La bottiglia diventa l'amica di una notte ubriaca, movente di un inspiegabile delitto, personaggio di una cantina animata, mezzo di riconciliazione e di seduzione.
Tra questi racconti ritroviamo Enrico IV, Matilde di Canossa, Dr. Jekyll & Mr. Hide, Jack lo squartatore, il pittore Ligabue, Berlusconi, Govannino Guareschi, Federico Fellini, Astolfo e l'Ippogrifo.
Cosa hanno in comune questi personaggi? Nulla, tranne il fatto che escono dalle rispettive storie per ritrovarsi insieme, attorno ad un tavolo immaginario, dal quale ci invitano per un buon bicchiere. Di Lambrusco ovviamente.
ALLA VOSTRA SALUTE di Manuela Fiorini
“Un altro anziano trovato morto: è ancora suicidio”.
Si tratta di Aldo Gibellini, 75 anni. È il sesto caso in sei mesi.
Non si ferma l’epidemia di suicidi che sembra aver colpito la città di Modena. La vittima è Aldo Gibellini, 75 anni, da tempo malato di tumore. Come in tutti i casi verificatisi negli ultimi mesi, accanto al corpo, rinvenuto nell’abitazione dell’uomo, c’erano una bottiglia di Lambrusco, un bicchiere ed un biglietto, nel quale Gibellini ha lasciato scritto le sue ultime volontà. Le circostanze della morte sono comuni ad una tragica serie di precedenti, tutti con anziani protagonisti: Gualtiero Fabrizi, 68 anni, morto il 12 luglio; Amintore Ferrari, 71, suicida il 19 giugno, Nello Ansaloni, 65, deceduto il 13 maggio, Giovanni Bottazzi, 81, morto il 16 aprile, e Carlo Mezzani, 79, che si è tolto la vita il 17 di marzo. Tutti hanno scelto di togliersi la vita ingerendo un ultimo bicchiere di Lambrusco, mescolato a cianuro. I funerali di Aldo Gibellini si terranno il prossimo 13 agosto con partenza dalla camere ardenti del Policlinico. V.F.
L’ispettore Salvatore Basilio della Squadra Mobile della Questura di Modena chiuse l’edizione del giorno del Resto del Carlino, fissando pensoso la scrivania. Quella modalità che si ripete, l’inquietante cadenza mensile, la bottiglia di Lambrusco, il veleno... E se non si trattasse di un caso? L’epidemia di suicidi, che sembrava colpire gli anziani, lo aveva particolarmente impressionato: suo padre, Sergio, medico in pensione, aveva 76 anni, più o meno la stessa età delle vittime. Viveva solo, ma sua figlia Concetta, spesso, andava a tenergli compagnia. Anche Salvatore avrebbe voluto trascorrere un po’ più di tempo con suo padre, ma il lavoro lo teneva sempre più vicino alla scrivania che alla propria famiglia. Tuttavia, nel poco tempo libero, era riuscito a fare qualche indagine sugli anziani suicidi, scoprendo che almeno due di loro si conoscevano.
Mentre l’ispettore Basilio si perdeva in questi pensieri, dalla parte opposta della città, tra le collinette del Parco Amendola, anche alcuni anziani stavano commentando la notizia del suicido di Aldo Gibellini.
“Spero – disse un vecchietto con una camicia a quadri – che presto tocchi a me. Se la sorte non fa in fretta, con questa malattia potrei dimenticarmi persino il giorno dell’appuntamento”.
“Piuttosto, – fece un altro – i giornalisti hanno messo in evidenza gli elementi che accomunano le morti di Aldo e degli altri: la bottiglia di Lambrusco, il veleno, la lettera, la malattia. Hanno anche notato che ne muore uno al mese…”.
“Che vorresti dire?”.
“Niente. Solo che qualcuno potrebbe insospettirsi. E se ci ficca il naso, rischia di saltare tutto”.
