È un tempo scomodo, il nostro, aguzzo come i “cocci” di bottiglia cantati da Montale. Da questo spaesamento Antonio Rotondo si affranca interpretando gli sguardi altrui come una giungla psichedelica, all’interno della quale districarsi labirinticamente, facendo ardere legna per l’inverno dell’anima ormai alle porte. Non v’è certezza che questo possa essere un rimedio efficace, anzi… (dalla nota critica del Prof. Alessandro Lattarulo)