Il baccalà è uno dei piatti tradizionali della cucina italiana e, soprattutto, di quella veneta. Gustoso, diverso, popolare e raffinato insieme. Ogni regione ha la sua ricetta tipica, lo cucina alla sua maniera: bianco o rosso, alla veneziana o alla vicentina, alla genovese o alla messinese, alla maniera dei frati o delle monache. Ma come è arrivato in Italia e come arriva oggi? Quali sono i segreti e le ricette da un capo all’altro della penisola? Il libro vi offre le risposte che cercate. Viaggia dalla laguna alle isole Lofoten, al Circolo Polare Artico. Lassù gli stoccafissi vengono appesi al vento e alla neve. Seguendo il merluzzo che diventa baccalà fino alle nostre tavole. Storia, ricettari, documenti e realtà. Dagli ultimi battitori all’ultimo mulino, un viaggio avventuroso, curioso, ma soprattutto saporito.
Con illustrazioni e ricette
Primo capitoloNTRODUZIONE
I TAGLIAPIETRA DA BURANO
di Edoardo Pittalis
Questa è la storia dei Tagliapietra da Burano e di un regno, quello del Baccalà. È la storia di una famiglia, di un’azienda che compie 60 anni, di un pesce venuto da lontano e diventato specialità della cucina italiana e in particolare di quella veneta. Di una città, anzi di due città, così diverse ma tanto incredibilmente complementari da diventare come una moneta che si può spendere solo se entrambe le facce sono buone. Una famiglia di ortolani che dopo la Grande Guerra si china di fatica sugli orti tra Burano, Mazzorbo e Sant’Erasmo, lavoro in mezzadria sulle terre e le valli di un conte. Angelo, il patriarca, è il primo di nove figli, troppi per vivere solo di quello che danno gli orti, sulle isole della Laguna sanno tutti che il futuro apre due porte: quella di una fornace a Murano o quella della pesca. Ma Angelo ha un fisico che non sopporta ore di barca con qualsiasi tempo, riprende in fretta gli studi conseguendo il brevetto di motorista di aerei militari. Gli serve per cavarsela nella nuova guerra, l’aeroporto del Lido, che allora si chiamava “Littoria”– come tante altre cose in Italia, dalle città ai treni e alle armi – ha bisogno di meccanici che ripuliscano i motori degli aerei italiani e tedeschi che arrivano pieni di sabbia del deserto africano. Angelo pulisce e mette in moto e il lavoro gli evita il fronte. Il dopoguerra è fatto di scioperi e disoccupazione, la zona industriale di Porto Marghera incomincia a cambiare il volto del centro storico e della terraferma, ma per quelli come Angelo non c’è lavoro. Così si riscopre pescatore, o meglio, scrivano del mercato del pesce di Rialto: qui si vende il pescato locale, quasi niente arriva da fuori. Tagliapietra fa strada e conquista un posteggio nel nuovo mercato all’ingrosso del Tronchetto. È l’alba degli Anni Sessanta, il miracolo economico che molti chiamano “boom” perché le parole inglesi fanno sembrare le cose più grandi e più importanti. Porto Marghera diventa in breve una delle più grandi concentrazioni industriali e operaie d’Europa: 30 mila occupati già nel 1961, diventeranno 70 mila dieci anni dopo. Sul "polo" di Marghera verranno concentratemle risorse finanziarie e umane di una regione che ha ancora squilibri enormi tra economia e società, ma che si avvia in un decennio a diventare la terza forza industriale nazionale e può contare su imprese aperte al mercato estero. Una crescita che spopola Venezia a favore di Mestre. L’Italia per la prima volta marcia a ritmo sostenuto. Nessun paese al mondo può vantare un tale tasso di sviluppo in così poco tempo, nell’esportazioni è seconda solo alla Germania. Si inaugurano autostrade, si vendono utilitarie, frigoriferi, televisori. Certo un benessere che si compra a rate, firmando cambiali, ma pur sempre qualcosa che