Costretto per gioco a racchiudere in una sola parola, in un unico lemma, il senso e il fascino di questa Pasqua bassa non esiterei un istante a ricorrere all’aggettivo “innocente”.
Innocente infatti è la trama; innocente è la lingua usata per dipanarne il filo; innocenti sono i personaggi e l’ambiente nel quale si muovono; innocente infine è l’autore che, alieno da malizie e artifici, sembra aver fatto della trasparenza la sua ragione estetica.
Limpida e struggente soprattutto l’immagine del vecchio contadino con il figlio morto sulle ginocchia al centro di una radura deserta.
Non contenesse che questo solo capitolo, questa sola immagine, La Pasqua bassa sarebbe un libro assolutamente da leggere.