Voglio tentarvi con i dolci dai sapori antichi, quelli che si preparano dalla notte dei tempi in ogni famiglia bolognese che si rispetti e si tramandano di generazione in generazione.
Dolci per bambini, afrodisiaci o da mangiare in compagnia, con il cucchiaio, in un solo boccone o assaporandoli piano.
Ho saccheggiato i ricettari di famiglia, di amici e parenti oltre a carpire segreti alle azdore, le depositarie di ricette millenarie e di tradizioni legate al cibo.
Ho passeggiato sotto i portici e sono entrata nei forni artigianali per capire come si sopravvive alle merendine confezionate.
Per sfatare il mito che a Bologna quando arrivi al dolce hai già gustato il meglio.
Al contrario i dolci di Bologna e dintorni sono la testimonianza di questa terra: ricchi nel ripieno, nell’abbondanza degli ingredienti, ma all’aspetto dimessi e un po’ ruvidi.
A voi scoprire e apprezzare la loro vera essenza.
Non vi deluderanno.
Da bolognese doc spero di farvi amare questa città godereccia come la amo io e permettervi, attraverso le pagine, di cogliere gli umori, le passioni, gli odori e i sapori che porto nel cuore, figlia di una sfoglina,sorella di un cuoco, nipote di una nonna che aprì una trattoria in tempo di guerra sull’Appennino bolognese, distrutta, in seguito, dai bombardamenti.
E ricordatevi sempre, leggendo queste pagine, che se volete conoscere meglio la nostra natura, osservateci mentre mangiamo o cuciniamo, lì è racchiusa la nostra vera essenza.
Katia Brentani
Introduzione
“Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, perché se la merita. È un modo di cucinare un po’ greve, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto è vero che colà le longevità di ottanta e novant’anni sono più comuni che altrove”.
Queste le parole con cui Pellegrino Artusi decantava la cucina bolognese nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
Bologna, del resto, si è guadagnata il titolo di grassa sul campo. Per un bolognese il cibo non è solo sostentamento, ma l’essenza della vita stessa. Se è vero che le diete sono tristi per tutti, per i veri bolognesi si trasformano in supplizio, tanto il culto della cucina scorre nelle loro vene.
Cullata dai portici, ammantata di nebbia, fra grassi maiali, boccali di vino e dolci tentazioni, la fama culinaria di Bologna si è propagandata anche attraverso gli studenti, provenienti da tutto il mondo, che hanno frequentato la sua Università.
Molti i personaggi illustri che hanno lasciato testimonianze del loro passaggio a Bologna, elogiando la sua cucina. Di alcuni parlerò collegandoli ad alcuni dolci di cui erano ghiotti, di altri riporto solo alcuni frasi stralciate dai loro racconti di viaggio.
Così scriveva il belga Andreas Schott, fratello del giureconsulto Francesco, nel 1622, nel suo “Itinerario, ovvero nova descrittione dei viaggi principali d’Italia”: “Che Bologna sia abbondante delle cose necessarie per vivere è noto a tutti…le salsiccie e i salami non hanno pari in tutto il paese e fanno una conserva di cotogne e di zucchero chiamata gelo degna d’essere posta alle tavole del re” e il francese Jean Baptiste Labat, padre domenicano, gli fa eco nel 1706: “la città di Bologna fa ancora un commercio notevole di cotognate e s’è trovato che il miglior modo di servirsene era di farne marmellate… le suore fanno a gara fra loro nella composizione di parte di frutti, dove esse non risparmiano né il muschio né l’ambra”.
Il padre di Goethe scrive nel 1740: “Da due giorni in qua godo veramente delle delizie grasse di Bologna” .
Sono molti anche i personaggi illustri che sono passati o hanno abitato a Bologna per un periodo della loro vita.
Rossini, grande cultore del cibo, ha vissuto a Bologna in Strada Maggiore n. 26 e fu ospite, poiché la sua dimora, che si trovava a pochi metri da lì, era in ristrutturazione, del celebre tenore Domenico Donzelli che abitava a Palazzo Sanguinetti, dove oggi ha sede il Museo della Musica.
Rossini che asseriva: “non conosco una occupazione migliore del mangiare” amava ricevere in regalo mortadelle, ma è, sembra, a Petrarca che Bologna deve l’appellativo di grassa: “e quando non era allora la fertilità delle terre e l’abbondanza di tutte le cose per la quale con denominazione già proverbiale, Bologna fu detta la grassa”.
Non c’è da stupirsi, quindi, se a Bologna nascevano associazioni come la Loggia Magnonica, attiva a fine ’800, che raggruppava buongustai, con mangiate pantagrueliche, soprattutto a Carnevale.
È sempre a Bologna che si hanno notizia dei primi concorsi culinari, quando erano una novità assoluta. Nel 1935 il Comune di Bologna organizzò La settimana della Cucina con tanto di concorso culinario a cui parteciparono le migliore azdore della città.
Questa venerazione per il cibo, modello di vita, è il motivo per cui Egeria di Nallo, una professoressa universitaria, ebbe l’idea di creare Homefood nel 2003, con lo scopo di far incontrare cultori della cucina italiana e straniera e di trasformare, la scoperta delle tradizioni culinarie, in un’esperienza di vita. I soci dell’associazione Homefood possono diventare soci fruitori o soci Cesarine. Le Cesarine (che possono essere anche uomini) mettono a disposizione le loro case per eventi Homefood dove i soci fruitori assaggiano, seduti a una tavola curata nei minimi dettagli, prelibatezze sopraffine.
E se vi sembra che a Bologna si esageri ricordate sempre le parole del grande maestro Pellegrino Artusi: “Chi infatti provasse a confondere i tortellini bolognesi con i cappelletti reggiani o gli anolini di Parma sarebbe bollato come sacrilego”.
Con una simile premessa immagino pensiate voglia deliziarvi con tortellini, ragù o tagliatelle, invece intendo tentarvi con i dolci dai sapori antichi, quelli che si preparano dalla notte dei tempi in ogni famiglia bolognese che si rispetti e si tramandano di generazione in generazione. Dolci per bambini, afrodisiaci o da mangiare in compagnia, con il cucchiaio, in un solo boccone o assaporandoli piano.
Saccheggerò i ricettari di famiglia, di amici e parenti oltre a carpire segreti alle azdore, le depositarie di ricette millenarie e di tradizioni legate al cibo.
Passeggerò sotto i portici ed entrerò nei forni artigianali per capire come si sopravvive alle merendine confezionate.
Per sfatare il mito che a Bologna quando arrivi al dolce hai già gustato il meglio. Al contrario i dolci di Bologna e dintorni sono la testimonianza di questa terra: ricchi nel ripieno, nell’abbondanza degli ingredienti, ma all’aspetto dimessi e un po’ ruvidi.
A voi scoprire e apprezzare la loro vera essenza. Non vi deluderanno.
Da bolognese Doc spero di farvi amare questa città godereccia come la amo io e permettervi, attraverso le pagine, di cogliere gli umori, le passioni, gli odori e i sapori che porto nel cuore, figlia di una sfoglina, sorella di un cuoco, nipote di una nonna che aprì una trattoria in tempo di guerra sull’Appennino bolognese, distrutta, in seguito, dai bombardamenti.
E ricordatevi sempre, leggendo queste pagine, che se volete conoscere meglio la nostra natura, osservateci mentre mangiamo o cuciniamo, lì è racchiusa la nostra vera essenza.