RACCONTI... NON INFETTI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS di Michele Libutti
Per descrivere questo tempo del Coronavirus l’autore si affida a ventidue storie di cui è stato quasi sempre spettatore. Il compito che si è prefisso, però, non è stato facile, tenendo conto della sua duplice veste di medico e di cittadino: il medico deve attenersi scrupolosamente al sapere acquisito in tanti anni di studio e di lavoro sul campo e comportarsi di conseguenza; il cittadino, invece, spesso si lascia guidare dalle emozioni e dalle privazioni che sembrano vere e proprie ingiustizie. Il primo deve, dunque, accettare le limitazioni poste da chi ci governa di concerto con gli scienziati, mentre, i cittadini comuni sono spesso allibiti di fronte a certe scelte e più o meno apertamente le contestano. Ed è qui che prevale l’anima “cittadina” dello scrittore, pronto a dare tutta la sua solidarietà a quelli che soffrono per alcuni provvedimenti “astrusi”: i colori delle varie regioni, i vari lasciapassare, il timore inconscio della presenza massiccia delle forze dell’ordine e il tono inquisitorio dei controlli che si avvertono essenzialmente come una limitazione della libertà individuale. Per non parlare degli interrogativi sui vaccini! Tra i vari racconti, ce ne sono alcuni che toccano profondamente l’animo umano e quindi sono al di sopra di ogni polemica o accettazione completa della realtà. C’è chi si innamora senza conoscere chi è dall’altro capo del telefono e chi deve spiegare a chi non può capire, come anche un semplice aperitivo, possa dare dei problemi. C’è chi pensa ai tanti deceduti abbandonati al loro destino senza alcun conforto e per i quali sembra troppo poco un semplice manifesto di condoglianze e c’è anche chi, oltre a dovere fronteggiare il terribile virus, deve fare i conti con l’arrivo inaspettato di un figlio. Ma alla fine l’autore, sembra mettere da parte il suo pessimismo, e riesce a invitare tutti a riporre fiducia nella “speranza” (ogni riferimento è puramente casuale!) e in un futuro di sole.