Il 3 ottobre 2013 è naufragato, di fronte a Lampedusa, un barcone carico di migranti. Oltre trecento uomini, donne, bambini sono morti nel tentativo di raggiungere la riva o trascinati con lo scafo sul fondo del mare. Non è la prima volta. Ma mai – nei nostri mari – in queste proporzioni. Eppure tutto era già scritto.
«Che posso dire, io, da Lampedusa? Posso dire che quantomeno salvarli è doveroso. Quando chiedo di non lasciare sola Lampedusa, chiedo in realtà di non abbandonare sole queste persone a un destino assurdo. Chiedo di cominciare a pensare a un sistema di accoglienza reale e non fittizio non solo a Lampedusa, ma in tutta Italia. Chiedo di cominciare a capire che c’è posto e spazio e che abbiamo bisogno dei migranti. […] E, allora, la domanda che pongo è: perché in un Paese come l’Italia e in Europa il diritto di asilo deve essere chiesto a nuoto? Perché bisogna lasciare che madri con i bambini in braccio si imbarchino per il Mediterraneo? Perché bisogna occuparsi solo dei sopravvissuti che arrivano qui? Non è un crimine aspettare che i migranti siano decimati dal mare? Comunque i profughi partono e arrivano, non hanno un’altra possibilità». (Giusi Nicolini)