In cabina. Il Diario di un uomo come tanti ma che guarda al suo mondo, al nostro mondo quotidiano, da una prospettiva insolita: quella di chi sta due metri sopra l’asfalto. Una prospettiva che ha una sola ed unica ragione d’essere: la passione. Merce molto rara ai nostri giorni. Merce così rara che quando la s’incontra non si può che sentirsi fortunati. Ed è così che mi sento io ora nello scrivere queste poche righe... fortunata di aver incontrato un uomo che si considera a sua volta baciato dalla dea bendata perché gli è stato permesso di fare la professione che sognava: il camionista! (Sonia Pampuri)
Primo capitoloFaccio il camionista
2 gennaio 2012
Faccio il camionista perché lo sono. Me lo sento dentro dopo vent’anni condivisi con asfalto, gasolio, cambio Fuller, ZF e automatico. E nemmeno saprei che fare di diverso dopo tutti questi anni, vissuti a due metri da terra, correndo di notte e di giorno immerso nella mia esclusiva solitudine da persona errante. Da moderno guerriero su cavallo meccanico. Non fermarsi mai, in un viaggiare che assume connotati diversi a seconda di come ci si sente, di dove si va. Viaggiare per lavoro, tirando un autotreno che quando lo guardo, ancora mi stupisco e mi dico bravo per quanto è grande eppure agile, grazie alle mie manovre. Poche volte è divertente ma spesso è istruttivo. Mille distanze, mete e partenze da coprire, raggiungere, fare. Ora dopo ora, giorno dopo giorno. Anno dopo anno. Cose che fanno piegare un po’ le spalle, che fanno zoppicare per la sciatica che inevitabilmente colpisce tutti, che solcano con fare sgraziato i volti, con rughe decise. Ma regalano, per chi se ne accorge, una visuale diversa, ampia, profonda. Di se stessi e di ciò che ci circonda. Portano in dote un’esperienza personale unica, che forgia il carattere, la personalità. Un arricchimento visivo, sensitivo e cognitivo difficilmente eguagliabile “dagli altri” che fanno parte di quel mondo là, sempre fermo. Invece noi siamo questo mondo qua, sempre in movimento. Fare il camionista ti fa imbattere, ti fa impattare con una vita spartana, dura. A volte sporca e cattiva. Quante volte raccontiamo aneddoti, avventure e disavventure che ai più sembrano storie da film di serie B? Invece è la nostra realtà quotidiana, il nostro vivere viaggiando. Fare il camionista vuol dire tante cose assieme ma io non riesco a scrollarmi di dosso questa visione epica ed eroica che ci circonda in un alone di energia speciale. Un pensare e vivere questo lavoro che mi è dentro e che sussulta a ogni nuovo viaggio da compiere, a ogni nuovo spazio da macinare, a ogni nuovo posto raggiunto. Fare il camionista vuol dire ingoiare amaro, subire angherie, sopportare tante, troppe situazioni contro, che esistono e si sono consolidate da tanti anni. E allora parolacce e non solo, si sprecano. E allora fa male e rabbia vedere moltitudini di noi che hanno perso, da tempo, qualsiasi romanticismo per questa passione trasformata in fatica che fa tenere la testa bassa. Ma non demordo, non mi rassegno e sono convinto che sotto a tanta delusione, viva ancora nella maggior parte dei camionisti, la voglia di godere di una passione che può ancora dare molto se ci si attiva tutti per una bella pulizia generale. C’è una canzone che dice: sparami sparami e io sarò sempre meno quello che pensi.
Ecco, più inquinano il mio mondo fantastico, più mi ribello e alimento il mio desiderio di continuare a credere e a sentirmi forte di un comparto lavorativo sfruttato, sgangherato, oltraggiato ma vivo e indispensabile.