Emilia, Romagna, Bologna, quali sono le prime cose che vi vengono in mente sentendo pronunciare queste tre parole?
Università, quindi cultura, eccellenza nel cibo e nell’industria.
La nostra è una regione industriale, molti dei marchi che hanno portato e continuano a portare la fama e il prestigio dell’Italia nel mondo sono nati qui e qui hanno prosperato. E quando si parla di industria, di capitani d’industria, di cavalieri del lavoro, di solito si parla di uomini, che con la loro inventiva e il loro lavoro hanno reso possibile tutto questo.
E le donne? Che ruolo hanno avuto le donne nell’industria?
Di loro non si parla mai, come se non fossero esistite, relegate a ruolo di comprimarie o nell’ombra dei mariti dietro ai quali, come da proverbio, possono trovare la loro grandezza.
Assieme ad alcune scrittrici ci siamo impegnate in una ricerca e abbiamo scoperto che non è così, in realtà molte delle industrie presenti sul nostro territorio sono state o direttamente fondate da donne, o ispirate dalle donne della famiglia, oppure portate avanti e fatte prosperare dalle mogli dopo il decesso dei mariti industriali.
“Le donne che fecero l’impresa”: impresa come società ma anche come duro lavoro per affermarsi in un mondo prettamente maschile.
PREFAZIONE
Le donne che fecero l’impresa. Un titolo profetico per una casa editrice che debutta, che tenta l’impossibile, verrebbe da dire, in un mercato che oggi più che mai, dopo anni di crisi, attua il principio naturale della selezione. Per cui a nascere, resistere e crescere, sono realtà che soddisfano i bisogni dell’anima. Perché di prodotti da ‘consumare’, va detto, la terra è piena, ma di cultura e coraggio continuerà a ‘nutrirsi’ il mondo. E in questo, fatto di comunicazione veloce e di attenzione limitata, l’unica vera forma di energia è data dall’empatia che suscitano le narrazioni. Non a caso imperversa il concetto di storytelling, che altro non è che il racconto dell’attualità attraverso le emozioni dei protagonisti. Usato come strategia di marketing per ricordare che dietro ogni brand c’è una persona, ha il potere di suscitare un processo di identificazione. Ed ecco allora che questo testo è di per sé ‘sul pezzo’, perché affida a dodici diverse autrici la vita di altrettante donne che grazie al loro talento hanno fatto un pezzo di storia, chi fondando un marchio d’abbigliamento, chi un forno industriale, chi una sartoria. Questo libro parla di bottoni, bulloni, ingredienti. Di moda e di food. Non entro nelle questioni di genere, che per indole non mi appassionano, convinta come sono che dovremmo cominciare a compiacerci dei traguardi raggiunti senza perdere tempo in rivendicazioni che spesso ci tolgono valore e ci abbruttiscono. Perché siamo noi a dovercelo dare, il valore, senza attendere che ci venga riconosciuto - leggi concesso - da altri. Attenendomi esclusivamente al linguaggio, in cui le distanze sono ancora molte, sottolineo come ad una donna di successo si riservi un ‘ha realizzato il suo sogno’, ad un uomo ‘ha mantenuto fede ai suoi obiettivi’. Il che è riduttivo, seppure di provenienza spesso femminile, perché ammanta di romanticismo un’idea di casualità e fortuna che tale non è. Le protagoniste di questo libro hanno compiuto percorsi straordinari, guidate da passione e sacrificio, senza risparmiarsi. Sono state speciali nella loro normalità. Nel saper trasformare un mestiere in un’arte, una necessità in servizio. Oggi si parla di innovazione e tecnologia. Esattamente quello che hanno fatto queste signore, seguendo il semplice intuito e buon senso, usando ciò che avevano a disposizione. Hanno osato, perché hanno creduto in loro stesse in tempi in cui alle mogli e madri non erano richieste particolari abilità, se non forse governare la casa e crescere i figli. Mi piace pensarle ambiziose, laddove con ambizione non si intende la scalata al potere, qualsiasi esso sia, ma la tenacia di credere nelle proprie competenze, parola di cui oggi si abusa evocandola senza riempirla di contenuti. In loro non c’è smania. Come suggerisce il sotto titolo, ‘nessun pensiero è troppo grande’. Dovremmo ricordarcelo tutti, ogni giorno, quando rimpiangiamo quel benessere che non tornerà più. Ma ogni tempo, anche il peggiore, offre un’opportunità di realizzazione individuale e collettiva. Infine, questo libro ci ammonisce a non dimenticare da dove veniamo. Perché se perdiamo il filo della memoria, nessuna tecnologia ci verrà in soccorso. Perché una parola scritta sul web, non sarà mai bella come una pronunciata. E solo una parola ascoltata, potrà essere scritta. Come la vita delle donne che fecero l’impresa.
Camilla Ghedini