Turbolenze, la silloge poetica di Antonio Fasulo, con la prefazione di Roberta Placida, è un testo coraggioso, sfrontato e schietto. Antonio Fasulo racchiude in questa sua raccolta i momenti più cupi, sentimenti di rabbia e sgomento – come lui stesso afferma nell’introduzione – e soprattutto la vergogna di appartenere al genere umano. La sua non è una poesia di massa, non cerca il romanticismo spesso accostato a odi e sonetti, lui va oltre sfidando noi lettori a compenetrarci nella sua anima inquieta.
Primo capitoloIrto sui miei arti
dentro un po’ contorto
dritto lo sguardo fisso
dal pensiero avvolto.
La mente lucida ma assente
intorno l’aria è stagna e
sempre un po’ pesante.
Leggerezza dei miei anni andati
i miei occhi tristi ora sembran bendati
il nulla vedono, eppure aperti,
sofferti da questi giorni amari.
Passano in fretta ma lentamente,
le ore conto nel corto tempo
che mi separa, forse dal nulla
rinchiuso solo nella mia vita.
Il vuoto è enorme, per questo pesa,
la tua assenza, non ha un motivo
la mente lotta ma non s’è arresa.
Chiuso in questa stanza
la mia speranza resta appesa,
ma il filo è sottile
come l’attesa, che è frenetica
ma comunque immobile
e ciò non sembra vano.
Ed anche se contorto,
resto irto sui miei arti.