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In un pomeriggio cocente l’ispettore Basilio raggiunse le camere ardenti del Policlinico, dove era stata composta la salma di Aldo Gibellini. Appena entrato, venne colto dall’abbraccio gelido dell’aria condizionata. La stanza era l’ultima in fondo al corridoio. Entrò nel modo più discreto possibile e si accostò alla bara. Accanto al feretro, c’erano due corone di fiori, con i nominativi dei donatori stampati sul nastro color lilla: I tuoi cari e Gli amici della briscola. L’ispettore si fece il segno della croce e uscì. Si accese una sigaretta e cominciò a camminare avanti e indietro nel piazzale antistante la cappella. Gli eleganti carri funebri sostavano al sole, insensibili ai suoi implacabili raggi, che trasformavano i cofani lucidi in piastre roventi. Un sommesso bisbiglio attirò la sua attenzione: un vecchietto esile stava parlottando con tre coetanei.
“Vi stavo cercando – stava dicendo l’uomo – speravo di trovarvi al funerale di Gibellini, così, sono venuto qui, oggi. Mio fratello vorrebbe partecipare alle vostre riunioni. Gli hanno appena diagnosticato una terribile malattia degenerativa e vorrebbe fare qualcosa, prima di rimanere completamente paralizzato”.
“Chi le ha dato i nostri riferimenti?”.
“È stato il Farmacista. Gli ho detto di mio fratello e del fatto che vorrei aiutarlo a realizzare il suo ultimo desiderio…”.
L’ispettore Basilio si appiattì ancora di più contro la parete.
“Come ti chiami?” chiese l’uomo più alto dei tre.
“Umberto Bianchini. E mio fratello si chiama Alfonso”.
“Piacere di conoscerti. Io sono Graziano Vinci. Lui è Luciano Zanasi. E poi c’è Guglielmo Chiossi”.
Gli altri tre abbozzarono un sorriso di benvenuto.
“Come ti avrà detto il Farmacista, per entrare nel nostro club ci sono delle regole. Potremo discutere il caso di tuo fratello durante la prossima riunione, il 25 di questo mese. Dobbiamo essere assolutamente sicuri che si tratti della sua volontà, capisci?”.
“Che dovrei fare, quindi?”.
“Venire insieme a lui il 25. Il Consiglio si tiene a casa del Notaio. Passa dal Farmacista e digli che hai parlato con me. Ti indicherà il luogo dell’incontro. Adesso, dobbiamo dare l’estremo saluto ad Aldo. Chissà… il mese prossimo potrebbe esserci qualcuno di noi là dentro. Ne abbiamo già accompagnati sei. Non è poi così terribile, quando ti ci abitui”.
Basilio aveva sentito abbastanza. Attese che il gruppo si allontanasse e salì in auto. Seduto al posto di guida, estrasse dalla tasca un taccuino ed annotò i nomi che aveva udito durante quella strana conversazione. Il suo istinto gli diceva che doveva rintracciare gli indirizzi degli Amici della Briscola, scoprire chi erano Il Notaio e Il Farmacista e impedire che l’ennesimo dramma si consumasse. Il primo passo era sapere dove si sarebbe tenuta la riunione del 25 agosto.
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Quella sera, nonostante fosse particolarmente stanco, l’ispettore Basilio andò a trovare suo padre. Le ricerche sugli Amici della briscola non avevano dato i risultati sperati. Nessuna delle persone, i cui nomi aveva annotato diligentemente sul taccuino, aveva precedenti di polizia, nemmeno una multa, una segnalazione… insomma, nulla che denotasse la tendenza a trasgredire le regole né, tanto meno, una personalità criminale. Tuttavia, Basilio aveva sentito distintamente quella frase: “Ne abbiamo già accompagnati sei”. Si riferiva forse al numero di anziani morti negli ultimi sei mesi? Salvatore cercò di liberare la mente nel momento stesso in cui suonò il campanello. Suo padre era molto sensibile e bastava un’inflessione della voce diversa dal solito per fargli intuire che qualcosa non andava. Così, si stampò sul volto il più gioviale dei sorrisi ed entrò.
