Come mai in quel piccolo paese toscano nella casa delle zie i soldati americani hanno lasciato, dopo la guerra, un elmetto e un giavellotto? E perché Java fa mostra del proprio intimo quando l’altra faccia della Luna è ancora oscura? E la musica che fa da sottofondo persa in mezzo ad un mare che unisce e avvolge le esistenze, è destinata a tornare come un'eco infinita. Intrecci, obiettivi, compromessi, ostacoli da superare, in un rincorrersi di immagini e sensazioni, e poi le grandi e piccole scelte. Sullo sfondo l’Africa, attraverso un viaggio dell'anima che cerca l'abbraccio degli altri per ritrovarlo in noi. L'immagine che riflettiamo nello specchio della vita non sempre è quella che ci appartiene. Possiamo scoprire che per troppo tempo ci siamo protetti con uno scudo, abbiamo costruito una corazza, indossato e fatto nostra una maschera. Finchè arriva il momento in cui ogni protezione diventa inutile e ciò che siamo realmente non può più essere imprigionato, ma deve liberarsi con tutta la sua inarrestabile forza. Un romanzo che accompagna il protagonista su un sentiero di emozioni in chiaroscuro, in una continua lotta con se stesso per non arrendersi alla vita, alla ricerca di una risposta che valga il senso dell'esistenza.
«La luce che filtrava dalle finestre della villa liberty delle zie aveva un che di debole ed ingiallito. Nonostante l’aria cristallina di quel giorno primaverile di Pasqua, il sole ancora non aveva la forza per riscaldare il cuore infreddolito da un inverno troppo lungo. La neve era caduta copiosa nel piccolo paese toscano ed Ettore era stato confinato in casa per un bel po’, senza poter uscire a giocare con i compagni. “Dove vuoi andare che c’è la neve che è più alta di te?” La mamma aveva ragione. Ancora troppo piccolo Ettore era alto un metro scarso e quell’anno in febbraio aveva nevicato per un giorno e una notte lasciando una spessa coltre candida e soffice. Quasi non si riusciva ad uscire di casa e il babbo aveva faticato non poco per spalare il terrazzo e le scale, per aprirsi un varco e potersi recare al lavoro. La villa delle zie non distava molto dalla casa di Ettore. Era una delle prime ville costruite in solidi mattoni con i sacrifici di una vita spesa gestendo una friggitoria di pesci e patate a Glasgow in Scozia. Anni e anni in cui le zie avevano vissuto, da emigranti, una condizione di rinunce e privazioni, sorrette dall’unico grande sogno di riuscire a tornare in Italia con i soldi per costruire una casa bella e grande, che fosse orgoglio della famiglia».