Accompagnare il lettore tra le pagine di un libro non è mai facile, sia perché ogni persona che affronta un testo lo fa con motivazioni, emozioni, aspettative e ragioni sue proprie, sia perché ogni libro ha delle caratteristiche e delle trame specifiche che l’autore ben conosce, ma non altrettanto chi si appresta a far da guida.
Ancor più complicata è l’impresa se il libro si presenta come un testo sull’insegnamento della matematica: due realtà, quella della matematica e quella della didattica - la scienza dell’insegnamento, appunto! - che sono tra le meno conosciute e praticate dal grande pubblico, anche delle persone di scuola.
Del resto la scelta della copertina del volume è sintomatica di tale difficoltà: spiega, l’autrice,
“L’immagine riproduce un monumento situato di fronte all’ingresso del Massachusetts Institute of Technology di Boston ed è stata fotografata nel luglio 2012 in occasione della nostra presenza in quella città per incontrare docenti e ricercatori che, come noi, studiano il metodo Lonergan.
È stata scelta come copertina del testo perché bene ne rappresenta l’intento e le finalità: l’involucro di metallo è formato da notazioni numeriche, da simboli matematici, da formule; è cavo e permette ai bambini di entrare all’interno per arrampicarsi, sedersi, procedere di nuovo verso altre direzioni.
Dall’interno di questa struttura essi guardano il mondo esterno; dall’esterno possono guardare dentro o addirittura tuffarsi in quel groviglio di simboli.
Anna Maria Cappelletti
Ha insegnato matematica nelle scuole statali di Monza, nel 1989 ha iniziato a svolgere con IRRSAE, poi IRRE, Lombardia corsi di formazione per docenti di didattica interculturale della matematica e ha condotto laboratori di didattica per vari anni nei corsi SILSIS Milano Bicocca, in corsi AIMC Lombardia e Nazionali, ha scritto articoli per riviste didattiche, partecipa alla scrittura di libri con capitoli su tematiche interculturali della disciplina ( vedi ad esempio “Ricercare e capire legami culturali tra i popoli: tanti esempi possibili dalla matematica” pagg.179 e successive in “Pratiche didattiche di partecipazione e inclusione” – a cura di Mariangela Giusti – Universitas Studiorum- 2018 ) e ha pubblicato libri specifici : “Didattica interculturale della matematica” “Didattica interculturale della geometria ” EMI Bologna 2000 e “Didattica della matematica, come promuovere un apprendimento consapevole” edizione ECOGESES, Roma, aprile 2019.
Primo capitolo
Accompagnare il lettore tra le pagine di un libro non è mai facile, sia perché ogni persona che affronta un testo lo fa con motivazioni, emozioni, aspettative e ragioni sue proprie, sia perché ogni libro ha delle caratteristiche e delle trame specifiche che l’autore ben conosce, ma non altrettanto chi si appresta a far da guida.
Ancor più complicata è l’impresa se il libro si presenta come un testo sull’insegnamento della matematica: due realtà, quella della matematica e quella della didattica - la scienza dell’insegnamento, appunto! - che sono tra le meno conosciute e praticate dal grande pubblico, anche delle persone di scuola.
Del resto la scelta della copertina del volume è sintomatica di tale difficoltà: spiega, l’autrice,
“L’immagine riproduce un monumento situato di fronte all’ingresso del Massachusetts Institute of Technology di Boston ed è stata fotografata nel luglio 2012 in occasione della nostra presenza in quella città per incontrare docenti e ricercatori che, come noi, studiano il metodo Lonergan.
È stata scelta come copertina del testo perché bene ne rappresenta l’intento e le finalità: l’involucro di metallo è formato da notazioni numeriche, da simboli matematici, da formule; è cavo e permette ai bambini di entrare all’interno per arrampicarsi, sedersi, procedere di nuovo verso altre direzioni.
Dall’interno di questa struttura essi guardano il mondo esterno; dall’esterno possono guardare dentro o addirittura tuffarsi in quel groviglio di simboli.
