ROMANZO FINALISTA CONCORSO R COME ROMANCE 2019
Agata, Matteo, Franz, Gabri: quattro anime che intrecciano i loro destini al ritmo di una playlist che viaggia sulla storia della musica.
Voci forti di personaggi complessi, ironici ed appassionati. Un romanzo a quattro mani che ci porta nell'universo dei punti di vista maschile e femminile e ci fa capire che nulla è mai scontato quando si tratta di sentimenti.
1 – IO
Agata
Sono sempre alla ricerca di qualcosa: il tramonto perfetto, le scarpe col tacco più sensuale, un uomo che faccia l’amore con la mia mente, il profumo del caffè la mattina e di legna bruciata la sera.
Oggi sono alla ricerca dello stimolo per uscire dal caldo bozzolo del piumone.
La luce che entra dalla finestra mi urla che fuori fa freddo.
Vado sul terrazzo e chiudo gli occhi per essere dove non sono.
Respiro la nebbia, assaporo il mare, gusto la pelle.
Non sono alta ma lo sembro, i miei occhi fanno un’istantanea di tutte le cose nuove, il mio cervello cataloga tutte le informazioni e le recupera al momento giusto. Quasi sempre. Tranne quando, annebbiata dal piacere, ecco, allora il mio corpo si lascia andare e, per un piccolo intenso attimo, stacco i pensieri e lascio vincere le emozioni.
Occhi verdi con riflessi grigi, gambe che mi piace mettere in mostra, sfacciata come arma di difesa, ventinovenne da almeno un decennio.
Quando dico che lavoro faccio, molte persone non ci credono o non capiscono. Pensano sia un giocattolo. La mia famiglia ha alcune tenute sparse nelle migliori zone vinicole italiane. Io indosso la mia bella faccia sbarazzina e vendo ogni singola bottiglia che viene prodotta e amata nelle nostre cantine.
Le bottiglie che non vendo, per scelta, le custodisco in un caveau a casa mia. Qualcuna di quelle bottiglie viene aperta, ma solo per persone per cui ne valga veramente la pena.
Schivo l’ignoranza, odio le menzogne, mi piace toccare ed essere toccata da mani forti.
Il mio colore preferito è quello degli occhi del mio uomo nel momento appena dopo l’orgasmo.
Questa sono io!
2 – IO
Matteo
Cazzo la sveglia… arrivo a tentoni a silenziarla… altri 5 minuti
Cazzo… di nuovo. La maledico… la spengo.
Facciamo la conta: pare che anche oggi ci sia tutto. È sorprendente ogni mattina ritrovarsi interi. Sono 52 anni che la conta riesce completa. Tiro i muscoli della schiena, guardo il soffitto. È il momento di rimettere in fila le cose prima di iniziare la giornata: 52 anni in fascia alta… non al vertice… ma in fascia alta. Tutto sommato non è male stare appena sotto la zona Champions senza l’ansia della retrocessione. Il lavoro va bene… è lontana nel tempo la sensazione di avercela fatta dopo essere stato nominato dirigente. Ora che lo sono da quindici anni. Ma solidamente sono lì. Non aspiro al lavoro del mio capo, non sono ricco ma guadagno abbastanza per non avere grandi grattacapi. Mi tolgo qualche sfizio: ho una macchina tedesca pagata dall’azienda, gioco a golf con un “Senza-Infamia-Senza-Lode” 15 di handicap.
Scopo con una certa regolarità. Qualche storia… senza grande impegno. Più che altro conoscenze accumulate durante gli ultimi venti anni che ogni tanto ritornano nel radar. Spesso è più il piacere di cenare assieme che l’aspettativa del dopo cena. Con la sensazione che masturbarmi senza troppe menate sarebbe stato il modo migliore per chiudere la giornata.
Mi tiro su… doccia, regolo la barba.. andiamo a vivere questa giornata nella zona appena sotto la zona Champions.
Un’occhiata al telefono, nulla di che, ah no, cazzo! Mi ero dimenticato dell’appuntamento a cena con Marina. Mi ha detto che mi vuole portare in un posto… magari mi chiama per dire che non se ne fa nulla…
...qualche volta le botte di culo succedono.
3 – L’ARRIVO
Agata
La cena di stasera è un evento mondano molto importante per la mia azienda. Ogni piccolo dettaglio è stato soppesato con cura maniacale. Sul lavoro sono quella che ricostituisce l’ordine, quella che soggioga il caos.
L’ordine è il mio bozzolo caldo e protettivo, il mio piumone quando fuori fa freddo.
Ho scelto attentamente l’abito, le scarpe, l’acconciatura e il trucco. Mia madre al telefono stamattina ha pensato che come gioielli bastassero due pendenti d’argento, quindi non oso di certo disobbedire. La stessa meticolosità l’ho adoperata nello scegliere il mio accompagnatore.
Sono divorziata, un matrimonio lampo, un colpo di testa, una ribellione giovanile, e da allora ho sempre vissuto storie di sesso ma senza legami.
Sono sull’ingresso di casa, pronta da almeno mezz’ora ad aspettare Fabio, il direttore della filiale della banca con cui trattiamo la maggior parte degli affari. È un uomo piacente, sofisticato, elegante. Alto il giusto da permettermi quei tacchi vertiginosi che mi piace così tanto indossare.
L’abito da sera ha una generosa scollatura e uno spacco che, salendo in macchina, si aprirà oscenamente.
Fabio è anche bravo a letto: ci sa fare con le mani e con la lingua. Con lui riesco a venire solo così: con la lingua.
Dicevo che sono sull’ingresso di casa, guardo il piccolo Cartier che ho al polso, è in ritardo di qualche minuto. La pochette comincia a essere scomoda. Sbuffo. Odio aspettare. Se una cosa mi interessa la voglio subito e, se non è possibile, faccio in maniera che lo diventi.
Poi arriva, bello e trafelato, parlando al telefono e, al contempo, chiedendomi scusa. Riaggancia.
Mi bacia su una guancia, un bacio lieve per non rovinare il trucco.
«Pensavo di doverti venire a prendere in braccio per condurti al mio fido destriero» dice sorridendo da canaglia. Perché intanto che lo dice fissa le scarpe da ginnastica che indosso.
Poi guarda le scarpe che penzolano dalla mia mano e ride scuotendo la testa.
Faccio il broncio, a volte mi piace fare la parte della donna vanitosa e un po’ superficiale, aiuta soprattutto quegli uomini che si spaventerebbero nel vedere come sono veramente.
Saliamo in macchina, mi apre galantemente la portiera. Appena si mette alla giuda risale con la mano la mia gamba esposta dallo spacco.
«Dimmi che non indossi le mutandine» commenta roco.
“Per me è un incontro d’affari questa cena, certo che indosso le mutande!” penso ma non dico.
Chiudo gli occhi, mi godo il ronzio sommesso del motore, la musica in sottofondo e un dito che mi entra dentro.
Arriviamo a destinazione in poco meno di dieci minuti: non ho fatto in tempo a godere. Fabio è visibilmente eccitato. Io sono ancora asciutta. Apro la portiera, tolgo le sneakers e indosso le mie splendide scarpe con tacco 12, la mia armatura per affrontare la serata.