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Associazione Italiana Maestri Cattolici, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto
DaD... Parliamone!

DaD... Parliamone!
Prezzo Fiera 11,00
Prezzo fiera 11,00 Focus Group di approfondimento sulla Didattica a Distanza

Nel libro sono raccolti gli esiti dei Focus Group sul tema della Didattica a Distanza nel periodo del lockdown organizzati dall’Associazione Italiana Maestri Cattolici delle regioni del nord Italia ai quali hanno partecipato 134 persone tra docenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado, suddivisi in sei moduli organizzativi: due per la scuola dell’infanzia, tre per la primaria e uno per la secondaria di I grado, condotti da Formatori AIMC.
Le tematiche affrontate nei tre incontri per ciascun modulo sono state: La didattica digitale e la didattica a distanza; La progettazione e la valutazione al tempo del Coronavirus, Scuola e famiglia al tempo del coronavirus. Esse offrono una approfondita riflessione sulle dinamiche vissute nella scuola sul piano professionale e nella relazione tra docenti, alunni e genitori.
L’introduzione al testo è curata dal Prof. Pierpaolo Triani, Docente di Pedagogia generale e della comunicazione educativa, Università Cattolica di Piacenza - Cremona.

Primo capitolo

Pierpaolo Triani
docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore

I fatti sono noti a tutti. Tra le fine di febbraio e gli inizi di marzo del 2020 (anno che difficilmente dimenticheremo), in modo improvviso e immediato, anche la vita delle scuole è stata stravolta. Dopo un momento di attesa e di sbandamento, i singoli istituti, in modo però non omogeneo e uniforme, hanno iniziato ad organizzarsi, cercando di riprendere in modo diverso, attraverso il supporto della rete internet e dei nuovi media, l’attività didattica con almeno un duplice scopo educativo: mantenere vivo il legame con gli alunni; permettere lo sviluppo e il consolidamento di alcune conoscenze e abilità ritenute essenziali all’interno del curricolo.
L’impegno di molti docenti e dirigenti, come ci testimonia quanto raccolto in questo lavoro pensato e curato dall’AIMC del nord Italia, è stato alto, segnato dalla passione educativa e dalla ricerca intelligente e creativa di soluzioni idonee. Non sono mancate tuttavia, e anche ciò è richiamato nelle pagine che seguono, situazioni dove sono prevalsi atteggiamenti difensivi, tentativi di replicare nel nuovo contesto schemi inadatti, paura di valorizzare nuovi strumenti, in alcuni casi anche una poca propensione a mettersi in gioco. Ugualmente vi sono state difficoltà negli alunni e nelle famiglie, sia di carattere tecnologico, sia di carattere motivazionale.
La scuola nel suo insieme (alunni, famiglie, docenti, dirigenti) è stata messa duramente alla prova da eventi che hanno chiesto resilienza, capacità di adattamento, capacità di problem solving, un surplus di energie personali. Non basta tuttavia che qualcosa accada perché si generi un processo di apprendimento e si acquisiscano nuove consapevolezze.
Vale la pena, al riguardo, riprendere alcune pagine di J. Dewey, che ha posto il valore dell’esperienza tra i capisaldi della propria impostazione pedagogica. In Democracy and Education scrive: “La natura dell’esperienza si intende soltanto se si osserva che essa include un elemento attivo e uno passivo particolarmente combinati. In senso attivo l’esperienza è un tentare, significato espresso dal termine connesso ‘esperimento’. In senso passivo essa è un sottostare. Quando sperimentiamo qualcosa noi agiamo su di esso, facciamo qualcosa con esso; poi ne soffriamo le conseguenze e sottostiamo ad esse. Facciamo qualcosa all’oggetto e in compenso essa fa qualcosa a noi; questa è la combinazione particolare. Il nesso di queste due fasi dell’esperienza misura la fertilità o il valore dell’esperienza. La sola attività non costituisce esperienza. È dispersiva, centrifuga, dissipante. […]
‘Imparare dall’esperienza’ significa fare una connessione indietro e in avanti fra quel che facciamo alle cose e quel che ne godiamo o ne soffriamo in conseguenza. In queste condizioni il fare diventa un tentare; un esperimentare il mondo fuori di noi per formarcene un’idea; e il sottostare diventa istruzione; la scoperta del nesso tra le cose. […]
L’esperienza è prima di tutto cosa attivo-passiva; non principalmente conoscitiva. Ma un’esperienza è valida nella misura in cui conduce a percepire certe connessioni o successioni e ha valore di conoscenza nella misura in cui è cumulativa o ammonta a qualcosa, o ha un significato” (J. Dewey, Democrazia e educazione, La Nuova Italia, Firenze 1988, ed. orig. 1916, pp. 179-180).

