A ventitré anni Ariel Rinaldi ha già scoperto quanto l’amore possa ferire. Finalmente è riuscita a voltare pagina. Lavora come Fisioterapista e trascorre le sue giornate dividendosi tra il lavoro e le poche amiche che le sono rimaste. Il suo piano è tenersi lontana da tutto quello che l’ha fatta soffrire e fino ad ora c’è sempre riuscita. Tutto cambia quando incontra Yuri Costa. Divertente, premuroso, comprensivo, Yuri ha tutte le caratteristiche per far innamorare una donna. Ed è per questo che Ariel si tiene a distanza da lui. Perché quel ragazzo dagli occhi azzurri, con la sua allegria e una giusta dose di sensualità, la spinge a desiderare di nuovo un futuro. Eppure, anche lo sguardo di Yuri a volte si rabbuia. Anche lui porta un grosso peso sulle spalle e nasconde il dolore dietro una maschera di ironia. Ma l’amore può curare le ferite ed entrambi scoprono per la prima volta cosa significhi amare davvero. Proprio quando sembra che ogni cosa stia andando per il verso giusto, però, un evento scioccante rimetterà di nuovo tutto in discussione. Riuscirà l’amore a trionfare?
Primo capitoloPrologo
Mancano meno di dieci minuti. Ho chiesto di restare solo per un istante. Il sangue mi pompa nelle vene e i miei muscoli sono contratti. Il respiro inizia a diventare più profondo, pesante, mentre un rivolo di sudore mi scende lungo la tempia. Chiudo gli occhi e mi concedo un respiro liberatorio. Il nervosismo che sto avvertendo è una sensazione sconosciuta per me. Fino ad ora ho sempre avuto la certezza di come sarebbe andata a finire, ma non questa volta.
Oggi è tutto diverso.
Lui è diverso, e lo sono anche io, e so per certo che una sola mossa sbagliata potrebbe significare la fine per me.
Sciolgo i muscoli delle spalle e del collo e mi guardo allo specchio. I miei occhi riflettono il turbamento che sto provando.
Non va affatto bene.
Concedersi il lusso di provare sentimenti rende vulnerabili e fa scoprire i propri punti deboli. Peccato che oggi questo insegnamento non funzioni più con me. Non dopo tutto quello che è accaduto.
Bussano alla porta. È ora.
Mi avvio verso l’uscita cercando di lasciarmi alle spalle il turbinio di pensieri che mi passano per la testa. Devo riprendere il controllo.
La folla ammassata davanti a me si divide per consentirmi di entrare nella gabbia, ricompattandosi un attimo dopo alle mie spalle. Mi ritrovo davanti a lui al centro del ring.
Ci fissiamo. Nessuno dei due è intenzionato ad abbassare lo sguardo. Mio padre mi lancia frasi di incoraggiamento ma io registro a stento le sue parole.
La voce dell’arbitro che ricorda le regole mi arriva da lontano perché la mia attenzione è tutta rivolta alla persona che ho di fronte.
Da come mi guarda sembra avere tutta l’intenzione di farmi a pezzi. Sbuffa dal naso e fa profondi respiri dalla bocca mentre saltella sul posto da un piede all’altro.
Veniamo condotti ai nostri rispettivi angoli. Sono consapevole che l’incontro di oggi sarà il più duro al quale ho mai partecipato, per più ragioni, e una di esse mi sta osservando in questo momento con quei suoi meravigliosi occhi grigi e il cuore diviso a metà.
Al suono del gong, il mio avversario fa un passo in avanti. Mi piazza una serie di calci al ginocchio sinistro in rapida successione, cogliendomi impreparato. Mi allontano da lui, ma la distanza di sicurezza che mi sono guadagnato non è abbastanza lunga da consentirmi di riprendere fiato. Mi sorprende di nuovo sferrando tre pugni micidiali alle costole e ancora due calci alginocchio.
