Una delle prime caratteristiche di Poema minimo a colpire il lettore è, inevitabilmente, il titolo. Minimo come volutamente sotto le righe, ridimensionato o relativo, si potrebbe sospettare. Minimo come frammentario, asistematico, alieno o addirittura ostile a ogni “grande narrazione” o mitopoiesi, si potrebbe supporre. Nulla di più sbagliato.
Come e più che negli altri suoi testi, qui il poeta lascia che l’esperienza e il vissuto si trasformino in carne e sangue, o, che è uguale, in versi e parole che non si limitano a dire l’Essere. Piuttosto, l’incarnano.
E l’unico modo per evitare che le forme concettuali e linguistiche lo cristallizzino, lo violino e lo tradiscano è mettere su carta accadimenti, biografici ed emotivi, sensazioni, fantasmi, precognizioni, chimere. Dare consistenza ontologica a presentimenti, disillusioni, ma anche a speranze, a convinzioni che non si piegano, a una resilienza che rinasce ostinata come i fiori ai bordi delle strade di campagna. Fragili e semplici all’apparenza, in realtà vitali e forti come l’acciaio.