Sono riflessioni molto significative in sé, ma che molto bene si applicano ai mesi che la scuola ha vissuto.
Ci siamo trovati di fronte improvvisamente a subire un evento inatteso. La fase passiva ha chiaramente preceduto il momento attivo. Il sistema scolastico ha però cercato di reagire, ha tentato strade inedite, ha cercato di imparare all’interno di questa esperienza. Chiunque abbia messo in atto la sua componente attiva ha imparato qualcosa e trova in qualche modo il proprio bagaglio arricchito. Se, però, volessimo chiederci che cosa ha imparato, o che cosa potrebbe imparare la nostra scuola in generale da questa esperienza così forte e drammatica, che cosa potremmo rispondere? Senza alcuna pretesa di esaustività provo a delineare alcune possibili risposte.
Il primo aspetto messo chiaramente in luce, fin dall’inizio, dall’emergenza pandemica, è l’importanza che l’istruzione socialmente organizzata, attraverso la capillarità territoriale delle scuole, ricopre per la vita delle famiglie e per il diritto all’education di ogni bambino e ogni ragazzo. Proprio nel momento in cui non si è potuto accedere alle scuole, ci si è accorti quanto
sia rilevante il fatto che ci siano e soprattutto siano accessibili a tutti.
Le istituzioni scolastiche, come è noto, non riescono a ridurre significativamente le differenze sociali di partenza; la loro chiusura però ha messo in luce come siano ‘almeno’ fattore di contenimento delle diseguaglianze e come le nuove tecnologie da sole siano insufficienti per garantire a ciascuno il diritto ad essere istruito.
Le scuole non sono certo uno strumento ‘perfetto’ per promuovere la socializzazione delle nuove generazioni e la coesione sociale, ma anche in questo caso la loro chiusura ha messo in luce l’indubitabile valore che esse ricoprono per far crescere nei singoli il senso di appartenenza ad una generazione, ad un territorio, ad una comunità; per sviluppare il senso del “noi”, le competenze sociali e civiche.
Il secondo ‘insegnamento’ è emerso con più chiarezza quando si è cominciato a pensare all’auspicabile riapertura. Occorre mettere all’ordine del giorno non solo il grave problema (ben conosciuto) della sicurezza degli edifici scolastici, ma affrontare il tema della grandezza dei singoli istituti scolastici, del numero di alunni di classe congiuntamente ad una riflessione organizzativa e didattica che preveda un utilizzo meno rigido degli spazi e dei tempi. Continuare a pensare all’edificio scolastico solo come contenitore di ‘classi’ e il tempo scuola principalmente come somma di singole ore, non regge ad una domanda crescente di flessibilità didattica.
Un terzo aspetto dal quale imparare, che è stato colto presto, non solo da diversi insegnanti ma anche da numerosi genitori, è stato l’apprezzamento che i bambini e i ragazzi hanno espresso, dopo la passeggera euforia per la vacanza inaspettata, per i momenti durante i quali, grazie ai nuovi media, hanno potuto sentirsi in contatto con i compagni e gli insegnanti, svolgere delle attività didattiche, insomma ‘fare scuola’. Il loro bisogno, chiaramente manifestato, di rapportarsi con altri, di avere ‘appuntamenti’ attraverso i quali vedersi coinvolti e impegnati, ci spinge a riconoscere quanto sia rilevante, per la qualità educativa dell’esperienza scolastica, che ogni alunno sperimenti relazioni significative con i compagni e i docenti e sperimenti negli insegnanti la cura educativa, che si esprime in atti concreti di aiuto, stimolo, attenzione, accompagnamento.
