Petronilla, in realtà Amalia Moretti, è stata una delle prime donne in Italia a laurearsi in medicina.
Scriveva rubriche di consigli di cucina e salute su “La domenica del Corriere”
ed era molto popolare tra i lettori del settimanale.
Per anni dispensò ricette, modi di dire, modi di fare per una generazione di massaie
che avevano scarse conoscenze generali e poca disponibilità economica.
Petronilla mescolava fantasia e creatività con l’arte di cucinare “con quello che c’è”.
Le sue ricette non sono semplici ricette ma brevi racconti di vita familiare, vivaci e arguti.
Una donna e un modo di cucinare da scoprire e riscoprire.
PREFAZIONE DI SONIA PERONACI (GIALLO ZAFFERANO)
Primo capitoloPREFAZIONE
Arte Cucinaria. Che espressione incantevole, caldissima, intima, indiscutibilmente regale, neutra, familiare, antica ma non sorpassata; anzi, che più attuale di così non si può. Oggi si parla costantemente di chef stellati, ristorazione, enogastronomia e - purtroppo - la parola “tradizione” legata alla cucina è abusata come se si trattasse più di “corpo” che di “anima”. E per corpo e anima intendo che tutti riescono a commentare tutte le preparazioni già solo a partire dagli elementi che si vedono nel piatto, senza preoccuparsi di assaggiarle o ancor meglio di assaporarle. Ma nella vita quotidiana siamo cuochi e cucinieri, nulla di più semplice e volgare nel senso etimologico del termine… nulla di valore più inestimabile ma, purtroppo, dimenticato. Leggere Amalia e le sue geniali sfaccettature intellettive chiamate Petronilla e Dottor Amal, tramite la penna di Margharet e Sara, è un vero e proprio sospiro di sollievo. Come quando ho preso in mano per la prima volta il testo di Pellegrino Artusi, che mi ha ammaliata e rapita catapultando tutta me stessa in un altro mondo, come alle origini. Ecco: ho ritrovato anche qui in “Petronilla – l’arte di cucinare quello che c’è!” parole selezionate accuratamente e rese immortali, in uno stile cordiale e rispettoso pur mantenendo ilarità e semplicità. Se penso al contesto storico e sociale in cui il testo è nato, mi sembra una cosa colossale. Innanzitutto rivolto a tutti: uomini orgogliosi e riluttanti al pensiero di chiedere consigli di salute a un medico donna, donne normali al focolaio che desiderano evadere e migliorare la propria quotidianità, il mondo accademico che raramente ai tempi accoglieva menti femminili. Riflettendo, tu lettore potresti storcere il naso e dirmi che in fin dei conti questo sia uno dei tanti libri di cucina, di consigli, di ricette, di procedimenti, tecniche e ingredienti. Sfugge tuttavia un dettaglio: è un documento, un taccuino storico della gastronomia e dello stile di vita a cavallo tra Ottocento e Novecento; è una testimonianza diretta e studiata, consapevole e dotta; un tassello molto importante della nostra storia, che in un certo senso potrebbe costituire una pietra miliare della nostra evoluzione culinaria. Nell’introduzione del presente si parla infatti molto giustamente di blog e food blogger dell’epoca moderna: Amalia è stata forse la prima, in analogico e in un mondo non certo fatto a sua misura, a misura del genio femminile quale era. Cito la ricetta del risotto milanese: “oggi voglio spiegare – ad una certa moglie non milanese - come e quanto dovrà spignattare per presentare al milanese marito un autentico piatto del suo milanesissimo e tradizionale risotto giallo”… mi fa sorridere teneramente, perché io stessa a mio tempo ho cercato e spulciato tra vecchi ricettari impolverati o interrogato insigni esperti della tal ricetta, per ottenere la versione che tuttora è quella che mi soddisfa di più. Sarò banale (anzi banalissima) ma accingersi ai fornelli sapendo di essere coccolati da ilarità e precisione, da quel consiglio in più messo nero su bianco, e dalla passione che trasuda dalle parole, fa decisamente la differenza per il risultato. Lo dico non per partito preso o per filosofia di vita, ma perché si tratta di una cosa tangibile, che puoi verificare tu stesso. Ed ecco quindi, a braccetto con “Le Originali”, le preziose note a margine di Margharet e Sara, che suggeriscono una variante senza glutine, oppure vegetariana. Sono loro, in questo caso, come lo è stata Amalia, a far la differenza in questo scritto raccogliendo e anticipando i bisogni di oggi, le domande sulla bocca di chiunque cucini o di chiunque stia ampliando i propri orizzonti in campo alimentare. Soffrendo di intolleranze alimentari, e scoprendolo in un periodo in cui poco si sapeva delle stesse, io ho brancolato nel buio e col tempo, studiando, mi sono resa conto di quanto sia importante affiancare la vera e propria tradizione all’alternativa. Alternativa di filosofie ed etiche, alternative di ingredienti che prima non si trovavano nemmeno nei supermercati. Questa, a mio parere, è la vera e propria “Arte Cucinaria” che, grazie alle Amalia, Petronilla, Amal, Margharet e Sara del mondo non avrà mai fine.
Sonia Peronaci