Impiegai qualche tempo prima di trovare la strada per incominciare a scrivere. L’argomento l’avevo a portata di mano, era il mio lavoro che avevo iniziato da ragazzo: "la moda di abbigliamento”.
Posso dire di aver iniziato dal basso, come tanti stilisti ancora in attività. Pensai che questo libro potesse essere utile a molte persone, particolarmente a chi iniziava questa attività o a chi già la svolgeva ma anche a tante altre persone giovani e non giovani che desideravano sapere qualcosa di più approfondito di questo mestiere, tanto affascinante da vedere (sfilate, modelle, gossip) ma molto difficile per inserirsi a livello lavorativo.
Non troverete date precise ma saranno gli avvenimenti che vi daranno un’idea approssimativa della data. Questo libro è in parte autobiografico e in parte frutto dell’immaginazione dell’autore. Credo non sia una lettura ‘usa e getta’ ma qualcosa di diverso e che leggendolo si possano trovare delle situazioni che riguardano tutti noi, risolte o da risolvere.
Avevo sedici anni quando mio padre, senza tanti preamboli, mi disse: “Vista la tua scarsa propensione per lo studio, forse nel lavoro troverai la strada giusta”. Quindi proseguì: “Ho parlato con tuo cugino Gastone, è disposto ad assumerti nel suo magazzino per un periodo di prova. Quando vuoi iniziare, lui ti aspetta”.
Fui colto di sorpresa, anche se condividevo la sua decisione. Quasi improvvisamente mi accorsi che stava per iniziare un importante cambiamento nella mia vita. Non dovevo più pensare alla scuola, dove non ero riuscito ad esprimermi. Forse speravo qualcosa di più dagli insegnati, forse ero io che non capivo quello che si aspettavano da me.
Mi presentai da mio cugino il giorno seguente. Volevo farmi apprezzare, non volevo deludere mio padre e soprattutto me stesso. Gastone mi accolse bene e in poche parole mi spiegò le mie mansioni: ogni mattina fare le pulizia del magazzino, aprire scatoloni di merce e tante altre piccole cose che agevolassero il lavoro dei colleghi. Servire i clienti con velocità era prioritario.
Il magazzino forniva tutto ciò che serviva per i confezionisti di maglieria e tessuti. L’ambiente era molto ampio, vi lavoravano quindici persone, donne e uomini, più due impiegate in ufficio.
I miei nuovi colleghi furono molto gentili con me e mi aiutarono a inserirmi nell’ambiente; mi trovai subito bene ed essendo il più giovane avevano tutti un occhio di riguardo.
Il tempo trascorreva, stavo imparando velocemente. A volte non riuscivo a capire me stesso: a scuola ero distratto, stanco di rimanere seduto per parecchio tempo, avevo una scarsa memoria, mentre qui imparai velocemente il posizionamento di centinaia di articoli.
Dopo i primi tre mesi di prova, mio cugino informò mio padre di essere soddisfatto del mio comportamento sul lavoro. Fui così assunto regolarmente. Mio padre fu molto felice, mi lodò e mi disse: “Questo posto di lavoro è dignitoso e sicuro, sappilo conservare”.
Ricevetti un ottimo stipendio, in più ricevevo personalmente da mio cugino una busta contenente altro denaro, cosa che sicuramente poteva fare, ma al di là di questo lo trovavo molto generoso.
Mio padre mi procurò un libretto bancario sul quale ogni mese versavo una certa cifra. Attraverso il denaro imparai ad avere confidenza con i numeri. Adesso capivo quanto fossero importanti mentre a scuola erano il mio punto debole. Avevo anche una mia cassetta personale dove accumulavo altro denaro proveniente da mance e con soddisfazione mi dicevo: “Questo è mio”.
Mi concedevo volentieri l’acquisto di qualche capo di abbigliamento,la moda mi attraeva. In questo periodo pensavo a divertirmi con gli amici ed ad avere una qualche storiella con le ragazzine. Quando si entra nel mondo del lavoro è importante maturare in fretta se vuoi arrivare a scalare qualche gradino.
Ora la mia mansione era diventata quella di servire i clienti, non ero più adatto alle pulizie. Questa promozione mi diede una grande soddisfazione personale oltre all’aumento di stipendio. Questi cambiamenti mi diedero quasi improvvisamente un’altra considerazione di me stesso, stavo migliorando.
