“Le poesie di Marta Fiandri non sono nuove, vengono da lontano. Sono fatte di versi brevi, poche parole con eleganza messe lì, in piccola croce sul bianco della pagina, e si mettono a pregare. In bilico “tra nuvole e radici” come consapevoli che è proprio l’uomo ad essere il “confine” tra la terra e il cielo. Il bianco dell’onda.
Il mare, in queste poesie, oltre ad essere luogo concreto di acqua, onde, sabbia bagnasciuga, è quel confine decisivo, lo spazio (interiore, per dirla con Rilke) in cui si sente la voce dell’amore, quella di Dio, che mette “radici” dove “tutto è cambiamento”, divenire. Voce che crea, vita che sbuca in germogli, li accarezza. Sarebbe riduttivo chiamare queste poesie “religiose”. Meritano un appellativo oltre, bisogna dirle cristiane, forse di più, confessionali: perché sono avvolte in un mistero che è spiegato in battesimi, resurrezioni, attese (avventi) che muovono “in avanti”, fioriture come botte divine, contro ogni paura.
È un salmodiare lento, “a bassa voce”, che Marta suggerisce come metodo di poesia, di vita, e metodo di amore. Anche alla storia, d’amore, che gentile prende forma nelle due sezioni centrali del libro, racconta per istanti e fotogrammi. Una storia d’amore giovane, che sì nasce, cresce e finisce in un senso cronologico, stagionale dunque terreno (“non basta la forza che lega gli amanti”), ma è salvata nell’autenticità che è conoscenza, “vera esistenza”, “pace che quando arriva è senza tempo” e rimane grazia.
Per questo dicevo che le poesie di Marta vengono da lontano. Perché solo con l’amore esistiamo, solo nell’amore.”