Questo romanzo, che si articola nella forma di una diretta e personale confessione, apre uno scorcio sulla realtà di una donna intenzionata a recuperare — malgrado le avversità e i contrappunti di un destino inclemente — la propria dimensione di creatura sensibile e amante della vita, dei rapporti sociali, del bello su cui si costruiscono, via via, la speranza e l’attesa, il primato del desiderio e l’approdo che salva.
È anche un itinerario nei propri luoghi e negli ambienti esposti alle mutazioni del tempo e delle culture, sicché il ritorno al paese d’origine, alla casa d’un tempo, agli orizzonti della giovinezza non si traduce sempre in un riconoscimento di ciò che era o di ciò che l’autrice conservava nel proprio cuore e nella propria memoria, perché non sempre le scelte degli amministratori sono state coerenti, cioè in sintonia con le necessità di chi — restando — vi ha organizzato l’esistenza e le tappe dell’umano viaggio.
Il romanzo, inoltre, ha un dettato scorrevole, di facile lettura, e perciò si lascia attraversare piacevolmente, dalla prima alla sua ultima pagina, conservando ovunque il tono di un caldo e amichevole discorso.