Il “Diario ottuso”, soprattutto quella specie di mini-romanzo (come lo definisce l’autore) che è il primo capitolo, è uno dei testi fondamentali di Amelia Rosselli. è un diario che cerca il massimo di oggettivazione, spostando il presente al passato e la prima alla terza persona. è un referto narrato a se stessi, monologando, nel tentativo di capire qualcosa che non si piega alle spiegazioni e resta groviglio di fatti e pensieri.
Ma quali sono i fatti? Dove finiscono i fatti e dove cominciano i pensieri? Dietro ogni oggetto apparente si spalanca un archetipo. L’alta temperatura interpretativa rende instabile la superficie normalizzata delle cose, spalancandola in tante inaspettate finestre oniriche, spazi aperti e pozzi senza fondo, celle oscure dell’accecamento in cui possiamo cadere e restare. E ogni “perché” rivolto alla vita è un pozzo senza fondo, o un pozzo che contiene una tetra prigione mentale, un’infernale e carcerario “ombelico del mondo”. Tutto lo spazio della vita di tutti i giorni sembra perforato dal terribile rintocco dei “perché”: come se non ci si potesse rassegnare o pacificare nella certezza, nella stabile convinzione convenzionale di essere qui.
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