Possono i minorenni voler cambiare sesso? Da dove viene questa strana richiesta, dal momento che cambiare sesso non è realmente possibile? L’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna, secondo la quale il mondo è un testo e la realtà materiale non ha alcuna importanza, sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.
Se sei un bambino effeminato, diventerai bambina. Se sei un maschiaccio, allora sei “veramente” un ragazzo. Big Pharma ti sorride: ti venderà ormoni per tutta la vita.
Ciao! Scrivo a te che sei giovane, che stai per svilupparti e diventare un’adulta e che ti stai interrogando su come crescere e identificarti… Mi rivolgo a te al femminile perché – anche se pensi che potresti essere maschio – nella tua prima parte di vita in questa società ti hanno trattata come si è soliti trattare le femmine, cioè sei stata cresciuta con una certa pressione, sociale se non familiare, verso l’adesione ai modelli sociali femminili.
Se pensi che potresti essere un maschio perché hai una fortissima simpatia, un’attrazione, un desiderio di stare insieme a un’altra ragazza, o a una donna, devi sapere che questo sentimento non deve essere fonte di vergogna, anche se non è irrazionale la tua paura di rivelarlo. Sappi che stare insieme a un’altra ragazza, o a una donna, non è mai stato facile, che anche noi lesbiche abbiamo tenuto dentro questo sentimento prima di parlarne a chiunque, timorose di essere etichettate negativamente, di essere ostracizzate.
I legami tra femmine – a partire da quelli tra madre e figlia – nella nostra società non sono incoraggiati, non sono ben visti, sia che si tratti di amicizia, di affetto, di amore, o anche di trasmissione culturale. Ci insegnano che il primo posto nel cuore di una femmina deve essere occupato da un maschio (fidanzato, marito, padre, Gesù, Dio) ed è una delle ragioni per cui chiamiamo patriarcale la società in cui viviamo.1 Noi che amiamo le donne pensiamo che questo imperativo sia sbagliato, che le femmine dovrebbero essere lasciate libere, anche di darsi forza l’una con l’altra.
Noi ci chiamiamo lesbiche perché diamo importanza a questa forza, come fece la maestra e poeta Saffo, e vogliamo dire al mondo che amiamo le donne, vogliamo stare con loro.
Potrebbe non essere il tuo caso, chissà. Quello che succede nell’infanzia o nell’adolescenza non è un destino ineluttabile. Ma è importante – lo si scopre nella vita – essere fedeli a se stesse per poter essere felici.
Il femminile nella società è ancora svalutato, identificato con l’essere appariscente, sottoposto all’imperativo della bellezza.2 Magari senti che è proprio il tuo corpo a non andare bene in qualche modo, anche senza nessuna pulsione “strana” verso le amiche, verso il femminile.3 Il tuo disagio è relativo al ruolo che vogliono importi: un ruolo subordinato e un obbligo alla cura e dedizione, all’autosacrificio nei confronti dell’Altro. E se non lo adempi, temi di essere messa al bando dal tuo gruppo di riferimento: il timore dell’esclusione sociale è un’angoscia che prende tutte le ragazze, e anche i ragazzi.
Quello che è cambiato rispetto al passato è la facilità con cui, soprattutto nei paesi di lingua inglese (dove il ciclo della società industriale capitalista è a uno stadio più avanzato perché è cominciato prima), giovani donne, adolescenti, persino bambine esprimono il desiderio di cambiare il proprio sesso e diventare maschi, dal momento che sembra essere migliorata la possibilità tecnomedica di farlo, e vi è anche un certo sostegno sociale per chi fa questa scelta, persino in ambienti religiosi. Presentarsi con ambiguità significa invece dover rispondere alla domanda aggressiva: “Sei un maschio o sei una femmina?”.
Quella di presentarsi come maschio è una scelta che è sempre stata fatta da una minoranza di ragazze e di donne, con o senza mezzi tecnici. Se guardiamo al passato, troviamo donne, anche famose, che volevano si parlasse di sé al maschile: la famosa scrittrice statunitense Gertrude Stein aveva una “moglie”, Alice Toklas, e si comportava come i suoi amici uomini, fumando il sigaro e bevendo alcolici con loro nel salotto buono, relegando Alice con le altre mogli in cucina. Un’altra scrittrice, stavolta inglese, si faceva chiamare “John” Radclyffe Hall, e scrisse un romanzo che Virginia Woolf trovava terribilmente noioso su una ragazza cresciuta dal padre come un figlio maschio, perché questo il padre desiderava. Una storia tragica, anche se la sua vita non lo fu. Stephen, la protagonista, si autocondanna a una vita di solitudine quando scopre con orrore di essere “un’invertita” attratta dalle donne – il romanzo si chiamava infatti Il pozzo della solitudine.
Più indietro nel tempo troviamo tracce di donne che vivevano come uomini, quali Maria di Anversa, che nel Settecento dichiarava di essere “in apparenza una donna ma di natura un uomo”, e tante altre che invece dichiaravano di aver finto di essere uomini per poter lavorare, viaggiare, amare altre donne.4 Sempre nel Settecento Caterina Vizzani, scoperta ad amoreggiare con una ragazza, dovette fuggire e si “trasformò” in un uomo, travestendosi per cambiare città, lavorare, e continuare ad amoreggiare con le ragazze. Giustificava le mestruazioni dicendo di soffrire di una malattia venerea.
