Il De topicis differentiis di Severino Boezio (ca. 480-524 d. C.) venne composto intorno al 522 d. C., poco prima della carcerazione e morte del filosofo romano. L’opera illustra l’arte con cui è possibile risolvere ogni genere di quaestio. Boezio ereditava tale insegnamento da una duplice tradizione, greca e latina. Alla luce delle divergenze riscontrate, lo studioso romano intraprese la stesura del De topicis differentiis proprio allo scopo di mostrare la possibile via di conciliazione tra quelle due tradizioni filosofiche. La dottrina dei luoghi operativi della mente, infatti, avrebbe dovuto permettere il superamento dell’opposizione tra dialettica e retorica – un contrasto affine, per certi versi, a quello odierno tra filosofia analitica e filosofia ermeneutica. Boezio è riuscito, in questo modo, a trasmettere al mondo latino una visione unitaria della materia, ripristinando la centralità che i tópoi (in latino loci) avevano avuto all’interno della logica aristotelica e ristabilendo la loro più nobile funzione, quella di essere strumenti a servizio della ricerca della verità. Il presente studio offre un’attenta ricostruzione della struttura dell’opera boeziana, ne ripercorre e valuta le fonti, ne indaga le implicazioni, e spiega perché il De topicis differentiis resti un’opera capitale per chiunque voglia capire gli sviluppi della logica europea attraverso il Medio Evo e il Rinascimento.