Quando per raccontare una storia, il giallo si mescola al rosso e blu della casacca del Bologna non sai mai se dalla penna uscirà il colore dell’omicidio, quello della vendetta, del mistero o ancora, quello della paura. Hanno provato a scoprirlo i sedici autori di questa antologia che vuole festeggiare il ritorno del Bologna in serie A. Non è certo la prima volta che il Bologna FC scende di categoria per poi risalire nella massima serie, ma questa volta è diverso: la sensazione è quella di essersi lasciati alle spalle una volta per tutte l’inferno. Quello sportivo almeno, perché l’Inferno, quello vero è qui, ogni giorno e non risparmia nemmeno il rettangolo verde: scommesse, illeciti sportivi, scudetti rubati, giustizie sommarie, omicidi, invidie, perversioni, estorsioni, incubi surreali sono solo alcune delle manifestazioni del male che vi condurranno alla scoperta del mondo che si nasconde dietro la carta patinata con i volti dei calciatori e i doppiopetti dei dirigenti, tutti rigorosamente rosso blu. Tutti rigorosamente immaginari, eppure così reali. La prossima volta che andrete allo stadio, guardate chi vi siede accanto: non si può mai sapere.
Dimenticate i cori della curva, la cronaca sportiva, le bandiere e le sciarpe rossoblu. Lasciate che le pagine di questa antologia vi portino in un luogo in cui lo sport è sopraffatto dall’inganno, dove vittoria, pareggio e sconfitta non esistono: si può solo vivere o morire. Un mondo dove il rosso è il colore del sangue e il blu quello del mistero. Gli autori scenderanno in campo con la formazione Arcangeli, Bolognini, Brentani, Caputo, Carollo, De Tomi, Fagnoni, Introna, Lusetti, Martinelli, Masotti, Mundadori, Occhi, Panzacchi, Rispoli, Viviani, e vi costringeranno a un match che non potrete vincere ma solo giocare. Fino alla fine.
Prefazione
Stefano Zanerini
Saranno i colori, sarà l’aria un po’ noir di Bologna, ma parlare di crimini e delitti pensando al Bologna Calcio, non mi pare poi così strano.
Il rosso che immediatamente ci riporta al sangue. Il blu che a volte diventa oscuro come la notte e quel giallo, sventolato sotto il naso di qualche giocatore, o meglio zugadaur, quando eccede in un fallo o in una protesta. Un giallo che diventa nero, nerissimo, e viaggia oltre il novantesimo nella fantasia dei tifosi del Bologna, abituati ormai da tempo, da troppo tempo a soffrire...
Una sofferenza che sfocia, come accade nelle cronache, quelle davvero nere, in un torpore sadico e al tempo stesso estasiante che accompagna una parola che di per sé sarebbe già una malattia: il tifo.
Cosa non si farebbe per quella passione, anzi cosa non si fa. E comunque nel cuore e nella mente del vero tifoso, rimarranno scolpite più le delusioni che le gioie, più le sofferenze che le soddisfazioni. Veri e propri delitti, perpetrati ogni anno ad ogni stagione, in maniera quasi metodica nell’intimo del vero tifoso.
Quante volte l’uomo della curva è stato ucciso? E quante volte è stato testimone inconsapevole della morte del calcio?
I gradoni del Dall’Ara trasudano sangue e lacrime. Basta il nome a ricordarlo. Sangue amaro, sangue ribollente, sangue donato alla giusta causa, ma non per tutti, del Calcio.
Quel Calcio che si offre, che ti arriva forte nella bocca dello stomaco quando esci sconfitto meritatamente, e che ti addolora ancor di più quando gli avversari vincono immeritatamente.
Senza considerare tutto ciò che circonda il mondo del Calcio. Quelle situazioni oggetto di sociopatia acuta in cui tutto si estremizza. L’avversario deve morire, il tifoso dell’altra sponda non deve fare ritorno a casa... Non sono altro che pensieri reconditi, estremi, ma a volte reali che accompagnano la vita vissuta allo stadio.
È un’altra dimensione, un mondo che s’intreccia con altri mondi. Basta guardare la curva, quella colorita curva che porta un nome glorioso, dedicata a chi ha rappresentato da sempre lo stile bolognese non solo calcistico, per capire quante vite, diverse e discontinue s’intrecciano in un’unica passione. In un unico alibi. Amare il Bologna.
E come per ogni passione così forte, il tradimento, diretto o indiretto è dietro l’angolo. Anzi al di sopra del “proprio gradone”.
Nulla di esagerato, ma solo quella parte della mente che riconosce nel gesto sportivo, nell’ingiustizia subita o in quella giustizia invece sommaria, i parametri di riconoscimento del nostro lato oscuro. Un po’ come quando in mezzo alla strada, guidando una vettura piuttosto che un motociclo, diventiamo qualcosa di diverso da ciò che noi siamo.
In fondo un rigore non dato “è un delitto”. Una partita persa quando i punti contano diventa “una strage”. Gli avversari a tinte ben note, senza tonalità di grigio diventano di fatto “serial killer” con il loro modo avvilente di dominare il calcio. E la “polizia” o “federazione” che dir si voglia non sempre riesce a vigilare...
Parlare di “delitti” quindi è normale. Atti criminosi che accompagnano quella partita di calcio, a cui ancora non abbiamo fatto l’abitudine e che possono essere raccontati in maniera parallela, dissociata.
C’è un solo modo per poterlo fare. Girare questa pagine e scoprirne gli assassini...
Stefano Zanerini
giornalista ma sopratutto tifoso