L’ironia è l’unica arma per vincere l’angoscia in tempi minacciosi. L’Autore, serrato nella sua abitazione, lancia la sfida al Coronavirus. Le parole sono colonna sonora per resistere.
Leggere queste cronache quotidiane ci restituisce una realtà che tutti abbiamo conosciuto: guardare il mondo dalla finestra o dalla televisione, la grande finestra; la conta dei malati, i morti senza funerali, la piazza san Pietro deserta del Papa smarrito, le strade vuote, la paura dell’untore, le scorte di cibo, le file ai supermercati, la perdita di un familiare o di un amico; le chiese vuote e il bisogno di pregare, anche se non sei credente, prigionieri della “Bestia”, che non dà segni di arretramento.
E quando un pezzetto di normalità si riavvicina, la ricerca delle abitudini perse, la diffidenza verso la vita; la necessità di riempire il vuoto della normalità dimezzata. Uno spiraglio della porta di casa si riapre, ma i piedi si rifiutano di camminare; paralisi e speranza riguardano il mondo intero e ognuno di noi.