“Salvo, che piacere vederti. Non ti attendevo questa sera”.
“Ho voluto farti una sorpresa, babbo. Come stai?”.
”Come al solito, figliolo”.
“Gli esami?”.
“Qualche valore un po’ alto… ma ci sono abituato...”.
Sergio Basilio, ex chirurgo, era in grado di formulare una diagnosi delle patologie che lo affliggevano ancor prima del suo medico curante, del quale si fidava assai poco.
Dopo la pensione, aveva addirittura approfondito gli studi, partecipando, come semplice uditore, a corsi specifici presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia.
“C’è qualcosa che posso fare per te, papà?”.
“Non preoccuparti, Salvo, ho tutto quello che mi serve, i miei libri, tua sorella, i miei amici… Ma la tua compagnia è la cosa più importante. Che cosa ne dici se ci accomodiamo sul balcone a fare due chiacchiere ed una partita a briscola?”.
Mentre Salvatore prendeva posto sulla terrazza, suo padre si diresse verso la cucina. Tornò poco dopo, tenendo tra le mani due bicchieri ed una bottiglia di Lambrusco di Sorbara. Elegantemente, srotolò il sigillo, si mise ad armeggiare con il filo di ferro che tratteneva il tappo e, con precisione e vigore, fece saltare il sughero. Il liquido scarlatto si riversò nei bicchieri, producendo all’istante una schiuma densa e dall’aroma fruttato. Salvo immerse le labbra nella soffice spuma rosata, lasciando che un’indefinibile sensazione di piacere lo pervadesse. L’ispettore Basilio e il padre si ritrovarono a parlare come non facevano da tanto tempo. Forse, da quando se ne era andata la madre, portata via da un tumore a poco più di 50 anni. Una morte a cui Sergio Basilio, da medico, non sapeva rassegnarsi. Con il tempo, tuttavia, il dolore ed il senso di sconfitta, si erano affievoliti, lasciando il posto alla rassegnazione. La conversazione si svolgeva mentre le carte da gioco volavano veloci sul tavolo. Ad ogni partita ne seguiva un’altra e un’altra ancora, finché Salvo, esausto, decise che era il momento di congedarsi. La bottiglia di lambrusco era ormai vuota e, l’indomani, lo attendeva una giornata impegnativa.
Salvo stava per salutare l’anziano genitore, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Su una mensola, c’era una fotografia che ritraeva un volto a lui noto. Non era una foto qualunque, ma il caratteristico ricordo che viene lasciato a parenti ed amici di un defunto durante i funerali. Sul retro, c’era il nome ed una frase di commiato per la persona ritratta: Aldo Gibellini!
Il padre lo sorprese con la fotografia tra le mani.
“Chi è, babbo?”.
“Il povero Aldo, uno che ha finito di soffrire. Ad essere sinceri, non lo conoscevo da molto. Me lo avevano presentato gli amici della briscola, quel gruppetto con il quale, ogni tanto, mi ritrovo per una partita”.
Salvatore sentì che una goccia di sudore gli stava scivolando dalla fronte alla guancia: doveva trattarsi di una coincidenza, dell’ennesima, stramaledetta coincidenza.
Suo padre gli prese la fotografia dalle mani e la ripose dentro ad un vecchio portagioie, all’interno del quale Salvatore notò altri ricordi di defunti. Doveva trovare una scusa banale per allontanare il genitore e scoprire di chi si trattava.
“Scusa, papà, hai visto le mie chiavi della macchina? – disse tastandosi le tasche dei pantaloni – devono essermi cadute… Puoi dare un’occhiata in cucina?”.