assomiglia al benessere. Angelo Tagliapietra conserva il suo posteggio per quasi mezzo secolo, anche quando l’azienda si trasferirà in via Torino a Mestre, all’alba degli Anni ’80: sono i primi ad arrivare nella laterale, una strada non ancora asfaltata. In fondo alla via principale c’è da una parte il mercato ortofrutticolo all’ingrosso e dall’altra la sede del giornale “Il Gazzettino” da poco trasferitosi da Venezia. Ma è da queste parti il futuro, Venezia non ha più spazi, il Tronchetto non ha nuovi posteggi. “Abbiamo incominciato con un magazzino frigorifero, un deposito e la lavorazione del pesce”, racconta Ermanno Tagliapietra. Ed è l’inizio dell’era del baccalà: “Abbiamo incominciato in un momento in cui i negozi tradizionali chiudevano sotto la spinta della grande distribuzione. Il nostro era un prodotto di alternativa al pesce fresco: sono partito servendo le pescherie che supplivano alla mancanza dei negozi che chiudevano”. Angelo ha avuto tre figli: Ermanno, Paolo e Anna, disabile grave e per lei il padre ha fondato un’associazione di genitori e familiari del Gris di Mogliano del quale è stato a lungo presidente. Era un periodo nel quale l’istituto attraversava grosse difficoltà finanziarie con ricaduta sui servizi e sugli ospiti. L’infanzia dei Tagliapietra è fatta di estati tra gli orti di Burano e, dietro un muro di mattoni rossi, per i bambini c’è quello che chiamano “l’orto delle meraviglie” fitto di alberi di giuggiole e di melograni. Il rumore degli zoccoli dei pescatori per le calli li sveglia presto la mattina. Oggi è tutto finito, gli orti sono stati cancellati dalla speculazione. Col baccalà incomincia l’era di Ermanno. Il mercato del Tronchetto non chiudeva mai, nemmeno la domenica, giusto per Pasqua e per Natale si fermava. Quando Ermanno ha 15 anni il padre lo vuole accanto nel lavoro, deve lasciare gli studi, correre al Tronchetto proprio quando sta arrivando il Capodanno, tanto freddo che la temperatura di notte è sempre sotto lo zero e il ragazzo deve compilare i fogli di vendita con le dita ghiacciate. “A 15 anni iniziai il lavoro, un ambiente difficile, diverso da quello della scuola. Il problema era che gli orari mi impedivano di vivere come un ragazzo normale, la sera dovevo dormire, non avevo ferie, non mi potevo ammalare. Non ho nemmeno fatto il militare, non ho vissuto bene la mia giovinezza, l’ho fatta di sacrificio. Per questo ho desiderato che i miei figli non venissero al mercato e quando ho capito che volevano entrare nell’azienda di famiglia non volevo che sacrificassero la loro vita come avevo fatto io”. Oggi l’azienda dei Tagliapietra ha al vertice Ermanno e accanto tutti i figli in ruoli definiti. Ermanno punta su mercati nuovi, intuisce che il baccalà non è più soltanto il pesce del passato, ma ha un futuro ancora tutto da scoprire, nonostante sia un prodotto difficile da affrontare. Si muove inizialmente sui mercati storici, come quello di Genova, poi decide di partire direttamente per la Norvegia, nelle isole Lofoten che sono la culla del baccalà e del mercato mondiale. Va a comprare al Polo Nord mezzo milione di chili ogni anno, diventando in breve il re del mercato italiano. Fa di più: brevetta con i figli un sistema che consente di tenere il prodotto a bagno in frigorifero, poi uno per la pastorizzazione; infine, s’inventa la linea dello stocco facile che offre alla gente il piacere di cucinarlo in casa. La pastorizzazione abbatte i tempi di cottura, in dieci minuti si può fare il mantecato, in un’ora alla vicentina. Il top è quello di mangiarlo lesso, bollito, “conso”, coi caissoni, pezzettoni grandi, con un filo d’olio, pepe e sale. Sbattendolo poi leggermente nella pentola dove si è cotto.