F.B Mondial e Nunzia Manicardi: un binomio di sicuro successo, nuovamente riunito in un altro libro di avvincente lettura e di grande valore storico sempre dedicato al prestigioso marchio motociclistico. "F.B MONDIAL la storia vera e inedita 1952-1954” fa seguito infatti al primo volume "La prodigiosa Mondial di Drusiani 1948-1952” (novembre 2011) ed è anch’esso un’autentica miniera di scoop e di materiali documentari di prima mano e quasi tutti inediti, frutto di lunghe indagini e approfondite riflessioni condotte dall’inesauribile ricercatrice modenese con i testimoni del tempo.
Primo capitolo1952
STOP ALLE CORSE UFFICIALI, SI CORRE SOLO CON I PRIVATI
Dal bialbero al monoalbero
All’inizio degli anni ’50 la Mondial sta cominciando con grande slancio a farsi una propria clientela attratta dai formidabili risultati sportivi ottenuti gareggiando in Italia e all’estero e caratterizzati dalle doti di potenza e velocità del motore unite all’eleganza sobria e decisa del telaio. Le richieste aumentano di continuo e per soddisfarle adeguatamente bisogna finalmente passare a una produzione di serie. È la logica elementare di qualsiasi imprenditore: una ruota che deve sempre girare perché, quando si inceppa… son dolori!
Alla Mondial, ormai F.B Mondial dopo che i Fratelli Boselli hanno rilevato la motocicletta col motore brevettato da Alfonso Drusiani, una sufficiente preparazione imprenditoriale c’è già perché, come sappiamo, i Fratelli Boselli sono da anni titolari della milanese F.B Motocarri e inoltre erano stati, in precedenza, titolari della concessionaria di motociclette GD e CM (e Benelli). Seguendo la logica d’impresa ci si orienta in due direzioni: quella che, secondo le intenzioni, dovrebbe appagare le esigenze della clientela di massa, in un’ottica quindi di macchina utilitaria, e quella che, sempre secondo le intenzioni, dovrebbe invece appagare le ambizioni dei tanti “corridori” dilettanti che si agitavano sulle strade italiane di quegli anni. Clientela comune e clientela sportiva. Solo privata, però, anche in quest’ultimo caso poiché i Boselli nel 1952 decidono di non partecipare più alle corse in veste ufficiale. Essi fanno sapere questa loro volontà con un comunicato stampa datato 26 marzo 1952:
“La F.B. Mondial, in relazione alle pressanti esigenze di fabbrica per la costruzione dei motocicli di serie, tra cui i nuovi modelli di 160 e 200 cc. esposti alla recente Mostra del Ciclo e Motociclo di Milano, comunica che per il momento non partecipa ufficialmente alle competizioni motociclistiche riservandosi di precisare con altro comunicato la sua definitiva condotta al riguardo”.
Non si corre ufficialmente, dunque, tuttavia si corre lo stesso, come ricorda la rivista “La Moto” che, nel pubblicare quanto sopra sul numero del 30 marzo 1952, commenta:
“La decisione della FB-Mondial non pregiudica l’interesse delle gare in quanto sappiamo che la Casa ha venduto a diversi corridori macchine da corsa del tipo monoalbero che alle prove hanno dato risultati strabilianti dimostrandosi in grado di competere vantaggiosamente con le bialbero. La vendita delle macchine ai privati mette inoltre un maggior numero di corridori in grado di lottare ad armi pari ed aumenta l’interesse delle competizioni”.
LE DUE ANIME DELLA NASCENTE PRODUZIONE DI SERIE:
LA “VECCHIA” (4T, SPORTIVA) E LA “NUOVA” (2T, UTILITARIA)
La 125 cc. monoalbero 4T di Drusiani e la 160 cc. 2T con motore F.B.M.
Il nuovo indirizzo sportivo-commerciale impresso dai Fratelli Boselli produce subito i primi frutti. Nascono infatti, da un lato, una motoleggera 125 cc. 4 tempi monoalbero a camme in testa comandato ad ingranaggi e, dall’altro, una motoleggera 160 cc. a 2 tempi: quest’ultima per chi deve viaggiare per necessità, di lavoro oltre che di svago; la prima per chi vuol correre per il proprio piacere personale, anche cimentandosi nelle tante gare locali che abbondavano lungo la Penisola, ormai in preda alla passione motociclistica, esaltante e pressoché alla portata di tutti dopo i tormentosi anni di guerra, di silenzio e stasi.
