amichevolmente “io sono Furbetta, la volpe. Tu chi sei e da dove vieni?”
“Ciao” rispondo mentre sento la tensione allentarsi “sono Nunus, un orsetto. Sono nato nel parco nazionale d'Abruzzo, sono rimasto solo senza mamma e gli umani mi hanno cresciuto. Durante il viaggio che avrebbe dovuto portarmi in Svizzera sono riuscito a scappare e ora, eccomi qui. Solo in una terra sconosciuta. E tu?”
“Da anni vivo in queste valli di montagna. Conosco bene ogni luogo e farò in modo che anche tu le conosca perché, se non conosciamo il territorio che abitiamo, non sapremo mai chi siamo e nemmeno dove andiamo. Cerco di sfuggire all'uomo che mi caccia“
“Ma l'uomo è buono, mi ha cresciuto!”
“Sì, per poi abbandonarti. Non tutti gli umani però sono uguali. Ci sono uomini spietati e cattivi. Non devi fidarti di loro!”
“Cosa posso fare? Sono piccolo e solo”
“Non preoccuparti, mi prenderò io cura di te. Ti farò conoscere nuovi amici e ti farò scoprire un mondo meraviglioso”
Di nuovo le stesse parole.
Guardo interrogativamente la volpe.
“Sì, piccolo Nunus, questo territorio offre bellezze straordinarie. Solo attraverso la sua esplorazione e la mia guida tu conoscerai storie fantastiche e scoprirai luoghi selvaggi. Seguimi, ti condurrò al mio rifugio. Domani inizieremo il nostro viaggio”
Mi alzo e seguo Furbetta. Ogni tanto si ferma per aspettarmi, il suo passo è deciso, la sua voce ferma ed il suo sguardo sincero. Sento che con lei sarò al sicuro. Raggiungiamo la sua tana, è calda. Mi invita a sdraiarmi, vorrei ancora chiederle tante cose ma gli occhi mi si chiudono e mi addormento di botto mentre mi giunge, lontana, la voce di Furbetta:
“Dormi, piccolo Nunus”
I caldi raggi del sole, al mio risveglio, mi scaldano mentre esco dalla tana.
“Buongiorno Nunus. Eccoti la colazione”
Non riesco a nascondere il mio stupore, Furbetta mi ha procurato bacche e frutti.
“Sai, noi volpi siamo animali furbi ed astuti e non abbiamo problemi a procurarci il cibo”
“Grazie” e poi mi butto sulla mia colazione.
“Riprendi le forze che presto partiremo”