Appena il genitore fu uscito dalla stanza, Salvo aprì il cofanetto e ne trasse un plico di ricordini di persone scomparse. C’era sua madre, sua zia, suo cugino e, in cima alla lista, Aldo Gibellini, Gualtiero Fabrizi, Amintore Ferrari, Nello Ansaloni, Giovanni Bottazzi e Carlo Mezzani. Gli stessi nomi che aveva letto sul Resto del Carlino. Non poteva essere un caso. Li rimise in fretta nel vecchio portagioie, proprio mentre i passi del padre annunciavano il suo ritorno.
“Mi dispiace, ma in cucina, niente chiavi. Sei pallido, qualcosa non va?”.
“Tutto bene, papà, grazie. Forse ho bevuto troppo lambrusco. Comunque, ecco le chiavi. Adesso devo andare. Ci vediamo il prossimo lunedì”.
“Oh, lunedì? Meglio un altro giorno... ho un appuntamento con un amico”.
“Non preoccuparti, ci sentiamo per telefono. Buonanotte, papà”.
L’ ispettore Basilio scese in fretta le scale. Salì in auto e partì a tutta velocità. Lungo la via di casa, i pensieri più strani affollavano la sua mente: suo padre aveva usato quel termine Amici della briscola e conosceva tutti gli anziani morti suicidi. In che modo era coinvolto?
Il martedì successivo, Salvatore telefonò al padre per annunciargli una sua visita. Dopo una cena veloce, abbandonò il piatto sporco nel lavandino e lanciò un’occhiata all’orologio. L’indicatore della data segnava il 26 agosto. Che stupido! Come aveva potuto lasciarsi sfuggire un particolare così importante? Si maledì e ancora si maledì. Qual’era la data del prossimo Consiglio degli Amici della Briscola? Il 25 agosto. E che cosa gli aveva detto suo padre? Che non avrebbe potuto ricevere la sua visita lunedì. E che giorno era lunedì? Sempre il 25 agosto. Si precipitò verso l’abitazione del genitore. Suonò il campanello. I pochi secondi di attesa gli sembrarono un’eternità. Quando il padre aprì, la tensione si sciolse.
“Salvo, per l’amor di Dio! Che cosa ti succede? Sei sconvolto… Entra, siediti sul divano”.
Non se lo fece ripetere. Si abbandonò all’abbraccio della stoffa fiorata, mentre il padre gli misurava la pressione e gli auscultava il battito cardiaco.
“Sei solo ansioso, figliolo. Qualcosa ti preoccupa?”.
“No, papà, tutto bene. Ho solo corso un po’”.
“Per venire da me? Dai, lo sai che non vado da nessuna parte, soprattutto se aspetto visite. Anzi, ti preparo un bel bicchiere di Lambrusco fresco, così ti rimetti in sesto”.
Mentre il padre era in cucina a preparare il vino, Salvo scrutò l’abitazione del genitore per cogliere un qualsiasi indizio che potesse ricollegarsi all’attività degli Amici della Briscola.
“A proposito, come è andata ieri sera?” gli chiese a bruciapelo.
“Ieri sera?”.
“Sì, con quel tuo amico”.
“Ah, sì… che sciocco. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere, bevuto un bicchiere e, a mezzanotte, ero già a letto”.
“Chi è? Lo conosco?”.
“No, direi proprio di no. Si chiama Umberto, Umberto Bianchini”.
Salvo si sentì raggelare.
Sergio gli allungò una salviettina inumidita.
“Figliolo, tu non stai bene, perché non vai a casa e ti metti a letto?”.
“Forse hai ragione, papà. Tornerò a trovarti presto. Senti, quand’è che ti ritrovi con gli amici per la tua briscola? Così non ti disturbo…”
“Fammi un po’ pensare… il prossimo 5 settembre. Spero, comunque, di vederti prima, figlio mio…”.
