Questo saggio sullo scrittore americano David Foster Wallace arriva dieci anni dopo la morte, avvenuta a settembre del 2008. Autore complesso e ricercato, ma anche molto popolare, quasi un cult per una generazione che attraversa la fine del millennio; capace di affrontare con lo stesso piglio la filosofia di Ludwig Wittgenstein e il tennis di Roger Federer, considerare la narrativa come un frattale e ragionare su la serie tv Mary Tyler Moore. Suddiviso in quattro sezioni: 1) storia, 2) letteratura, 3) televisione e 4) filosofia, il saggio, pur non essendo esaustivo, raccoglie i diversi ambiti in cui si articola l’opera di Wallace. L’autore racconta cosa abbia significato la pubblicazione dei testi di D.F. Wallace, alla fine degli anni ’90, per la generazione di studenti delle facoltà umanistiche italiane; lo ‘shock’ provato dopo aver letto E Unibus Pluram, Tennis Tv Trigonometria e Tornadi e racconti come Verso occidente l’impero dirige il suo corso. La fondamentale relazione tra le serie tv, l’ironia e la metafiction, sono gli aspetti centrali nell’esame dell’opera; mentre la filosofia del linguaggio e Wittgenstein sono centrali nella sezione filosofica. Lo scritto accoglie diversi contributi, un’intervista a Martina Testa, una delle traduttrici di Wallace, a lei si devono le traduzioni di Verso occidente e di E Unibus Pluram; un approfondimento con la ricercatrice Chiara Scarlato modifica il paradigma con cui, normalmente, ci si accosta al romanzo Infinite Jest.
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