La gioia finale, dice la fede cristiana, è opera solo di Dio.
Ma gli uomini possono e debbono fare la loro parte anche se in confronto a ciò che fa Dio questo è quasi niente.
Ma questo niente è bellissimo e degno di fatica e passione.
L’etica cristiana si trova in una posizione paradossale. Da una parte l’insegnamento di Gesù appare costituito di indicazioni di natura morale («ma io vi dico…»): il cristianesimo viene così riconosciuto, nella storia e nel mondo, per la sua capacità di trasformare atteggiamenti, rapporti personali, valori umani. Dall’altra parte la grazia, ugualmente al centro del messaggio cristiano, pare respingere sullo sfondo tutte le pretese della moralità. Qualsiasi cosa si debba e possa fare, non è questo che alla fine salverà, anzi è proprio la fiducia nella propria bontà che perde l’uomo: «Pubblicani e prostitute vi precedono nel regno dei Cieli».
Dare troppa importanza all’etica sarebbe un moralismo che tradisce le intenzioni di Gesù. Buona parte della storia del pensiero cristiano, fino ai giorni d’oggi, può essere interpretata come il tentativo di trovare una compensazione o un accordo tra queste esigenze contrapposte. Ma anche mantenerle nella loro stridente differenza significa portare l’attenzione su quel niente che è tutto ciò che l’uomo può fare e riscoprire il valore e il sapore di uno dei paradossi fondamentali del cristianesimo.
L’AUTORE - Giovanni Salmeri (1966), ha studiato Teologia presso la Pontificia Università Lateranense e Filosofia presso l’Università di Roma Tor Vergata, dove è professore associato di Storia del pensiero teologico. Si interessa soprattutto del valore antropologico della filosofia e del rapporto tra razionalità filosofica e tradizione cristiana, temi che costituiscono lo sfondo dei corsi che tiene all’Università. Tra le sue più recenti pubblicazioni Ancora l’uomo. Una piccola introduzione alla filosofia, Siena 2011; Determinazioni dell’affetto, Roma 2013.