Sua madre e sua zia le dicevano spesso che la sua bellezza le avrebbe aperto tante porte, ma che le avrebbe causato anche tanto dolore, tutti avrebbero visto in lei una bambola vuota, dimenticandosi che lei aveva un cuore, ma soprattutto un cervello.
Entrò in cucina e vide il tavolo apparecchiato per la colazione, solo per lei, di fianco alla tazza una rosa e un biglietto con il suo nome. Inizia così il peggior incubo di Veronica, in poche ore scopre che il marito ha perso tutto, villa e patrimonio. Decisa a capire come possa essere successo, alla notizia della morte, cerca tra i documenti del marito ma quello che trova le sembra surreale. Mentre pensa a un modo per risalire dal burrone, suona il cellulare, legge il numero e il suo cuore perde un colpo. Quanto ha desiderato e temuto che lui la chiamasse negli ultimi dieci anni.
Capitolo 1
Parma, mercoledì 11 Aprile 2016
Veronica si svegliò, allungò la mano di fianco a lei, il letto era freddo. Sentì una morsa stringerle il cuore. Che strano, era la stessa sensazione che aveva provato quando il dottore le aveva detto che non avrebbe più rivisto sua madre, allora aveva dodici anni. Si alzò, aprì la porta del bagno, «vuoto, scese le scale chiamando il marito:
«Walter! Walter… dove sei?»
Entrò in cucina e vide il tavolo apparecchiato per la colazione, solo per lei, di fianco alla tazza una rosa e un biglietto con il suo nome
Sentì la terra franarle sotto i piedi, non riusciva a capire le proprie sensazioni, era sposata con Walter da dieci anni, vivevano in una meravigliosa villa sulle colline parmensi, il lavoro di suo marito e un’eredità che lui aveva ricevuto, permetteva loro di vivere come volevano, avevano tutto, mancava solo un figlio che non erano riusciti ad avere. Per questo motivo non riusciva a capire il senso di panico che si era impadronito di lei.
Si sedette e aprì il biglietto:
“Veronica, amore mio, il mio desiderio più grande è vederti felice, avrei voluto darti tutto, ma non ci sono riuscito, investimenti sbagliati e altre cose hanno consumato tutto, nel cercare di rimediare ho prelevato dei soldi dal fondo della ditta, Umberto se ne è accorto e ha minacciato di denunciarmi, l’unico modo per fermarlo è il tuo corpo, la paura del disonore mi ha costretto a fare una cosa che ora mi fa più male che vedere il mio nome infangato, ho firmato un foglio dove dichiaro che il mio debito sarà pagato da te. Mi vergogno immensamente, ma ormai l’ho fatto, ho pensato che forse per te non dovrebbe essere così difficile, ti ho conosciuto in un night club. Perdonami se puoi, io non ci riesco, per questo non mi vedrai più.
Addio amore mio.
Walter”
Veronica lesse e rilesse quelle poche righe, senza riuscire a credere a ciò che lui aveva scritto, sicuramente era uno scherzo, di pessimo gusto, ma uno scherzo. Lo chiamò al cellulare ma non ricevette risposta, decise di cercarlo in ditta:
«Buongiorno, sono la signora Ferroni, potrei parlare con mio marito.»
«Mi dispiace ma non è ancora arrivato, se vuole le passo il signor Umberto…»
«No grazie, richiamo io più tardi.»
Non voleva parlare con Umberto prima di aver capito bene cos’era successo.
Rilesse il biglietto: “Investimenti sbagliati e altre cose hanno consumato tutto”.
Tutto cosa? Il suo patrimonio? Non avevano più soldi? Ma se le aveva regalato un’auto costosissima solo pochi mesi prima, il giorno del suo trentasettesimo compleanno. “Nel cercare di rimediare ho prelevato dei soldi dal fondo della ditta”.