È proprio grazie a questo clima sociale favorevole che si decide di dar vita e produrre la monoalbero, che si rivelerà all’altezza della fama della precedente bialbero.
A prepararla è ancora Alfonso Drusiani, con gli stessi collaboratori di sempre a partire da quell’équipe motoristica di altissimo livello che si era formata già nell’anteguerra all’interno dell’Officina Drusiani di Bologna in Via Milazzo 32, punto di riferimento fondamentale per la produzione di componenti meccaniche e poi dei motori stessi dei marchi motociclistici bolognesi GD e CM in aggiunta a quelli per motocarro sia F.B che CM e Morini. Bisogna ricordare i loro nomi: Nerio Biavati, Giuseppe Torrici detto il “Moretto”, Omer Melotti, Ruggero Frabboni, Pietro Rambaldi, Renato Sceti. Quest’ultimo però, che aveva svolto un ruolo di assoluto rilievo nella creazione della Mondial primigenia “tipo Faenza”, nel 1952 non c’era già più essendo passato (o, in un certo senso, “rimasto”) alla CM in veste di direttore tecnico dopo che la Casa bolognese nel dopoguerra aveva riaperto i battenti ad opera della moglie e del figlio di Mario Cavedagni, che era rimasto ucciso nel 1940 in un incidente motociclistico in sella con Drusiani (in questa scelta di Renato Sceti, chiamato anche nell’ambiente “René Scetì” alla francese, aveva avuto un peso fondamentale il fatto che egli – già pilota di grande valore con la GD negli anni ’20 e anche, sempre della GD, tecnico di altrettanto valore – fosse genero di Cavedagni).
A questi collaboratori interni vanno poi aggiunti quelli esterni, primo fra tutti Marcello Laurenti, il formidabile modellista bolognese che (coadiuvato dal fratello e da altri familiari) lavorava al fianco non solo di Drusiani ma anche di altri costruttori bolognesi alle cui realizzazioni diede un contributo creativo fondamentale sebbene talvolta trascurato o ignorato da chi in seguito si è occupato di tali argomenti.
Ma… sembra quasi di vederli, Drusiani e i Boselli, alle prese con queste due contrapposte tendenze, quella commerciale e quella sportiva! Perché sarebbero state facilmente conciliabili se ci fossero stati i mezzi sufficienti per entrambe, però il problema è che i mezzi scarseggiavano anche soltanto per ognuna di esse, a cominciare dalla cronica mancanza di strutture e attrezzature per la realizzazione produttiva. Senza considerare il fatto che la Mondial era nata come macchina sportiva dalle connotazioni elitarie, per cui passare adesso alla produzione commerciale del motoveicolo “comune” e utilitario costituiva un’ulteriore sfida nonché una variabile non prevista in precedenza, neppure dagli stessi Drusiani e Boselli. Si sarebbe snaturata nel fare questo nuovo passo o si sarebbe invece concretamente aperta quel mercato di massa che finora aveva soltanto intravisto come potenziale? E, in caso di successo, sarebbe stata in grado di soddisfarlo? Sarebbe riuscita a rispettare i tempi, come sempre stretti, di produzione e consegna? E, innanzitutto, dove le avrebbe prodotte queste nuove motoleggere sia a 2 che a 4 tempi, che finora erano rimaste limitate ai primi 3 o 4 esemplari artigianali della bialbero 125 “tipo Faenza” e agli ancora scarsissimi modelli industriali derivati, cioè la piccolissima serie di 125 e 200 cc. ad aste e bilanceri? Avrebbe avuto modo di appoggiarsi a una valida e sufficiente rete di vendita? Avrebbe potuto godere della necessaria pubblicità? Sarebbe riuscita a battere l’agguerritissima concorrenza motociclistica italiana e straniera e, sullo sfondo, pure quella italiana automobilistica, anch’essa utilitaria...?
C’è poi il problema, affatto irrisorio, del prezzo di vendita. Perché la monoalbero viene messa in vendita a 325.000 lire, un prezzo che è alto per il pubblico ma che nello stesso tempo è per chi la produce… inferiore al prezzo di produzione, che si aggira sulle 500.000 lire! Comunque la monoalbero in giro la si vede e questa visibilità – bella e potente com’è la nuova motocicletta – mette le ali ai sogni di chi la desidera facendo aumentare sia la domanda che l’offerta.