Al lettore che nella produzione speculativa di Anselmo si sofferma in modo particolare su De veritate, De libertate arbitrii, De casu diaboli e De concordia, la volontà si manifesta come un indiscutibile centro di interesse della riflessione anselmiana, tesa a determinare teoreticamente il valore e l’efficacia della iustitia, intesa come rectitudo voluntatis propter se servata, in ambito etico ed ontologico. La voluntas si presenta così quale protagonista del rapporto tra Dio e creatura, tra natura, storia ed eternità, perché è proprio mediante gli atti volontari che la creatura può inserirsi od opporsi attivamente al rectus ordo della creazione, che a sua volta costituisce come una forma di libera oggettivazione del farsi altro da sé, rimanendo se stessa, della summa rectitudo. Attraverso questo movimento la rectitudo e la recta voluntas divina si pongono e si mostrano come l’essenza della realtà.
Rivelando voluntas e rectitudo una valenza ad un tempo etica e metafisica, si potenzia il significato della volontà come responsabilità e come agente intrinsecamente libero che Anselmo le attribuisce. La voluntas, che vuole perché vuole, si sottrae al regno della necessità e si impone, in quanto artefice di libertà, come la protagonista aporetica della relazione tra la stabilità dell’ordine della realtà e la novità della storia, inchiodando Anselmo, amante della necessità razionale, alla celebrazione di una forza decisiva e ultimativa, che sembra sfuggire al pieno controllo della ratio.