Perché non ne aveva parlato con lei? Avrebbero potuto vendere l’auto, la casa, la barca, lei aveva dei soldi, avrebbe potuto darglieli.
“Ho firmato un foglio dove dichiaro che il mio debito sarà pagato da te”. Per pagare i debiti sarebbe dovuta andare a letto con Umberto? Una persona viscida e immorale. Walter non poteva volere questo. Non se l’amava. Se veramente l’amava allora perché aveva scritto: “Per te non dovrebbe essere così difficile, ti ho conosciuto in un night”. Era vero, si erano conosciuti in un Night Club, ma lei stava servendo al bar, non era una escort, non aveva mai venduto il suo corpo. Quando gli aveva chiesto di non parlare del passato, era solo perché non voleva parlare della sua famiglia, non aveva mai pensato che lui l’avesse reputata una prostituta. Doveva essere uno scherzo, sì, sicuramente era uno scherzo, lui l’amava, non poteva essere vero. Doveva capire, fece colazione, si preparò e uscì di casa per raggiungere la ditta del marito.
Usando il bluetooth della macchina riprovò diverse volte a richiamare il marito, ma il telefono suonava a vuoto.
All’ingresso di Parma, fu fermata dai Carabinieri per un controllo, lei consegnò i documenti per la registrazione e l’ufficiale raggiunse il collega, li vide digitare i suoi dati, poi i due uomini parlarono tra loro, raggiunsero l’auto e uno dei due le disse: «Signora, mi dispiace, siamo costretti a requisire la macchina, risulta pignorata su richiesta del concessionario.»
«Mi scusi. È impossibile, mi è appena stata regalata da mio marito, per favore ricontrolli.»
«Mi dispiace ma abbiamo controllato due volte, sicuramente è un errore, ma noi non possiamo lasciarla andare.»
«Ma cosa devo fare? Mi arrestate?»
«No signora, non si preoccupi, siamo costretti a fermare l’auto, ma le chiamiamo un taxi, l’importante che resti a disposizione nel caso avessimo bisogno di contattarla.»
«Aspettate, provo a richiamare mio marito.»
Niente, per l’ennesima volta non ricevette risposta; il suo viso era distorto dal panico.
«Vi ringrazio, spero che sia solo un brutto sogno.»
Il carabiniere era profondamente dispiaciuto, Veronica era una donna bellissima, ma quello che lo aveva colpito erano gli occhi, pieni di panico e paura, non se la sentiva di lasciarla sola.
«Se avesse bisogno non esiti a contattarmi» le disse consegnandole un biglietto sul quale aveva appena scritto il suo numero di cellulare.
«Sarò a sua completa disposizione.»
«La ringrazio, parlerò con il concessionario e risolverò tutto.»
«Facciamo una cosa, l’accompagniamo noi dal concessionario, lei salga in auto con me e dia le chiavi dell’auto al mio collega.»
Quando il concessionario vide Veronica entrare seguita dai carabinieri, si alzò dalla scrivania e li raggiunse rivolgendosi alla donna in tono brusco.
«Finalmente, speriamo che l’auto non abbia subito danni, non capisco certe persone, se non ti puoi permettere questo tipo di auto, è inutile comperarle.»
«Per favore, non usi questo tono con la signora, entriamo in ufficio e parliamo da persone civili» disse il Maresciallo al concessionario, con un tono che non ammetteva repliche.
«I fatti sono molto semplici, il marito della signora, tre mesi fa, ha ritirato l’auto Porsche Cayenne che aveva ordinato per la moglie, ha pagato con un assegno che è risultato scoperto, lo abbiamo contattato diverse volte, ma lui ha sempre accampato scuse.»
Veronica sentì il pavimento aprirsi sotto i piedi. Era tutto vero, doveva risolvere la cosa e uscire all’aria fresca, aveva bisogno di pensare.
«Scusate, per favore mi dice quanto le deve mio marito?» chiese con voce tremante.