Anche la matematica, come quel monumento, può sembrare una struttura rigida così strutturata da resistere o addirittura respingere chi le si avvicini , ma, come a quei bambini, permette a chi osa avvicinarla o addirittura ci si infila dentro, di godere di prospettive di conoscenza inaspettate.”
Si comincia dunque con lo smontare, fin dall’inizio, uno dei pregiudizi che da sempre hanno accompagnato i tentativi di insegnare la matematica: quello che si tratti di un sistema rigido e inamovibile di conoscenze, alle quali bisogna solo imparare ad accedere trovando le vie più opportune ed accattivanti. Al contrario la matematica è “materia viva”, sia in senso epistemologico (i suoi depositi di conoscenze sono in continua evoluzione), sia in senso storico-sociale (gli studi e le ricerche hanno dimostrato che non esiste una sola forma della matematica, ma che esistono pluversi matematici, che legano i costrutti matematici alle culture ed ai sistemi sociali dei vari gruppi umani del pianeta). Ormai non si parla più di “una disciplina matematica”, ma di “tante matematiche”, sia per la nascita (dalla fine dell’800 in poi) di numerosi e diversi sistemi matematici, basati su postulati diversi (Peano, Cantor, …), sia per le scoperte della Etnomatematica (una specie di Antropologia culturale del pensiero e dei linguaggi della matematica presso i diversi popoli) in virtù delle quali si sono moltiplicate le tecniche di calcolo, di misurazione e di scrittura delle “matematiche”.
La prima ed essenziale tesi per capire il senso di questo libro è, dunque, quella che vi si afferma sin dal suo frontespizio: la matematica, non si “studia”, ma si “fa”, ovvero, come i bambini del monumento, posto davanti al MIT, la si può guardare, toccare, manipolare, “abitare” confrontare, in una parola: “vivere”.
C’è un passaggio, nella prima parte del volume, laddove si parla dei metodi di insegnamento della matematica, nel quale l’autrice esplicitamente si richiama alle pratiche didattiche dell’attivismo (“learning by doing”, “problem solving”, laboratori….), ma va oltre facendo esplicito riferimento alla necessità che i bambini la vivano come parte integrante del loro essere piccoli esploratori curiosi di ogni aspetto della vita, e, quindi, delle quantità e delle forme. Il che significa che, come tutto è lingua, tutto è matematica, che non ci sono oggetti matematici ed altri che non lo sono, che non c’è il laboratorio con le attrezzature specialistiche per studiare la matematica, ma che l’aula, il cortile, la strada ed il parco, la città e il villaggio sono luoghi per lo studio della matematica. Certo il testo propone una serie ricchissima di materiali di lavoro il cui scopo è quello di facilitare l’approccio ai concetti ed alle strutture di una disciplina così rigorosa e precisa, ma lascia sempre aperta la porta a infinite varianti degli stessi ed alla possibilità di crearne sempre di nuovi a seconda dei contesti in cui gli insegnanti sono chiamati ad operare. Non si tratta, dunque, di un eserciziario di matematica, ma della ricostruzione metodologica e concettuale di alcuni percorsi di formazione matematica intrapresi dalla Maestra A. M. Cappelletti nelle classi in cui ha lavorato per più di quarant’anni, dai quali sono stati “distillati” i passaggi essenziali e i riferimenti culturali, storici e metodologici, allo scopo di guidare il lettore “professionale” dentro la materia complessa delle forme matematiche oggetto di studio.
C’è una seconda chiave di lettura, che, ovviamente, si riconnette a quella precedente, ed è quella della focalizzazione di tutti gli itinerari proposti sul bambino e sui suoi processi cognitivi, non solo, ma anche affettivi e sociali. Già perché la matematica (le matematiche) si impara con tutto se stessi, non è un “affare di testa”, la si ”fa” con il corpo, con le sensazioni e le emozioni, con gli amici ed, infine, con la “coscienza”. Molto interessanti sono i passaggi nei quali l’autrice cita i suoi studi sullo sviluppo della coscienza in Lonergan a sostegno della argomentazione che non basta aggiungere un attributo di conoscenza a quel che già si sa, per poter dire di aver imparato, ma occorre anche fare un lavoro di “ricostruzione consapevole” delle modificazioni di sistema che le nuove nozioni hanno imposto a quanto conoscevamo in precedenza. È quel passaggio fondamentale che P. Freire chiamava della “coscientizzazione” dei saperi e che nel linguaggio comune si chiama “riflessione” (o presa di coscienza).