I suoi colpi sono proprio come me li ero immaginati, duri e pesanti. Riesco in qualche modo a difendermi fino al suono del gong e torno al mio angolo. Per ora ha il controllo totale dell’incontro.
Il secondo round procede come il primo. Continua il suo assalto al mio ginocchio. Cerco di reagire, ma lui mi sferra un pugno in pieno viso. Il mento mi finisce all’indietro facendomi sbattere la testa contro la gabbia alle mie spalle.
Mi fischiano le orecchie per la potenza del colpo e l’urto mi fa vedere letteralmente le stelle. Pulisco con la mano le gocce di sangue e saliva uscite dalla mia bocca mentre cerco di metterlo a fuoco.
Non ho mai faticato tanto quanto oggi.
I lottatori con cui mi sono battuto in passato non reggono il confronto con lui. Ho rispetto per chi ho di fronte e non appena i miei occhi vedranno abbastanza bene da capire quale tra le tre figure che sto vedendo sia il mio reale avversario, non esiterò a colpire duro.
Ci giriamo attorno, impegnati entrambi a scrutarci. Mentre ci fissiamo il mondo attorno a me scompare all’improvviso. I suoni e le urla del pubblico si affievoliscono.
È il momento di agire.
Con uno scatto veloce, lo attacco duramente, sferrando una serie di pugni e gomitate al viso e al costato. Lui indietreggia e si copre il volto con le mani. È la prima volta che si trova in una posizione di svantaggio e capisco che la cosa lo sta rendendo nervoso.
Approfitto di questo suo momento di distrazione per scattare in avanti e sferrargli un pugno in pieno viso.
Il forte impatto gli procura un taglio al sopracciglio destro, seguito da un urlo di dolore. Scuote la testa per recuperare la vista che si è momentaneamente annebbiata. Sferro tre calci alla sua gamba facendolo cadere aterra.
Mi avvento su di lui e lo stringo in una presa di sottomissione mentre lui strizza gli occhi per cercare di vedermi attraverso la cortina di sangue che gli esce dalla ferita.
Il suono del gong lo salva da una resa sicura. Questa volta sono stato io ad avere la meglio su di lui.
Torno al mio angolo zoppicando. Il ginocchio è messo male.
Approfitto dei pochi attimi di pausa per elaborare una strategia d’attacco.
La campanella segna l’inizio del terzo e ultimo round. Cammino verso di lui cercando di mantenere una presenza minacciosa. Sollevo il mento quel tanto che basta per fissare i suoi occhi scuri puntati su di me. È davvero un osso duro. Quello che si dice di lui è vero, per mia sfortuna. Per questo nessuno ha mai accettato volentieri di battersi contro di lui.
Nessuno tranne me.
Non ho paura di lui. Sono grosso abbastanza da non temere nessuno, ma ho i miei buoni motivi se nemmeno io ho mai desiderato questo incontro.
Mi concentro, di nuovo, sul suo ginocchio e paro un paio di colpi mentre lui riesce a sferrarmi un calcio nelle costole talmente forte da togliermi il respiro.
Poi, accade tutto velocemente.
Un pugno lo colpisce alle tempie proprio mentre io ricevo lo stesso colpo nello stesso punto. Per un attimo tutto diventa nero. Avverto un forte dolore. Scuoto la testa per recuperare la vista che si è annebbiata, giusto il tempo di vederlo cadere esanime a terra.
Le urla della folla non mi impediscono di udire quel grido terrorizzato che non avrei mai voluto sentire a bordo ring.
In un lampo, viene circondato dal suo allenatore e dai paramedici mentre io vengo portato al mio angolo. Il mio respiro è veloce, troppo veloce. La vista si appanna di nuovo, mi assale una forte nausea. I pensieri combattono contro il buio e la confusione.
Mi lascio inghiottire dal buco nero che mi circonda. Non sento più nulla, né il dolore né le urla, solo un silenzio disarmante.