Settantacinque vignette sulla poesia, un'attività umana amata e respinta, osannata come un segno di sensibilità d'animo e di nobiltà intellettuale e disprezzata nello stesso tempo come un prodotto di minorità sociale e di inconsistenza economica.
Un tema che l'autore affronta conoscendone tutti i risvolti sociologici, belli e brutti, positivi e negativi, essendo anche lui un operatore di versi, con un consapevole impegno creativo che non può non contenere un'adesione totale al tema, sia in termini di testimonianza e denuncia delle sue implicazioni etico-sociali che in termini di una sua trasposizione metaforica.
Intelligenza e onestà intellettuale sono i presupposti della sua ironia; e l'una e l'altra gli guidano la mano senza stanchezze e indecisioni, dietro la spinta di una fantasia che si esprime sempre tra realtà e simbolo, tra esperienza ed intuizione, tra oggettività ed umorismo, in ordine ad una immediatezza espressiva che pone l'arte accanto alla battuta di spirito, l'invenzione accanto all'ironia, la creatività accanto all'apologo, nell'intento di superare gli stereotipi di una condizione del presente, ricorrendo ad un espediente antico come il mondo: quello del divertimento, convinto della sua efficacia pedagogica nel richiamare, per antifrasi, l'attenzione su un'attività umana che è tra i segni distintivi di ogni civiltà.
(Pietro Civitareale)