A Colpacato quello che all’inizio sembra solo un atto vandalico non tarda a rivelarsi come il gesto simbolico dell’Arbitro, un misterioso giustiziere che colpisce l’endemica mancanza di moralità pubblica del piccolo paese...
"Io devo ristabilire l’Ordine marcio che c’era, prima che uno sconosciuto incidesse la fiancata di qualche macchina e, facendolo, risvegliasse la parte migliore di questo paese."
Il fischio dell’Arbitro ha tutte le qualità che mancano al sistema.
È rapido, inappellabile, certo, puntuale.
L’Arbitro non offre il contraddittorio, non esita.
Non c’è spazio per dubbi o ripensamenti, il fallo va punito subito e in modo esemplare.
Nell’operato dell’Arbitro non c’è inutile poesia, ma spietato pragmatismo.
A Colpacato è apparso un Arbitro.
E da Quando Arbitro Fischia, niente è più come prima...
"Altro che multa. Bisognerebbe che qualcuno gli scrivesse divieto di sosta con un chiodo sulla portiera!”.
Dite la verità, anche a voi qualche volta è capitato di pensare frasi del genere vedendo certi parcheggi...
A Colpacato, capoluogo della Valplacida, la fantasia si trasforma in realtà nella notte fra il 19 e il 20 marzo 2010.
Quello che all’inizio sembra solo un atto vandalico non tarda a rivelarsi come il gesto simbolico dell’Arbitro, un misterioso giustiziere che colpisce l’endemica mancanza di moralità pubblica del piccolo paese.
Un seguito spontaneo e numeroso da subito sostiene l’Arbitro, e aumenta esponenzialmente quando alla prima azione ne seguono diverse altre, in un’escalation che il maresciallo Oscar e la giornalista Ilaria si troveranno rispettivamente
ad osteggiare e cavalcare.
Attraverso una serrata successione di documenti (email, facebook, denunce, diari, blog, sms, articoli, ecc.) Quando Arbitro Fischia propone al lettore un’allegoria lucida e spietata della nostra piccola Itaglia. Una storia in cui etica, legalità, giustizia, movimentismo, senso civico e incapacità rappresentativa delle istituzioni si intrecciano ripetutamente, proponendo da numerose angolazioni una domanda senza tempo: il fine giustifica i mezzi?