Sua maestà, il pesto!
Il pesto genovese è senza dubbio uno dei condimenti per pasta più conosciuti e apprezzati in Italia e nel mondo. Semplice, goloso e duttile, è uno dei principali alimenti per cui Genova e la Liguria tutta sono giustamente famose nel mondo.
Scoprirete la sua origine e storia, oltre a tutti i segreti e suggerimenti
per prepararlo nel modo migliore e più tradizionale, insieme alle ricette, classiche o poco conosciute, dei molteplici piatti che il pesto accompagna e completa, oltre a un excursus sulle sue innumerevoli varianti nate dall'italica inventiva e meravigliosa abilità culinaria, tipiche di molte e differenti regioni italiane.
Sua maestà, il pesto!
Il pesto genovese è senza dubbio uno dei condimenti per pasta più conosciuti e apprezzati in Italia e nel mondo.
Sono soprattutto tre i principali fattori che ne hanno decretato il grande successo.
Semplicità di creazione
Si tratta in fondo di una salsa “a freddo” che non richiede quindi alcuna cottura, preparata con pochi semplici ingredienti genuini e presenti, per la maggior parte, sempre in qualsiasi cucina o comunque facilmente reperibili.
Golosità
Chiunque l’abbia assaggiato non potrà che convenire che nella sua semplice essenza di combinare così magnificamente pochi intensi sapori sia assolutamente goloso. Come resistere, ad esempio, dall’intingere nella ciotola la punta del dito per assaggiarlo subito, appena fatto, quando il profumo di basilico, olio e aglio invade le narici in modo così fragrante.
Duttilità
Ha una quasi infinita possibilità d’utilizzo culinario. Condisce egregiamente qualsivoglia formato di pasta, infatti, a differenza della maggior parte dei sughi e delle salse, che comunque tendono ad avere un formato di pasta tipico e preferibile, i piatti classici con il pesto sono molteplici e tutti assolutamente imperdibili. Inoltre si presta ad essere utilizzato in molte altre preparazioni oltre che come condimento per le pastasciutte.
La storia del pesto
Il nome di questa salsa, per cui la Liguria e Genova sono giustamente famose nel mondo, nasce dal metodo di preparazione, ovvero la pestatura delle foglie e degli altri ingredienti nel tradizionale mortaio di marmo, servendosi di un pestello di legno.
Come per quasi tutte le ricette storiche è impossibile risalire esattamente alla storia e nascita del pesto.
Gli antichi romani, peraltro, facevano un gran uso del mortaio e delle salse per insaporire i cibi, basti pensare al famoso e onnipresente Garum.
Virgilio poi, in un poema della Appendix Vergiliana, parla del “Moretum”, una pasta di formaggio, aglio (in abbondanza) erbe aromatiche, sale, olio, aceto e pinoli (o noci) da mangiare spalmato in una focaccia.
Durante il medioevo poi era molto diffusa nella repubblica di Genova, soprattutto tra i marinai, che la ritenevano capace di prevenire malattie e contagi durante le lunghe navigazioni, “l’Agliata”. L’Agliata era una salsa a base di aglio, noci e aceto che venivano schiacciati e battuti e che serviva anche per conservare il pesce, oltre che per condirlo.
Il pesto è quindi, con ogni probabilità, un’evoluzione delle agliate medievali le quali, a loro volta, avevano sostituito il garum degli antichi romani, un allora onnipresente condimento a base di interiora di pesce macerati nel sale insieme a erbe aromatiche (forse simile all’odierna “colatura di alici” tipica della costiera amalfitana).
Diverse varianti dell’agliata si sono quindi diffuse lungo tutto il bacino del mediterraneo con innumerevoli piccole varianti da luogo a luogo.
La maggior parte di queste salse però erano accompagnate da agresto (succo di uva acerbo), da aceto, da succo d’arancia oppure da vino, si trattava quindi di salse non unte, amalgamate perciò senza ricorrere all’utilizzo di grassi animali (burro o strutto) oppure vegetali (olio d’oliva).
Il pesto è stato probabilmente una delle prime salse unte, a base cioè di olio di oliva, della gastronomia italiana.
La prima apparizione ufficiale e documentata del pesto risale soltanto al 1863, e precisamente nel libro “La Cuciniera Genovese”, di Giovanni Battista Ratto, che recita così:
“Prendete uno spicchio d’aglio, basilico (baxaicö) o in mancanza di questo maggiorana e prezzemolo, formaggio olandese e parmigiano grattugiati e mescolati insieme a dei pignoli e pestate il tutto in mortaio con poco burro finché sia ridotto in pasta. Scioglietelo quindi con olio fine in abbondanza. Con questo battuto si condiscono le lasagne e i gnocchi (troffie), unendovi un po’ di acqua calda senza sale per renderlo più liquido”.
Questa è probabilmente la prima menzione ufficiale del pesto da cui si giunge, poco a poco, alla classica ricetta odierna ormai accuratamente codificata e precisa, in cui è scomparso naturalmente il burro, il formaggio olandese (allora presente probabilmente perché diffuso dai traffici marittimi della città di Genova) e le varianti con maggiorana e prezzemolo, che diventano salse differenti e indipendenti.
È evidente come venisse considerato essenzialmente una salsa per condire la pasta, lasagne o “Troffie” che non sono quelle che oggi chiamiamo Trofie (o Trofiette) ma allora indicavano gli gnocchi, precisamente uno gnocco a forma allungata.
Senza dubbio in quel periodo la pasta con il Pesto era considerata un cibo popolare e decisamente economico per la semplicità e reperibilità dei suoi ingredienti.
Inoltre c’era allora l’usanza (che è rimasta tuttora in Liguria) di aggiungere patate e fagiolini, a volte anche fave o zucchine, tagliate a pezzetti e bolliti insieme alla pasta. Patate e fagiolini sono tutt’ora presenti nella ricetta più classica delle trenette o delle trofie al pesto. Alcuni chiamano le trenette con aggiunta di verdura “avvantaggiate”.
Ovviamente, trattandosi in fondo di qualcosa di così tipico, è molto difficile trovare due ricette del pesto davvero uguali, a causa delle molteplici, piccole, ma a volte significative varianti che il gusto delle persone e famiglie apportavano e apportano tuttora alla ricetta tradizionale: per esempio l’aggiunta a volte di noci insieme ai pinoli, di ricotta o formaggi differenti e l’esatta quantità degli ingredienti stessi.
Probabilmente in origine la presenza dell’aglio era più marcata (il cosiddetto “pesto maleducato”), forse persino preponderante, cosa che si è via via affievolita nel tempo giungendo a un sapore più delicato e omogeneo lasciando che sia più il basilico a dominarne il sapore.
Il pesto alla Genovese tradizionale deve quindi presentare ben precise caratteristiche organolettiche e fisiche.
Il colore verde innanzitutto: che può oscillare dal verde chiaro al verde più intenso secondo il tipo di basilico e la sua età (foglie giovani e tenere daranno un pesto più chiaro e brillante).
La consistenza: che deve essere omogenea e piuttosto densa.
Il profumo: che deve essere delicato ma persistente e richiamare tutti gli ingredienti principali: il formaggio, l’aglio e soprattutto il basilico fresco.
Il gusto: che deve risultare saporito, intenso ma con solo una lievissima punta di piccante.
Oggi, a Genova, esiste il consorzio del Pesto genovese promosso dalla Regione Liguria e da associazioni di produttori con lo scopo di tutelare la ricetta tradizionale del pesto, con tutti i suoi sette ingredienti base di qualità e soprattutto l’utilizzo del basilico, ovviamente ligure.