«La vita, in se stessa, è una cerimonia, degna di essere celebrata in ognuno dei suoi singoli momenti e sarà la nostra attenzione amorevole a renderli tutti pienamente vivi. In questo modo l'apatia, la mancanza di gioia e il vuoto non avranno più spazio». Lui, Angaangaq, lo sciamano eschimese della tribù dei Kalaallit, è così che vede, intende e pratica la sua quotidianità, «che non è più un susseguirsi piatto e abitudinario di azioni il cui spirito è morto, ma che è gioia, bellezza e pace» spiega. Il suo impegno per l’ambiente e i diritti dei popoli indigeni lo ha portato in questi anni in oltre 60 paesi del mondo, dove pratica e divulga in special modo le sue conoscenze come guaritore.
E la grande forza terapeutica delle cerimonia della vita è il tema centrale del suo libro, La saggezza dello sciamano (Terra Nuova Edizioni), che accompagna il lettore attraverso ventuno cerimonie «per imparare a vivere ogni attimo ed esperienza con consapevolezza e forza interiore». La sua visione della vita ha qualcosa di unico, qualcosa che nella società moderna, dominata dalla fretta, dalla voracità e dal consumo smodato di tempo e materia, può risultare altamente (ri)educativo. Non a caso Angaangaq ricorda spesso le parole della madre: «Figlio», gli diceva, «devi sciogliere il ghiaccio nei cuori degli uomini, perché solo così l'uomo avrà la possibilità di cambiare e di usare la sua conoscenza con saggezza».
E ha portato sempre nel cuore questa missione. Lavora direttamente con le persone in seminari, cerchi, discorsi, convegni e congressi: «L’obiettivo è promuovere un cambiamento spirituale» spiega, «che è la cosa più importante oggi da fare di fronte allo stravolgimento del pianeta e del clima, di fronte alla violenza dilagante, alle guerre, alla fame, allo stress e alla depressione».