Mi accorsi che questo mestiere stava diventando monotono, guardando i miei colleghi di lavoro capivo anche che fare carriera non era possibile in questo ambiente. I loro discorsi fuori dal lavoro mi preoccupavano: parlavano particolarmente di pensione e programmi televisivi i più anziani, di calcio e matrimonio i più giovani.
Avevo molta stima di loro, non potevo biasimarli, erano brave persone; avevano fatto questa scelta di vita e si sentivano protetti lavorando in un’azienda “sana” che li rispettava. Capivo che quell’ambiente mi avrebbe spersonalizzato. Da un lato era bello lavorare senza preoccupazioni ma in questo modo ti adeguavi e l’ambizione di avere successo nella vita spariva.
Iniziai a pensare al mio futuro. Non mi andava a genio l’idea di raggiungere l’età pensionabile nello stesso porto di lavoro. Non avrei seguito il consiglio di mio padre, volevo decidere io il mio avvenire.
La mia città allora non era molto grande, la disponibilità di un posto di lavoro nel settore del commercio si veniva a sapere attraverso conoscenze, era come un tam-tam.
Un giorno mi arrivò la voce che un importante negozio di tessuto, situato in centro storico, cercava un giovane commesso. Pensai che fosse un’occasione per conoscere un nuovo ambiente più prestigioso e così non ci pensai due volte. Mi presentai al titolare, come mio solito, al mattino all’apertura; questo particolare faceva sempre buona impressione.
Alla mia richiesta di essere assunto mi guardò per qualche istante poi rispose: “Mi piacciono le persone che mi guardano dritto negli occhi quando si parla. Il tuo aspetto mi piace, ti concederò i tre mesi di prova e alla fine ne parleremo”. Risposi che avrei accettato e che entro due giorni sarei stato pronto per iniziare, il tempo per avvertire mio cugino e i miei genitori.
Comunicai loro la decisione presa e il disappunto di mio padre fu grande, tanto che non ci parlammo per parecchio tempo. L’intervento di mia madre, sempre pronta ad assecondarmi, risolse il problema. L’atteggiamento di mio cugino fu doverose disse: “Lo sapevo che prima o poi ci avresti lasciato. Anche io feci la stessa cosa, lasciai il negozio di mia madre per realizzare le mie idee, avrei vissuto male. Come vedi andò tutto bene”. Poi aggiunse: “Se avrai bisogno sai dove trovarmi”.
Iniziai con entusiasmo il mio nuovo lavoro. Nel negozio, molto grande, vi lavoravano due commessi anziani e una ragazza di nome Rosanna. Il titolare era una persona con un notevole senso dell’umorismo e questo rendeva il lavoro piacevole ma era molto intransigente riguardo il nostro comportamento con i clienti: voleva educazione, gentilezza disponibilità immediata che voleva dire non far mai sentire solo il cliente.
Dopo qualche settimana il titolare mi disse: “Vorrei che ti mi “curassi” particolarmente la giovane ragazza, per le meno giovani abbiamo i nostri due vecchietti; credo che avrai successo”. Dopo qualche mese Cesare, il titolare, mi chiamò nel suo ufficio mi disse: “Tu mi hai portato una ventata di giovinezza e un modo nuovo di trattare con i clienti, bravo”.
Fui molto soddisfatto della stima e dello stipendio. Ero molto felice, avevo un buon successo con le ragazze, mi innamoravo spesso, non riuscivo a controllarmi. Rossana capiva il mio comportamento così cercò di darmi u consiglio: “Non puoi andare con tutte, scegli quella giusta e comportati in modo adeguato”.
“Io non voglio una fidanzata, ho bisogno di sentirmi libero”. Non riuscì a dire altro. Lei mi guardò con un sorrisetto e scosse la testa. C’era ormai una certa confidenza fra noi, lei mi chiamava Carletto e io Ros. La guardavo con grande ammirazione, senza andare oltre. Sapevo che aveva un fidanzato importante e il progetto di sposarsi. Quando pensavo di non vederla più diventavo triste ma erano solo momenti, mi consolavo quando arrivava in negozio ogni mattina.
Era trascorso più di un anno dall’inizio del mio nuovo lavoro. Iniziai ad essere irrequieto, mi trovavo nella stessa situazione che avevo già sperimentato lavorando nel magazzino di mio cugino. Possibilità di far carriera zero. Iniziò per me un periodo di frustrazione. Con molta circospezione cercavo di parlare di ciò che stava accadendo nel campo della moda, cioè un’innovazione nel modo di vestire molto importante che non bisognava trascurare. Era in atto già a Londra.