Ci sono molti riferimenti culturali nelle proposte di itinerari matematici proposti dal volume: per spiegare alcuni concetti si fa ricorso, sia a elementi di storia del pensiero matematico, sia a contributi della etnomatemica, sia, infine, alle trasformazioni metodologiche con cui si sono evolute nel tempo le diverse strategie per rendere più efficace l’apprendimento di questa disciplina. Così come, nelle parti del libro, in cui la Maestra Cappelletti accompagna il lettore dentro l’aula in cui lei sta lavorando con i suoi alunni, non mancano mai riferimenti a tecniche didattiche e a strumentazioni le più variate e variabili possibile, proprio in nome di quel “principio di contestualizzazione” che, abbiamo visto essere alla base delle proposte di metodo che vengono fatte.
Desidero, infine, segnalare al lettore una particolarità dello stile di scrittura del testo. Di solito i manuali di didattica (e quelli relativi alle matematiche, in particolare!) hanno una scrittura di tipo molto tecnico nella scelta del lessico e nella composizione sintattica; inoltre, di solito, utilizzano un registro “normativo”, hanno, cioè una intonazione sempre orientata a dire cosa e come si “deve fare”….cosa comprensibile , del resto, dato che un manuale di didattica dovrebbe spiegare a chi legge come si fa a insegnare! Questo libro è assolutamente lontano da questa modalità di comunicazione. Prima di tutto non è un “manuale” in senso stretto ( un libro concepito per dare tutte le istruzioni necessarie a realizzare un insegnamento efficace), bensì un racconto documentato di numerosi e vari itinerari didattici riguardanti alcuni grandi temi della matematica e della geometria. Come tutte le narrazioni, è molto attento ai contesti ed ai momenti di reale scambio tra maestra ed alunni; la scelta di “raccontare l’esperienza” invece che di dire “come si fa” rende il testo assai fruibile anche ai non addetti ai lavori e la lettura scorrevole e piana. Appare, inoltre, molto interessante il continuo rimando alle posizioni teoriche e culturali descritte nella prima parte del libro, che l’Autrice fa all’interno dei racconti dei singoli percorsi di apprendimento realizzati con i suoi alunni. In questo modo emergono “naturalmente” le ragioni che spiegano determinate scelte di metodo ed anche alcune specifiche tecniche utilizzate per affrontare i difficili passaggi dalla esperienza alla sua formalizzazione concettuale.
Abbiamo detto che non è un “manuale” e nemmeno un “trattato” di matematica; che non è una “guida didattica” e neppure un “curricolo” di matematica: di tutti questi generi testuali non ha la sistematicità, mentre si caratterizza per la sua dimensione riflessiva e narrativa. In fondo, mi ha detto l’autrice, è il libro che racconta quarant’anni di insegnamento della matematica nella scuola primaria, nella forma del “distillato”, ovvero della cernita per via di raffinazione dei contributi più rigorosi dal punto di vista scientifico e più efficaci dal punto di vista pragmatico, che la storia del pensiero matematico e pedagogico hanno dato ad una maestra responsabile professionalmente e attenta culturalmente, in modo da supportarla nella difficile impresa di “aiutare ad imparare” le matematiche ed i loro oggetti formali.
Per queste ragioni il libro, anche se piuttosto corposo, è di lettura spedita e gradevole….e poi, non avendo la pretesa di essere un “trattato”, non è obbligatorio leggerlo dalla prima all’ultima pagina, ma si possono adottare strategie di lettura “erratiche”: si può partire da un argomento che interessa (magari posto a metà o alla fine del libro!) e leggendo in maniera esplorativa girovagare per capitoli e paragrafi cui sicuramente la parte che ci ha interessato rimanda per gli approfondimenti o i necessari riferimenti storico-concettuali.
Buona lettura dunque, e soprattutto, buone passeggiate tra i viali delle costruzioni matematiche.
Italo Bassotto