Quando il concessionario disse la cifra, lei prese dalla borsa il carnet con gli assegni del conto personale e dopo averne compilato uno con l’importo dovuto, lo consegnò. Il concessionario lo prese titubante.
«Non si preoccupi, può ritirarlo tranquillamente, altrimenti telefoni alla Suisse banca e chieda se è scoperto.»
Il concessionario scettico telefonò alla banca e dopo aver avuto conferma della copertura dell’assegno, lo intascò consegnando le chiavi a Veronica.
«Mi scusi» disse il Carabiniere rivolgendosi all’uomo. «Mi sembra che manchi qualcosa.»
«Cosa? La signora ha pagato quindi siamo a posto.»
«Io penso che la signora meriti le sue scuse, è stata trattata come una ladra mentre non lo era.»
«Ma io non potevo sapere…»
«Appunto, neanche la signora, l’auto le è stata regalata, lei non poteva sapere che non era stata pagata, prima di insultarla, avrebbe dovuto spiegare con calma i fatti. Chieda scusa.»
«Lasci stare, la cosa importante è che io possa uscire subito a respirare aria pulita. La prego, tolga subito la denuncia, non voglio essere fermata un’altra volta» disse Veronica alzandosi e uscendo, quasi correndo, dall’ufficio.
Riprovò per l’ennesima volta a telefonare al marito, ora il cellulare risultava non raggiungibile.
«Signora Veronica, è stato tutto risolto, il concessionario ha tolto la denuncia e noi adesso rientriamo in sede e togliamo la segnalazione, se avesse bisogno, non esiti a contattarci.»
Veronica ringraziò gli agenti e, salita in macchina, si diresse verso la sede della ditta di suo marito.
La macchina di Walter non era nel parcheggio, questo non era un bel segno, entrò negli uffici, si rivolse alla reception e chiese di parlare con il marito.
«Mi dispiace, il signor Ferroni non è in ufficio, vuole parlare con il signor Parenti?»
«No grazie, ripasso più tardi. Buongiorno.»
Era sempre più frastornata, non capiva dov’era Walter, perché non rispondeva al cellulare.
«Veronica Veronica.»
Lei senti il cuore fermarsi, non voleva incontrare Umberto prima di aver chiarito.
«Ciao Umberto, cercavo Walter.»
«Si sarà nascosto dalla vergogna» disse Umberto, con tono gelido.
«Vieni, dobbiamo parlare.» Lei lo seguì nel suo ufficio, si sedette di fronte alla scrivania e, con le mani posate sulle gambe, attese.
«È inutile perdere tempo, tuo marito ha rubato centomila euro dalla cassa della ditta circa un anno fa, ho fatto finta di non accorgermene ma lui non lo ha più restituito, quando l’ho affrontato e gli ho chiesto la restituzione, lui è scoppiato in lacrime, non avete più niente, la vostra casa è ipotecata, i gioielli di famiglia venduti, in parole povere siete pieni di debiti.»
«Com’è possibile? Le proprietà, i conti in banca…»
«Azioni sbagliate e la vita vissuta al di sopra delle vostre possibilità, lui era più vecchio di te e sapeva che per poterti avere doveva dare il massimo.»
«Ma il lavoro che svolgeva a Venezia diceva che fruttava molto.»
«A Venezia visitava solo il casinò e quello è servito a fargli perdere gli ultimi soldi rimasti. Sono cose che non mi riguardano, a me interessa soltanto questo» disse consegnandole un foglio piegato a Veronica.
Lei sentì mancare il respiro, si fece forza e iniziò a leggere:
“Io Walter Ferroni, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dichiaro di aver rubato al mio socio e alla ditta centomila euro, se non riesco a restituire il tutto entro un mese da oggi, il mio debito sarà pagato da mia moglie. Umberto avrà diritto ad un fine settimana con lei.
In fede Ferroni Walter
10 Marzo 2012”
Veronica strappò il foglio in mille pezzi.