Antifascisti attivi nella Resistenza e antifascisti nell’animo, fascisti incalliti o dubbiosi, i personaggi interagiscono con figure storiche reali, tenendo insieme l’eccezionalità di quel tempo e la normalità del quotidiano: la scuola, la difficoltà di trovare da mangiare, i primi amori e le inquietudini che troveranno una risposta solo decine di anni dopo.
Romanzo corale ambientato a Roma in cui si susseguono le vicende di quattro famiglie che abitano in zone diverse della città. Il collante dell’intreccio narrativo sarà l’incontro con Stojil, un giovane slavo che, fuggito dal campo di concentramento di Alatri, arriva in città nei momenti convulsi successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943.
“L’autrice, che già aveva dato prova […] di sapere coniugare la scrupolosa ricostruzione degli eventi storici con la leggerezza della creazione narrativa, ci regala un affresco di Roma nel periodo cruciale e doloroso che va dall’estate del 1943 al mese di giugno del 1944. […] Lascio quindi che il lettore venga preso per mano dal primo personaggio, la cui voce originale – l’unica in prima persona – lega tutte le altre storie.” (Nina Quarenghi)
Anna Balzarro è nata a Roma nel 1966. Insegna lingua e cultura italiana presso The American University of Rome ed è direttrice dell’IRSIFAR (Istituto Romano per la Storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza). Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Storia Contemporanea presso l’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e l’Università degli Studi di Cagliari, pubblicando le due tesi: Le Vercors et la zone libre de l’Alto tortonese. Récits, mémoire et histoire (L’Harmattan 2002) e La storia bambina. “La Piccola italiana” e la lettura di genere nel fascismo (Biblink 2007). Lo studio della storia le è di ispirazione anche per la scrittura narrativa e L’anno della maturità (Sinnos 2014) è stato il suo primo romanzo.
[...] La capacità di mettere insieme pubblico e privato, storie personali e vicende storiche, contribuiscono al fascino di questo racconto, pieno di pathos ma al contempo ricco di un’umanità colta soprattutto nei momenti della quotidianità, delle difficoltà incredibili che i cittadini romani dovettero affrontare in quei mesi che videro la caduta del fascismo, la speranza della fine della guerra, i nove mesi di occupazione dell’esercito nazista invasore, la presenza disperata dei fascisti che non esitarono a colludere con i tedeschi spiando, denunciando, arrestando. Sono tanti i personaggi che affollano il racconto, provenienti dai diversi quartieri della città: Centocelle, il Quadraro, ma anche Piazzale delle Province, via Poerio a Monteverde, i Prati nei pressi del Vaticano, via Monti Parioli. Molto spazio nel racconto viene dato ai bambini e agli adolescenti, costretti a crescere troppo rapidamente [...].
Le date significative e gli eventi della grande Storia si mescolano con episodi piccoli, con le difficoltà nel reperire il cibo, con la necessità di accogliere amici dividendo con loro il poco necessario, che l’abilità narrativa di Anna Balzarro ci rendono vicini, familiari, quasi fossimo anche noi testimoni di quelle tragedie, simili a quelle che ci siamo tramandati nei racconti delle nostre famiglie: il bombardamento di San Lorenzo, l’attentato di via Rasella con le conseguenze orribili della rappresaglia, la deportazione degli uomini al Quadraro, la fame perenne, la paura dei tedeschi, la pericolosità degli spostamenti, la lontananza e la mancanza di notizie di chi era riuscito a raggiungere i partigiani dopo lo sbarco di Anzio, che illuse troppo a lungo i romani che la liberazione da parte degli Alleati fosse imminente. Una radio messa a posto abilmente da Nino, un ragazzino intraprendente, il coraggio di Franca, che dopo il bombardamento vede i suoi capelli di ragazza imbiancarsi [...].
Il corredo di fotografie originali che nel romanzo costituiscono un prezioso apparato iconografico fa pensare alle immagini che stanno nei cassetti di tutte le case di noi romani. Ringrazio Anna per alcuni spunti del libro in cui ho risentito la voce di mia madre: anche lei era sulla circolare diretta all’università il 19 luglio del ’43 e si salvò per caso; anche lei ascoltava di nascosto la radio, anche lei ebbe quasi pena guardando dalla finestra di viale Mazzini le colonne di soldati tedeschi, sporchi e laceri che lasciavano Roma. In questo libro colto, pieno di informazioni storiche verificate dalla studiosa, si respira tuttavia un’aria di normalità, quella che le famiglie dovettero in qualche modo mettere in atto per sopravvivere. Un episodio che fa pensare è quello della professoressa che invita le sue alunne per una merenda: Marisa e Armida, con l’aiuto della tata Giuseppina, sono riuscite a mettere insieme gli ingredienti per una profumata torta di mele, sognata come un regalo, e invece… La guerra è stata anche una delusione che i giovani hanno dovuto sopportare da adulti impauriti e disperati, e questa è una delle più importanti lezioni che questo libro denso, pieno di valori e sentimenti condivisi, ci lascia.