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La sera stabilita per la partita Salvatore Basilio chiese in prestito l’auto ad un collega e si appostò sotto la casa del genitore. Alle dieci di sera, una Renault Clio di colore scuro si fermò davanti al cancello e suonò due colpi di clacson. Dopo una manciata di minuti, vide suo padre scendere. Era decisamente lui ma, nello stesso tempo, era anche un’altra persona. Vestito con un elegante completo grigio, camminava eretto e con passo svelto. Sul viso aveva un’espressione quasi regale. Salì su sull’auto e partì. Salvatore attese qualche minuto, poi si lanciò all’inseguimento. La Clio attraversò la città e si immise sulla via Canaletto, passò le frazioni di Bastiglia e Sorbara e proseguì alla volta di San Prospero. Poi, abbandonò la strada principale e si immise lungo una via sterrata, fermandosi nei pressi di un vecchio casolare. L’ispettore Basilio parcheggiò dietro ad una pila di balle di fieno, si assicurò che la Beretta fosse salda al suo fianco e scattò silenzioso, appostandosi in prossimità del casale. Nell’arco di un quarto d’ora, arrivarono altre auto; in tutto, c’era una decina di persone. Da una vecchia jeep scese un uomo che, con un cenno, chiese l’aiuto degli altri per trasbordare una carrozzina, con seduto un anziano semiparalizzato. Quando tutti furono entrati, Salvatore raggiunse una della finestre più basse, lasciata socchiusa. All’interno, vide un salone illuminato con, al centro, una grande tavola rotonda, sulla quale c’era un mazzo di carte.
Suo padre stava facendo gli onori di casa. Accanto a lui, c’era un uomo piccolo e magro. Quando tutti si furono accomodati, Sergio Basilio cominciò a parlare.
“Cari amici, come ogni mese, siamo qui riuniti per la nostra consueta partita. Questa sera, un nuovo giocatore si aggiunge a noi. Si tratta di Alfonso Bianchini”.
Il Dottor Basilio si voltò verso l’uomo sulla carrozzina e sorrise al nuovo arrivato.
“È accompagnato da suo fratello Umberto che, questa sera, assumerà il ruolo di Angelo Custode. Il Notaio, qui accanto a me, ha già raccolto le ultime volontà di Alfonso, che ha sottoscritto il contratto, consegnato il testamento e la lettera di addio, nel caso la sorte scegliesse proprio lui. Ora, lasciamo al destino la scelta del Sommelier e dell’altro Angelo”. L’uomo con la valigetta appoggiò sul tavolo una scatola di plastica, contenente alcuni foglietti di carta ripiegati. Ne estrasse uno e lesse ad alta voce il nome del predestinato: “Graziano”. L’uomo, che Salvatore aveva già visto al funerale di Aldo Gibellini, sospirò ed abbandonò il tavolo. Poi, il Notaio estrasse un altro biglietto.
“Ed ora, il Sommelier… che sarà… il nostro Farmacista!”.
Salvo vide il padre sorridere. Non ci poteva credere, era proprio lui!
I giocatori presero posto attorno al tavolo, mentre Sergio Basilio uscì dalla stanza. L’uomo che Salvo riconobbe come Luciano Zanasi mescolò le carte ed iniziò a distribuirle ai giocatori. Dopo qualche minuto, il padre rientrò spingendo un carrello, sul quale si trovava un vassoio con una decina di bicchieri colmi di un liquido carminio e spumeggiante. Salvo sorrise tra sé. Forse, aveva fantasticato troppo. Il Notaio pose il vassoio al centro del tavolo. Poi, suo padre parlò:
“Signori, prima di brindare, vorrei rammentarvi le regole del gioco. Come voi tutti sapete, questa sera, uno di noi non tornerà a casa. Nel caso si trattasse del Notaio, sarò io a subentrargli nella tenuta della documentazione che mi avete affidato: il contratto con la vostra firma, il vostro testamento, le copie delle vostre cartelle cliniche e la lettera di addio”.
