AE Narrativa - collana Riflessi - Racconti in edizione 12x17 con opere di Artisti all'interno.
Ripescati nei meandri di un vecchio Mac, questi racconti scritti tra il 1992 e il 2000 si propongono come eccentrici in quanto credono (loro) di non aver un nucleo unitario attorno a cui vivere. In realtà sono quasi tutti collegati da richiami, riferimenti, ammiccamenti con cui si tengono per mano. Sono eccentrici, ma per altro modo, cioè per la sperimentalità agita su livelli diversi. Ad esempio sulla contaminazione dei generi (narrazione e saggio filologico) oppure sull'invenzione di situazioni del tutto inverosimili. Ovviamente la narratrice, come sempre accade, presta le sue esperienze ai personaggi, o forse questi personaggi improbabili, calati in situazioni spesso inusuali, per non dire assurde, si prestano all'autrice con complicità e divertissement. Ne deriva un blend equilibrato e frizzante, come in certi vini di carattere. (da Nota dell’Autrice)
Nove storie di donne/personaggi improbabili, calate in situazioni spesso inusuali.
L'autrice:
Luciana Gravina è intellettuale di cultura classica. Già Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero della Pubblica Istruzione, è stata docente presso la Siss, Università di Foro Italico di Roma, dove ha insegnato Scrittura del racconto per lo sviluppo della creatività e Nuove tecnologie educative e membro della Commissione OLAF della SIAE. È scrittrice e critico letterario.
Autrice di poesia e narrativa, sperimenta la funzione performativa della parola. Ha pubblicato il suo primo romanzo storico "Ginestre e libri proibiti" nel 2016 (Onereed Edizioni). Con AltrEdizioni Casa Editrice ha pubblicato "BISEGNI", racconti brevissimi illustrati da Silvana Baroni (2015), "L'infinito presente" con la prefazione di Rino Malinconico (2011).
Questione di voce
Era alta un metro e settantacinque centimentri e, quanto a voce cantata, non aveva certo un talento naturale.
Cosicché non cantava, né per diletto, né per professione. Lei esercitava la voce parlata, e, come tutti, la usava come forma della rappresentazione del sé, come strumento di autoaffermazione, come espressione della propria intimità e del suo modo di rapportarsi col mondo.
In questo senso Corinna Deidda aveva una voce speciale con cui agganciava l'interlocutore.
E lo soggiogava.
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