Non si possono contemplare le opere di Beato Angelico se l’animo non è tranquillo, pulito, libero dalla polvere quotidiana che lo inquina. La luce della sua arte può allora ferire o provocare un rigetto. Oppure, può aprire la porta che conduce ad una verità più ampia rasserenante e duratura. Ma Angelico non desidera convincere, imporsi. Frate Giovanni è una “presenza” che parla non di sé, ma da sé, illustrando la meraviglia di una storia umana collegata a quella divina, tutta intrisa di luce. I timbri e le tonalità della sua complessa poetica li ha espressi attraverso un linguaggio che, se da una parte rende difficile classificarlo in maniera univoca e definitiva, dall’altra esalta la superiore libertà espressiva di un artista intelligente e pieno di amore, un maestro che ha sempre ricercato l’unità fra la dimensione celeste e quella terrena. E ancora oggi il pittore è lì, lungo le scale del convento di San Marco o in quel porticato oppure sulle pareti di un museo, in attesa di parlare ad ognuno in un colloquio molto personale. Perciò, quando questo accade, sembra di respirare per la prima volta perché Angelico non cerca di capire e trasmettere cosa sia la bellezza, ma Chi sia la bellezza.
Seguendo un percorso tematico che descrive le opere nelle diverse fasi dell’attività di uno dei creatori più puri della storia dell’arte, Mario Dal Bello accompagna il lettore alla scoperta o alla riscoperta di questo artista così raro e originale e della sua intensa visione della Bellezza.
Mario Dal Bello vive a Roma ed è scrittore, giornalista, storico e critico dell’arte. Già docente di Letteratura italiana in Italia e all’estero, insegna Storia dell’Arte all’Università Lateranense di Roma. Dal 1990 al 2012 è stato responsabile della sezione Arte e Spettacolo della rivista “Città Nuova” scrivendo testi di critica cinematografica, artistica e musicale. È autore di saggi musicali, nonché inerenti il cinema e la storia (con Città Nuova Editrice ha pubblicato nel 2012 La leggenda nera. I Borgia, nel 2013 Gli ultimi giorni dei Templari, nel 2017 Lutero e nel 2019 Quando un papa si dimette – La storia di Celestino V). Fra le sue numerose pubblicazioni su tematiche artistiche, si citano solo alcune delle più recenti: Tiziano una passione per l’uomo (Marietti, 2014), La bibbia di Caravaggio (Schnell & Steiner, 2015), Il teatro della passione – Caravaggio, Guercino e Guido Reni (dei Merangoli, 2017), Cristo nell’arte del Rinascimento (Lateran University Press, 2018), L’umanesimo di Antonello da Messina (Lussografica, 2018), la collana d’arte con saggi su Lorenzo Lotto, El Greco, Tintoretto, Raffaello, Giovani Bellini, Guido Reni e la figura di Cristo nell’arte (Libreria Editrice Vaticana).
DELLO STESSO AUTORE: La Trinità nell'Arte (2021), Il Dio nascosto nel cinema (2020), Il teatro della passione – Caravaggio, Guercino e Guido Reni (2017).
Beato Angelico, vittima probabilmente di una popolarità secolare con le riproduzioni di sapore oleografico di molte sue opere, è stato per molto tempo trascurato dalla critica e considerato un mistico fuori del Rinascimento o un ritardatario. Solo negli ultimi anni ha iniziato ad essere compreso e valorizzato come una figura assoluta di poeta: gli artisti, infatti, qualunque sia la modalità della loro espressione, sono dei poeti, cioè dei creatori di bellezza.
Guidolino di Pietro, diventato domenicano con il nome di Fra' Giovanni da Fiesole e conosciuto col soprannome di Beato Angelico, è infatti artista di straordinaria grandezza. [...]
Il suo trasfigurare la realtà, interpretandola con gli occhi di un teologo e di un mistico quale egli è, non è disgiunto da essa, dal senso di contemplazione della bellezza della natura, dallo sguardo sulla verità dei sentimenti umani, sulla vita reale che si svolge in città e borghi della sua Toscana.
La poesia angelichiana nasce infatti da una condivisione di intenti e di comportamenti molto intensa, tanto da far pensare che nella sua comunità di frati "riformati" si sia fatta una esperienza del divino di eccezionale altezza, pur apparendo all'esterno semplice, naturale. Il risultato a livello artistico è appunto un clima di luminosità particolare nei suoi dipinti, un vedere ciò che sta oltre le apparenze del quotidiano ed i fatti della storia. Frate Giovanni sa cogliere l'azione provvidenziale dietro e sotto le vicende umane, nella rappresentazione dei fatti evangelici. Cioè, della vita. [...]
Angelico non perde mai l'equilibrio, è guidato da una ragione amorosa che ordina tutto in armonia. Perciò la sua arte non è complessa, ma diretta, semplice, nel senso di perfetta unità tra ispirazione, contenuto e stile, conseguenze di una maturità umana e spirituale straordinaria e della tranquillità che egli vive in convento. Perciò in lui tutto è preciso, limpido. Egli conosce la misura delle cose, così tipica del primo rinascimento fiorentino. Non quella metafisica di un Piero della Francesca o archeologica di un Mantegna, ma quella mistica di chi contempla "cieli e terre nuove" e le comunica ai propri amici e a tutti con un linguaggio universale che sa essere liturgico e prezioso nelle opere pubbliche - così da trasportare i fedeli dentro la visione celeste - e intimo, privato, nelle celle del suo convento, dove contempla insieme ai frati il mistero che si fa carne, in concordanza con la religiosità del suo tempo.