“Ed ora” continuò il Notaio “qualche indicazione pratica. Ognuno di noi, tranne gli Angeli Custodi e il Sommelier, che conosce dove si trova il veleno, prenderà un bicchiere. Tutti contengono lambrusco, tranne uno, al quale è stata aggiunto del cianuro. La concentrazione è tale da portare alla morte in pochi minuti. Quando tutto sarà compiuto, gli Angeli Custodi riporteranno la salma nell’abitazione del defunto. Dovranno indossare guanti da chirurgo ed un sacchetto di plastica sopra alle scarpe, per non lasciare impronte. Infine, torneranno nelle proprie case. E adesso, signori miei, non ci resta che brindare alla nostra salute”.
*****
L’ispettore Basilio irruppe nella sala, brandendo la sua Beretta. Qualcuno urlò, qualcun altro lasciò cadere il bicchiere, che già teneva in mano.
“Salvo… che cosa ci fai qui?” esclamò, sorpreso, il dottor Basilio.
“Papà, che cosa sta succedendo? Voglio una spiegazione!”.
Sergio si avvicinò piano al figlio.
“Salvo, le persone che vedi qui, sono tutte condannate da terribili malattie. La medicina può proporre loro dei palliativi, ma vivranno solo pochi mesi in più, sperimentando la sofferenza e la paura per la certezza del sopraggiungere della fine. Tra loro c’è chi si perderà, come Ugo, che ha il morbo di Alzheimer ed ha scelto di andarsene prima che la sua mente non riconosca nemmeno i suoi figli. Alfonso, su quella carrozzella, è malato di Sla e vuole agire prima di ritrovarsi imprigionato nel suo corpo. Graziano ha l’Aids conclamato, il Notaio ha un cancro al fegato con metastasi diffuse e io, Salvo… ho la leucemia...”.
A quella rivelazione, Salvatore Basilio fu scosso da un brivido.
“No, papà, non è vero! Ci deve essere una cura. Sei un medico, devi trovarla!”.
“Proprio perché sono un medico, so di non avere speranza. Ma tu mi conosci, non potrei mai vedermi immobile in un letto d’ospedale. Per questo, ho scelto di andarmene con dignità”.
Gli altri, attorno al tavolo, annuirono alla parole del Dottor Basilio.
“Lasciaci liberi di scegliere!” intervenne Graziano “Nessuno è stato costretto, come non lo sono stati Aldo Gibellini e gli altri cinque. La morte fa sempre paura, ma se sai che è inevitabile, scegliere come affrontarla diventa un po’ meno difficile”.
“Basta!” urlò Salvatore “uscite tutti da questa stanza!”
Poi, estrasse un paio di manette e ne fece scattare una al polso del padre, legandolo a sé con l’altra.
“Papà, sono un poliziotto e sono tuo figlio, non posso lasciarti andare così…”.
Successe tutto in un attimo. Sergio Basilio scattò verso il tavolo ed afferrò il bicchiere, nel quale lui stesso, poco prima, aveva versato il veleno, e lo trangugiò tutto d’un fiato.
“Signori, – disse – “... alla vostra salute!”.
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Quando Salvatore Basilio vide la bara del padre scomparire dietro ad un muro di mattoni, realizzò che era finita per sempre. Non ci sarebbero state più serate trascorse a giocare a carte sul terrazzo, accompagnate dal dolce ed inebriante sapore del lambrusco fresco. Quel giorno, strinse tante mani ed abbracciò tante persone. E a tutti disse la stessa cosa: suo padre, ora, era felice. Nella partita contro la morte, gli era capitato l’asso di briscola, ed aveva saputo scegliere il momento in cui giocarlo. Non sapeva se quegli incontri, senza il Farmacista, sarebbero continuati oppure no. Probabilmente, il mese successivo, il fato avrebbe scelto un altro degli Amici della Briscola. E la morte avrebbe avuto, ancora una volta, il sapore di un bicchiere di lambrusco, dolce ed amaro allo stesso tempo, così come lo è la vita.