Un quarto ‘insegnamento’, strettamente intrecciato al terzo, che si è fatto evidente nel corso della cosiddetta didattica a distanza, è che insegnare è ben di più parlare ‘di fronte’ a qualcuno, sia che lo si faccia all’interno di un’aula o attraverso uno schermo. Ugualmente è ben di più del ‘far fare qualcosa’ agli alunni. Costretti a ripensare le loro modalità di lavoro, le docenti e i docenti hanno potuto toccare con mano quanto il senso dell’insegnamento risieda nel mettere l’alunno nelle condizioni migliori possibili per imparare e come di conseguenza l’azione didattica comporti il mantenimento di un’interazione con gli alunni e richieda sempre di inserire i singoli momenti e l’utilizzo dei diversi strumenti all’interno di un percorso, curato attraverso una chiara intenzionalità educativa.
Un quinto insegnamento riguarda il carattere collaborativo della professione docente. Le scuole e gli insegnanti che hanno contenuto meglio i disagi dell’emergenza, sono quelle che sono riuscite ad organizzare gruppi di lavoro e di supporto, a fare rete, a realizzare spazi di condivisione dei problemi e di ricerca di possibili soluzioni.
Infine, un sesto aspetto riguarda la necessità di fare tesoro di quanto accaduto in questi mesi per rilanciare in modo nuovo il rapporto tra scuola e famiglia. Durante i mesi di chiusura sono saltati i confini tra l’ambiente ‘scuola’ e l’ambiente ‘casa’; i docenti hanno potuto vedere più direttamente i bambini nella loro situazione domestica e i genitori hanno avuto la possibilità di osservare i propri figli nel ruolo di ‘alunni’. Ciò ha comportato difficoltà, ma anche permesso una rivalorizzazione reciproca dei ruoli tra insegnanti e genitori. Inoltre sono state sperimentate nuove forme di comunicazione tra scuola e famiglia che hanno permesso di contenere il grave disagio di un’improvvisa riorganizzazione delle attività. Queste forme hanno alimentato in certi casi la crescita di uno stile maggiormente attento alla collaborazione.
L’intreccio dei diversi punti di vista e la sperimentazione di nuove forme comunicative possono essere valorizzati al meglio se si coglie l’occasione di quanto accaduto per riporre al centro il tema dell’alleanza educativa scuola- famiglia, definendo meglio i suoi fini, i valori e lo stile che dovrebbe accomunare insegnanti e genitori, i compiti che competono ai diversi ruoli, evitando ad esempio che si carichino i genitori di impropri compiti didattici e o si deleghi completamente agli insegnanti la funzione di regolazione dei comportamenti sociali.
Molte di queste considerazioni che ho provato brevemente a tracciare si possono cogliere nei risultati del percorso che con lungimiranza e grande sensibilità pedagogica l’AIMC del nord Italia ha proposto ai docenti delle scuole dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. Il lavoro svolto e raccolto in queste pagine si presenta prezioso e significativo.
Esso è prezioso perché costituisce una testimonianza diretta di quanto gli insegnanti e le scuole hanno cercato di fare in un momento di assoluta eccezionalità. Ci permette di comprendere quante energie e quanta creatività pedagogica siano state messe in campo; ma anche quante difficoltà ci siano state (e ci siano ancora) dovute a resistenze, mancanza di risorse, ritardi da parte di chi doveva dare linee comuni. Si è soliti dire che anche nel periodo di lockdown la scuola non si è mai fermata; ciò che qui viene raccontato ci consente di cogliere la verità di questa affermazione nella sua complessità, con le diverse luci e le diverse ombre.
Si tratta inoltre di un lavoro significativo, non solo per i contenuti che tratta, ma per il metodo che esprime che possiamo riassumere così: mettere insieme le persone; interrogarsi insieme; imparare insieme.
Giustamente si sottolinea da tempo che la professione docente comporta la cura della dimensione collaborativa e riflessiva. Il lavoro qui proposto ci conferma il valore di questa linea e congiuntamente diventa invito perché le politiche scolastiche mettano davvero a tema un nuovo modo di pensare il lavoro docente e la sua formazione in servizio.

Specifiche

  • Pagine: 161
  • Anno Pubblicazione: 2020
  • Formato: 148/210
  • Isbn: 9788894383249
  • Prezzo copertina: € 12,00

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