Il confine tra essere lesbica e identificarsi al maschile non è netto, è difficile tracciarlo per quanto riguarda il passato, in cui i ruoli di genere erano ancora più distinti di quelli odierni. Ma anche a molte di noi lesbiche da piccole è venuto quasi automatico, nel momento in cui abbiamo scoperto che ci piaceva qualcuna del nostro stesso sesso, pensare che dovevamo avere qualcosa di maschile in noi, o che volevamo averlo. Ma “cambiare sesso” non è una strada facile. Infatti non è veramente possibile cambiare il proprio sesso – e non sempre è consigliabile fidarsi di medici e chirurghi che dicono di poter trasformare così i corpi, specie nei paesi dove la sanità è privata e quindi più lavorano più guadagnano.5 Non si può cambiare il proprio sesso di nascita, si possono solo usare sofisticati accorgimenti che rendono simili a chi è nata o nato nel sesso opposto. Ci sono (poche) persone adulte che sono talmente a disagio con il proprio sesso (inteso non solo come genitali ma anche come caratteristiche sessuali secondarie) da voler appartenere al sesso opposto: le chiamiamo transessuali. Ma quando queste persone sono piccole non possiamo distinguerle con certezza dagli altri, tanto più che sono molto più numerosi coloro che rompono i ruoli di genere senza voler affatto cambiare il proprio sesso.
Quanto al “cambiamento di sesso”, alla transessualità, la società può accettare questa scelta e convalidarla. Tale accettazione è una convenzione sociale, eventualmente cristallizzata in leggi. Dato che in realtà non si può cambiare sesso, quali passaggi socialmente approvati deve attraversare colei che è nata femmina per essere chiamata “maschio”? Ciò è sempre oggetto di dibattito fra politici, fra professionisti e anche fra la gente. L’accettazione sociale di chi “ha cambiato sesso” è sempre incerta (viene chiamata “transfobia”), e per alcune persone trans tale accettazione non è nemmeno così importante, perché sentono di aver raggiunto il loro vero sé a prescindere dall’approvazione degli altri. Queste persone odiavano il proprio corpo al punto di accettare l’incertezza dell’esito delle operazioni chirurgiche, con il loro potenziale debilitante anche a lungo termine, e la dipendenza da ormoni artificiali (il nostro corpo non reagisce bene alle sostanze artificiali). Questa dipendenza, che per gli FtM (da femmina a maschio) significa iniezioni periodiche di testosterone, dura per sempre dal momento in cui vengono asportate le gonadi perché il corpo umano ha bisogno di ormoni che siano di un sesso o dell’altro, ad esempio per regolare la densità delle ossa.6
In passato erano relativamente poche persone, soprattutto uomini che volevano diventare donne, a riconoscersi in questa condizione e intraprendere questa strada, oggi però sta succedendo qualcosa di diverso. Un numero crescente di ragazze vogliono diventare ragazzi, e sono la maggioranza tra gli e le aspiranti trans, spesso dopo aver incontrato nella realtà o nel mondo virtuale altri FtM che hanno preso a modello. Molte vogliono diventare trans improvvisamente nell’adolescenza, quando negli Stati Uniti vanno al college e si separano dalla famiglia di origine, senza aver prima manifestato alcuna precedente disforia di genere.
Le aspiranti trans, e anche gli aspiranti trans, sono sempre più giovani, e la società sembra affascinata dalle loro vicende. Negli USA la tv trasmette un reality sulla vita di Jazz Jennings, minorenne che sente di essere femmina ma è nato maschio, e in Inghilterra la signora Susie Green ha dato vita a Mermaids, una fondazione che gode di alto status e si pone come punto di riferimento soprattutto per i giovani, propagandando la possibilità di “cambiare sesso”. Susie Green portò suo figlio – che a 4 anni le aveva detto di voler diventare una figlia – in Thailandia, dove potevano operarlo a 16 anni (ora non è più legale, anche in seguito allo scandalo di questo caso).
Lo scetticismo è l’atteggiamento giusto. Non si può credere all’esistenza di “bambini trans”, perché questo è un giudizio del mondo adulto sui comportamenti dei bambini e delle bambine. Le bambine e i bambini dovrebbero rimanere liberi di esprimersi senza essere etichettati per sempre, e tantomeno dovrebbero diventare oggetto di interventi medici che avvengono su corpi sani senza precise indicazioni diagnostiche.7 “Non nuocere” dovrebbe essere, a quanto risulta, il primo comandamento dei medici. Insomma, transizionare è difficile e rischioso, e solo chi è assolutamente certo di essere in questa condizione dovrebbe intraprendere tale strada. Per cui la transizione deve essere riservata a persone adulte che sappiano con certezza che il corpo maturo che abitano non è quello con cui vogliono stare nel mondo.
Invece arrivano notizie di transizioni cominciate a età sempre più basse, addirittura bloccando la pubertà. In questo modo la pre-adolescente che vuole transizionare non saprà nemmeno che cosa esattamente vuole cambiare, perché non ha mai vissuto nel proprio corpo adulto e sessualmente sviluppato. (Non sfugga il fatto che la retorica liberale per cui conta solo l’individuo e le sue scelte viene applicata così anche ai minorenni, che non possono dare alcun consenso legale.)